L’oggetto del rinvio della Procura contabile ha riguardato il compensi corrisposti al componente del Consiglio di amministrazione di una Azienda speciale Farmacia (ente strumentale dell’ente locale ai sensi dell’art. 114 T.U.E.L.), per violazione della disposizioni di gratuità previste dall’art. 6 comma 2 d.l. n. 782010. Per il Collegio contabile della Lombardia (sentenza n.250/2020), che ha aderito alle indicazioni della Sezione delle Autonomie (deliberazione n.9/2018), ha dichiarato non illegittimi i compensi, mentre ha condannato al danno erariale gli amministratori comunali per aver disposto la liquidazione delle indennità di fine mandato.
La vicenda
A seguito della segnalazione di un possibile danno erariale inviata da un Segretario comunale alla Procura contabile, quest’ultima in ragione della liquidazione delle indennità di carica e di fine mandato agli amministratori di una Azione speciale Farmacia comunale, rinviando per danno erariale il Presidente e il direttore generale dell’Azienda per aver disposto ed accettato la liquidazione indebita. Ciò sarebbe avvenuto, infatti, a dire del PM contabile, in violazione della disposizioni di cui all’art.6, comma 2, del d.l. n.78/2010 secondo cui la partecipazione ad organi collegiali, anche di amministrazione, di enti che comunque ricevevano contributi a carico delle finanze pubbliche era onorifica e poteva dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute, ove previsto dalla normativa vigente, nonché ad un gettone di presenza non superiore a 30 euro per seduta giornaliera. Va precisato, tuttavia, come il Consiglio comunale, a seguito del parere ottenuto dalla Sezione regionale di controllo circa la non debenza di tali emolumenti, aveva deliberato di recuperare gli emolumenti già corrisposti e di interromperne l’erogazione per il futuro, disponendo, altresì, che l’Azienda speciale farmacia modificasse in parte qua lo Statuto. In merito alla indennità di fine mandato, veniva precisato come tale voce retributiva non risultava previsto per Statuto dell’ente, né deliberato mediante alcun atto formale del Consiglio comunale, unico organo competente in materia a termini di Statuto.
A propria difesa i convenuti hanno, invece, evidenziato la legittimità della liquidazione in ragione della insussistenza di contribuzioni pubbliche verso l’Azienda speciale.
Le indicazioni del Collegio contabile
E’m stato, in via principale, rilevato come lo Statuto dell’Azienda Speciale da un lato prevedeva espressamente la corresponsione dell’indennità di carica ai membri del C.d.A e, dall’altro, rinviava per il quantum ad apposita delibera del Consiglio Comunale. Nel caso di specie gli amministratori succedutisi nel tempo, nonché il Direttore Generale si sono attenuti a quanto stabilito dallo Statuto all’epoca vigente e alle deliberazioni del Consiglio Comunale, ponendo in essere un’attività esecutiva delle disposizioni normative e amministrative. In altri termini, secondo il Collegio contabile, non è possibile incolpare l’Amministratore Delegato e il Direttore Generale dell’ASF, che hanno erogato gli emolumenti, e i membri del C.d.A., che li hanno percepiti. Va, inoltre, rilevato come l’interpretazione dell’art. 6 comma 2 del d.l. 78/2010 Non era chiaro, infatti, cosa si intendesse con enti che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche, e in particolare se nel concetto di “contributo a carico delle finanze pubbliche” rientrasse anche il fondo di dotazione dell’ente. non era pacifica, con riferimento alla sua sfera di applicazione, al momento dell’entrata in vigore della norma, e che tutt’ora si registrano oscillazioni interpretative. Solo a seguito di pronunce altalenanti delle Sezioni di controllo, la Sezione delle Autonomie (deliberazione n.9/2019) addiveniva alla interpretazione secondo la quale deve essere esclusa che la presenza del fondo di dotazione fosse da sola sufficiente a ricomprendere le aziende speciali nel perimetro applicativo dell’art. 6 comma 2 d.l. n. 782010. In altri termini, il solo conferimento del fondo di dotazione non può giustificare la gratuità delle cariche ai sensi dell’art. 6 comma 2, neppure se l’ente locale avesse disposto un contributo pubblico straordinario e non ricorrente. Nel caso di specie, pertanto, vanno assolti i convenuti per mancanza dell’elemento oggettivo dell’illecito.
Al tra questione, tuttavia, riguarda l’erogazione dell’indennità di fine mandato, non essendo la medesima prevista dallo Statuto dell’ente, né il Consiglio Comunale, unico organo competente in materia. Sulla liquidazione di queste somme, correttamente la Procura ha citato i convenuti, in quanto non può essere concepibile che le massime cariche dell’ente non si siano rese conto della palese illegittimità di un’erogazione non prevista né dallo Statuto né da delibere comunali, dunque priva di qualsivoglia base normativa, con la conseguenza di accertamento del danno erariale per le somme illecitamente versate agli amministratori.
In conclusione i convenuti devono essere assolti per i compensi liquidati per le cariche rivestite, ma condannati per il danno erariale pari alle indennità di fine servizio liquidate in assenza di indicazioni da parte del Consiglio comunale.
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