di Giuseppe Debenedetto
Il documento Parte dal 2020 il nuovo sistema tariffario della Tari, ma i Comuni dovrebbero avere più tempo a disposizione per approvare i piani finanziari. Lo ha affermato ieri il presidente dell’Arera (Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente) in sede di audizione presso la Commissione Finanze della Camera in merito alla definizione del nuovo metodo tariffario del servizio integrato dei rifiuti. Si tratta di una riforma che preoccupa molto i Comuni, sia per la tempistica e sia per altre criticità che finirebbero per creare problemi di copertura finanziaria, peraltro evidenziati dall’Anci e dall’Anutel al termine del periodo di consultazione dei documenti nn. 351/2019 e 352/2019 dell’Arera (si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 18 settembre). Sulla tempistica è stato opportunamente evidenziato che l’avvio dal 2020 del nuovo sistema tariffario non è compatibile con l’adozione del complesso di atti propedeutici per il passaggio alla nuova metodologia. L’approvazione del bilancio entro fine anno presuppone che ci sia un piano finanziario già redatto al 15 novembre, termine oggettivamente impossibile da rispettare. Da qui la richiesta di una maggiore gradualità del percorso di approdo alla nuova metodologia tariffaria, individuando come data di partenza effettiva il 1° gennaio 2021, potendo considerare il 2020 come periodo transitorio e di monitoraggio. L’Arera sembra però intenzionata a non concedere alcun rinvio al 2021, pur ritenendo auspicabile un differimento del termine per l’adozione del piano finanziario e delle tariffe Tari, scollegandolo da quello previsto per il bilancio di previsione. Si potrebbe, ad esempio, introdurre una specifica disposizione che rinvia al 30 aprile di ciascun anno il termine previsto dal comma 652 della legge di stabilità 2014 (in questo senso si veda la proposta di legge AC 1356in materia di enti locali). Resterebbero comunque in piedi tutte le criticità evidenziate, tra cui l’esclusione dell’Iva tra i costi rilevanti ai fini tariffari e la questione dei crediti inesigibili. Attualmente la maggior parte dei Comuni applica la Tari tributo con i costi al lordo dell’Iva, per cui si determinerebbe un enorme problema di copertura a bilancio del costo relativo all’Iva. Inoltre l’inesigibilità per l’Arera si potrà accertare solo dopo aver esperito tutte le azioni giudiziarie per il recupero, cioè dopo diversi anni da quello di riferimento, anziché trascorsi infruttuosamente 6 mesi dalla notifica della cartella di pagamento o dell’ingiunzione (come previsto dalle linee guida ministeriali del 2013). Questioni, che insieme ad altre evidenziate, non sono state sinora risolte. Non solo. Dal documento consegnato in sede di audizioneemergerebbe un ulteriore elemento di criticità: gli oneri eventualmente non inseriti nei corrispettivi tariffari, ma non attinenti alle attività ricomprese nel perimetro, dovranno essere indicati separatamente negli avvisi di pagamento. Non si capisce allora se l’intento è quello di uniformare i criteri di imputazione dei costi oppure consentire ai comuni di “personalizzare” alcune scelte. Insomma stiamo entrando a gamba tesa nell’annualità Tari 2020 senza alcuna certezza sulle regole da applicare, in un contesto peraltro di rilevanti cambiamenti sul fronte della fiscalità locale (unificazione Imu-Tasi, riforma della riscossione, eccetera), con il rischio di paralizzare i bilanci 2020 e di creare confusione per comuni e contribuenti.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.
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