Dopo essere stato condannato per danno erariale il responsabile finanziario di un comune, avendo egli fruito di specifici mandati di pagamento a lui intestati e successivamente averli cancellati dal sistema contabile, la Procura erariale ha riattivato la procedura per danno all’immagine, subito dopo che il dipendente è stato condannato dal giudice penale in via definitiva. La Corte dei conti (sentenza n.272/2020) ha, tuttavia, evidenziato come, avendo il responsabile finanziario derubricato, in sede di patteggiamento, il reato in truffa aggravata non sia oggi possibile proporre l’azione di danno all’immagine, non essendo il reato accertato considerato a danno della P.A.
La vicenda
Il Sindaco di un Comune ha trasmesso una segnalazione alla Procura contabile con la quale si dava atto che il responsabile finanziario nel predisporre e firmare con firma digitale alcuni mandati di pagamento illegittimi aveva sottratto alle casse del Comune consistenti importi. I mandati di pagamento fraudolentemente sottoscritti erano, quindi, dal responsabile finanziario riscossi presso la Tesoreria, con modalità poste in essere in violazione della convenzione che legava l’ente territoriale alla banca. Il responsabile finanziario, quindi, provvedeva successivamente a cancellare dal sistema informatico ogni traccia dell’avvenuta manomissione. La questione ha, altresì interessato la Procura della Repubblica che ha attivato un procedimento penale a carico del responsabile finanziario. La Corte dei conti condannava, con sentenza divenuta definitiva, al danno erariale il responsabile finanziario, e in via sussidiaria il tesoriere, per le somme fraudolentemente sottratte. Successivamente, l’azione penale terminava con sentenza di patteggiamento con condanna penale definitiva. A fronte della condanna penale il Procuratore attivava nuova procedura per danno all’immagine dell’ente, per un importo quasi equivalente al danno erariale definitivamente comminato al responsabile finanziario.
A propria difesa il responsabile finanziario ha evidenziato come, dalla lettura della sentenza di patteggiamento si apprenda che, in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p., sia stata previamente concordato, con la pubblica accusa, la derubricazione dei reati contestati nei reati di truffa aggravata con ciò eliminando in radice i presupposti per poter addivenire ad una condanna per danno all’immagine nei confronti della pubblica amministrazione.
A dire della Procura, che ha confutato la tesi difensiva del convenuto, sussisterebbe pur sempre il danno all’immagine il cui presupposto trova fondamento nella stessa sentenza penale definitiva e ciò indipendentemente dalla natura del reato commesso.
La decisione del Collegio contabile
Secondo i giudici contabili, la Procura ha chiesto la quantificazione del danno all’immagine in virtù di una sentenza penale di condanna anche se per un reato diverso dal delitto commesso dal pubblico dipendente contro la pubblica amministrazione. Pur in presenza di sentenze dei giudici contabili che hanno condannato al danno all’immagine anche in presenza di un reato diverso da quelli commessi in danno della pubblica amministrazione, il Collegio contabile toscano ritiene di non poter aderire all’orientamento prospettato dalla Procura. Infatti, il d.l. 103/2009 ha previsto che “… le procure della Corte dei conti esercitano l’azione per il risarcimento del danno all’immagine nei soli casi e nei modi previsti dall’articolo 7 della legge 27 marzo 2001, n. 97”. In altri termini, il danno all’immagine avrebbe potuto essere esercitato dalla Procura solo in presenza di una sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei pubblici dipendenti per i delitti contro la pubblica amministrazione (previsti dal Capo I del Titolo II del Libro II del codice penale). Le stesse disposizioni del codice di giustizia amministrativa (d.lgs. 174/2016) ha richiamato implicitamente la necessitò dell’attivazione del danno all’immagine solo in presenza di una sentenza irrevocabile di condanna per un reato previsto dal capo I, titolo II, libro II del codice penale. In altri termini, l’art., 51 comma 7, decreto legislativo 174/2016 impone, di comunicare al Procuratore regionale competente unicamente le sentenze penali irrevocabili di condanna pronunciate nei confronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché degli organismi e degli enti da essi controllati, per i delitti commessi a danno delle stesse. In merito al delitto commesso “a danno” delle pubbliche amministrazioni, è stato precisato che il delitto “a danno” di qualcuno consiste nella effettiva compromissione del bene di volta in volta tutelato dalla norma. Pertanto, in armonia con quanto previsto nel nostro ordinamento, sono delitti commessi in danno dell’amministrazione pubblica, unicamente i delitti di cui al capo I, titolo II, libro II del codice penale, rubricato “Dei delitti contro la Pubblica amministrazione”.
In conclusione, il Collegio contabile ritiene di dover rigettare la domanda formulata dalla Procura nei confronti del responsabile finanziario per il risarcimento dei danni causati all’immagine dell’amministrazione di appartenenza, per l’assenza del requisito della sentenza penale di condanna per uno dei delitti previsti e puniti dal capo I, titolo II, libro II del codice penale e di dover, quindi, assolvere i dipendente da ogni addebito.
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