Niente trattamento fiscale di favore per la permuta immobiliare tra Comune e Parrocchia in assenza di una convenzione

6 Agosto 2019
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di E.Cuzzola

L’art. 20 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, prevede che “ai provvedimenti, alle convenzioni e agli atti d’obbligo previsti dalla presente legge si applica il trattamento tributario di cui all’art. 32, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601”, ossia imposta di registro in misura fissa ed esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale. Il comma 88 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, ha modificato il suddetto art. 20, prevedendo che il suddetto trattamento tributario di favore “si applica anche a tutti gli atti preordinati alla trasformazione del territorio posti in essere mediante accordi o convenzioni tra privati ed enti pubblici, nonché a tutti gli atti attuativi posti in essere in esecuzione dei primi”.
Tenuto conto del chiaro tenore letterale delle citate disposizioni, in assenza di accordi e/o convenzioni, la permuta di un immobile fra il Comune e la Parrocchia non può godere del suddetto trattamento di favore.
Ed infatti, come ribadito recentemente dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 292 del 22 luglio 2019, il regime agevolativo previsto dal citato comma 88 non può essere esteso ad atti che, sebbene genericamente preordinati alla trasformazione del territorio, non hanno ad oggetto interventi edilizi riconducibili a quelli previsti dalla disciplina individuata dalla legge n. 10/1977 e successive modifiche, tra i quali rientrano, invece, le cessioni di aree per la realizzazione delle opere di urbanizzazione connesse all’intervento edilizio, ovvero gli atti aventi ad oggetto la redistribuzione di aree tra colottizzanti (cfr., in tal senso, le risoluzioni 4 gennaio 2012, n. 1/E e 1° giugno 2015, n. 56/E).
Del resto, le norme agevolative sono di stretta interpretazione e, pertanto, l’ambito applicativo delle stesse non può essere esteso, in via interpretativa, a fattispecie non espressamente contemplate dalla norma.  La Corte di Cassazione ha, infatti, precisato, al riguardo, che le norme agevolative di carattere fiscale rientrano tra quelle “… di carattere eccezionale che (…) esigono un’esegesi ispirata al criterio di stretta interpretazione (…) e non ammettono interpretazioni analogica o estensiva (…) con la conseguenza che i benefici in esse contemplati non possono essere estesi oltre l’ambito di applicazione come rigorosamente identificato in base alla definizione normativa” (cfr. sentenza Corte di Cassazione, sez. V, 7 maggio 2008, n. 11106).

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