Al fine di poter dichiarare la validità di un contratto, con un professionista esterno, è obbligatorio per la pubblica amministrazione che esso sia contenuto in un documento unico, non potendo considerarsi valida, per il requisito richiesto ad subtantiam, uno scambio epistolare, articolato in una proposta della PA inviata a mezzo raccomandata ed una accettazione del professionista, trasmessa per posta elettronica nonché con raccomandata ricevuta dalla Amministrazione. Sono queste le indicazioni della Cassazione (ordinanza n. 6502/2021) che ha considerato il negozio giuridico nullo per mancanza della forma scritta e tale nullità era rilevabile anche d’ufficio.
La vicenda
Un professionista nominato dall’Amministrazione in qualità di esperto esterno nel settore dei fondi strutturali comunitari ha adito il giudice ordinario, in ragione della mancata conclusione del contratto, per richiedere il pagamento degli arretrati dovuti, oltre interessi ed oneri fiscali e previdenziali. Il Tribunale di primo grado ha ritenuto valido ed efficace lo scambio di corrispondenza tra ente e professionista, mentre la Corte di appello non lo ha ritenuto. Quest’ultima, infatti, ha precisato che per il contratto d’opera professionale di cui è committente una pubblica amministrazione è richiesta la forma scritta ad substantiam, anche ove quest’ultima agisca hire privatorum ed il contratto deve tradursi, a pena di nullità, nella redazione di un apposito documento, restando escluso che esso possa concludersi a distanza fuori dall’ambito della specifica ipotesi di cui all’articolo 17 RD 18 novembre 1923 nr. 2240, richiamato dall’articolo 87 RD 3 marzo 1934 nr. 383.
Il professionista ha, quindi, presentato ricorso in Cassazione sostenendo che l’Amministrazione ha articolato solo in sede di appello il rilievi della nullità del contratto di incarico professionale, per carenza della forma prescritta. Inoltre, a dire del ricorrente, nel caso di specie, lo scorrimento della graduatoria dei professionisti era già avvenuta essendogli stata comunicata la proposta di incarico, con nota del dirigente generale che egli aveva accettato detta proposta con nota spedita sia a mezzo mail che con lettera raccomandata ricevuta dalla amministrazione e che la proposta non era stata revocata dalla amministrazione né prima né dopo la accettazione.
Le indicazioni della Cassazione
Secondo i giudici di Piazza Cavour la Corte d’appello si è conformata al principio secondo cui il potere di rilievo officioso della nullità del contratto spetta anche al giudice investito del gravame relativo ad una controversia sul riconoscimento di una pretesa che supponga la validità ed efficacia del rapporto contrattuale, qualora sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato tali validità ed efficacia, né le parti ne abbiano discusso.
Il motivo del ricorso è inammissibile, in avendo il ricorrente compreso le motivazioni della sentenza dei giudici di appello. Questi ultimi, infatti, hanno respinto la domanda sul rilievo della nullità del contratto di incarico professionale, per carenza di un documento contrattuale recante la sottoscrizione del professionista e dell’organo dell’ente legittimato ad esprimerne la volontà all’esterno, escludendo che, ai fini della validità del contratto, la sua sussistenza possa ricavarsi da altri atti ai quali sia eventualmente seguita la comunicazione per iscritto dell’accettazione da parte del medesimo professionista. In altri termini, il rilievo della nullità del contratto d’opera professionale comportava, infatti, l’implicito rigetto di tutte le pretese fondate sulla conclusone di quel contratto.
Il ricorso è stato, pertanto, respinto dalla Cassazione.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento