di Francesco Cerisano
Il lavoro della commissione ha prodotto un’agenda in nove punti pronta per essere tradotta in una legge delega da portare al parlamento nell’arco di 60-90 giorni. In modo che la nuova Carta delle autonomie possa vedere la luce con decreto legislativo entro 12-15 mesi e comunque entro l’orizzonte temporale della legislatura in corso. Le norme più urgenti (quelle sulla governance e sul sistema elettorale delle province) potrebbero essere anticipate con decreto legge. Vediamo quali saranno i pilastri del nuovo Tuel. Funzioni fondamentali Il primo punto dell’opera di revisione del Tuel riguarderà le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane. Per quanto riguarda i comuni, si punta a differenziare le funzioni a seconda della popolazione, evitando di addossare sui piccoli comuni compiti che non possono svolgere, quantomeno singolarmente. Le funzioni delle province andranno riviste rispetto a quelle attuali perché ormai non ha più senso mantenere l’articolazione della legge Delrio, funzionale al progetto di riforma costituzionale Renzi-Boschi bocciato dal referendum del 2016.
Le nuove province, scampate all’eliminazione e più vive e vegete che mai, dovranno quindi occuparsi di pianifi cazione territoriale, sviluppo sostenibile, coordinamento dei servizi pubblici di area vasta, ambiente, scarichi di acque, immissioni, tutte funzioni ora divise tra vari livelli di governo. Le province, in pratica, dovranno svolgere il ruolo di ente intermedio tra comune e regione e di freno a un’eccessiva espansione del centralismo dei governatori, spesso tentati dall’assunzione di poteri amministrativi che dovrebbero essere loro estranei. Alle città metropolitane spetterebbe invece il ruolo di pianifi cazione strategica e territoriale e di coordinamento delle infrastrutture strategiche dell’area metropolitana. Autonomia statutaria e regolamentare Il nuovo Tuel dovrà recepire i principi di autonomia e equiordinazione tra livelli di governo propri della riforma del Titolo V del 2001, riaffermando l’autonomia normativa statutaria e regolamentare degli enti. Organi di governo e sistemi elettorali Il tema è particolarmente sentito nelle province che hanno bisogno di una governance più funzionale ma anche di autonomia fi nanziaria e funzioni certe.
La chiave è superare la gestione monocratica. Oggi il presidente di provincia amministra l’ente quasi da solo. La commissione Pajno è giunta alla conclusione che bisogna superare la «solitudine del presidente» e in quest’ottica ripristinare le giunte provinciali potrebbe essere la soluzione. Anche il sistema elettorale delle province dovrà essere rivisto, visto che il voto ponderato spesso ha prodotto consigli non rappresentativi del territorio e delle istanze soprattutto dei piccoli comuni. E anche l’idea di un presidente in carica per quattro anni a fronte di consigli provinciali in carica per due anni non ha funzionato. Il ritorno all’elezione diretta del presidente, invece, per il momento viene considerato un tema non prioritario. Status giuridico degli amministratori Il caso Appendino (si veda ItaliaOggi del 2/2/2021) ha rilanciato la necessità di rivedere le norme del Tuel sullo status giuridico degli amministratori. L’equivoco nasce dall’art. 107 Tuel, quello che, definendo i compiti dei dirigenti, al primo comma parla anche dei poteri degli organi di governo degli enti attribuendo loro funzioni di indirizzo e di «controllo politico-amministrativo». E’ proprio quel riferimento al controllo «amministrativo» dei sindaci che risulta in contraddizione con il resto della norma la quale prosegue affermando come compito essenziale dei dirigenti «la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica». È qui che si crea uno scollamento tra responsabilità tipiche dirigenziali e responsabilità dei sindaci, eccessivamente dilatate dalla previsione dell’art. 50 del Tuel secondo cui i sindaci sono «gli organi responsabili dell’amministrazione».
Una norma, quest’ultima, retaggio della vecchia legge 142/1990 che mal si concilia con il Tuel ispirato alle leggi Bassanini e alla separazione tra amministrazione e politica. Ecco che riscrivere le norme «incriminate» del Testo unico servirebbe a defi nire con chiarezza i confi ni tra responsabilità amministrativa-gestionale (in capo per defi nizione ai dirigenti) e quella politica (in capo ai sindaci). In modo da evitare che i primi cittadini diventino sempre i capri espiatori di un ordinamento locale che non distingue chiaramente cosa è gestione da cosa è indirizzo politico. Organizzazione degli uffici, dirigenza e segretari Punti cardine della riforma saranno l’obbligo di formazione e di rotazione dei dirigenti locali per i quali si torna a parlare di un albo sulla falsariga di quello dei segretari comunali. Servizi pubblici locali Il nuovo Tuel dovrà ricondurre nell’alveo delle funzioni proprie della province la gestione dei servizi a rete a rilevanza economica che oggi sono sparsi in tanti Ato (dal gas, ai rifi uti, ai servizi idrici) Tributi L’attuale Testo unico non si occupa di tributi. Quello nuovo dovrà sancire l’autonomia fi nanziaria degli enti locali e il definitivo superamento della fi nanza derivata. Garanzie e semplificazioni sui controlli Il nuovo Tuel dovrà recepire le richieste di semplifi cazioni documentali che provengono soprattutto dai piccoli comuni. L’obiettivo è non gravare gli enti di un’inutile mole di documenti programmatori e di rendicontazione che risultano impossibili da compilare da parte delle amministrazioni più piccole. La programmazione dovrà quindi limitarsi al bilancio preventivo e a quello consuntivo.
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