P.a., sì ai contratti di solidarietà 

Italiaoggi
14 Giugno 2024
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di LUIGI OLIVERI (14/06/2024)
La Cassazione lavoro ammette l’utilizzo dell’istituto anche nel lavoro pubblico
Se i conti in rosso rendono insostenibili le spese di personale
Contratto di solidarietà per le amministrazioni pubbliche, come rimedio a deficitarietà di bilancio tale da non poter sostenere le ordinarie spese di personale, ma solo nel rispetto delle indicazioni dell’articolo 33 del d.lgs 165/2001. La Cassazione sezione Lavoro con la sentenza 10 giugno 2024, n. 16036 ribadisce che anche nel lavoro pubblico si applica l’istituto del “contratto di solidarietà”, tracciando, però, le forti diversità rispetto al lavoro privato e le modalità da rispettare obbligatoriamente per attivarlo. Ai sensi dell’articolo 33, comma 1, del dlgs 165/2001, le p.a. in situazione di soprannumero o con eccedenze di personale, dovute a esigenze funzionali o alla situazione finanziaria sono tenute ad osservare le procedure di riduzione della spesa di personale previste dai commi successivi, dandone immediata comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica. Per avviare le procedure, occorre dare l’informativa ai sindacati e trascorsi 10 giorni adottare una o alcune in combinazioni tra le seguenti possibilità: a) collocare in pensione i dipendenti che abbiano raggiunto la massima anzianità contributiva; b) ricollocare in modo totale o parziale il personale in soprannumero o eccedenza nell’ambito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro oa contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni, previo accordo con le stesse. Ai sensi del comma 7, “trascorsi novanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 4 l’amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell’ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni nell’ambito regionale, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione secondo gli accordi di mobilità”. Dunque, l’utilizzo dei contratti di solidarietà ha lo scopo di scongiurare la messa in disponibilità del personale, che costituisce nella sostanza l’anticamera del licenziamento. Per la Cassazione, la previsione dell’articolo 33 del d.lgs 165/2001, laddove consente l’utilizzo dei contratti di solidarietà, non è solo programmatica: non occorre, cioè, un’ulteriore normazione attuativa. Si tratta di una disciplina auto applicativa. Dunque, come il datore privato, anche quello pubblico può decidere di modificare l’orario di lavoro dei dipendenti, così da ricondurre la spesa complessiva sotto controllo ed evitare di collocare i lavoratori in disponibilità a rischio licenziamento. A differenza del privato, però, l’attivazione di questa forma di contratti di solidarietà non permette al datore pubblico di accedere ai finanziamenti della cassa integrazione: pertanto, il part time “forzato” costituisce una perdita temporanea “secca” di reddito per i dipendenti coinvolti. Tuttavia, il potere di riduzione forzata del rapporto di lavoro non può essere lecitamente adottato dalla p.a. in via unilaterale. Presupposto necessario è l’accordo con i sindacati e cioè il contratto collettivo decentrato, che contenga l’indicazione della collocazione a part time di tutti o di parte dei dipendenti. Nè la p.a. può utilizzare l’atto unilaterale temporaneamente sostitutivo del mancato accordo contrattuale, previsto dall’articolo 40, comma 3-ter, del d.lgs 165/2001: Infatti, secondo la Cassazione, tale norma non si può estendere alle “materie non previste dalla contrattazione nazionale e disciplinate da altre specifiche disposizioni di legge, come accade nella fattispecie, nella quale il potere unilaterale del datore di lavoro finalizzato all’eliminazione dell’eccedenza di personale deve essere esercitato nel rispetto dell’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001”, che presuppone, invece, il “contratto” di solidarietà, che evoca “l’istituto introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 1 del d.l. n. 726/1984, convertito dalla legge n. 863/1984”, e quindi il necessario accordo con le organizzazioni sindacali. Per la Cassazione, dunque, a condizione che la p.a. abbia correttamente individuato quale personale sia da considerare in esubero, la riduzione dell’orario di lavoro come forma di contratto di solidarietà “speciale” è possibile, purché “intervenga nell’ambito della procedura disciplinata dall’art. 33 e sia frutto di contrattazione a livello di ente, contrattazione che ha efficacia generalizzata, a prescindere dall’adesione o meno del dipendente alle organizzazioni stipulanti, e prevale sulla contrattazione individuale di diverso tenore.
* In collaborazione con Mimesi s.r.l. – Articolo integrale pubblicato su Italiaoggi del 14 giugno 2024

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