In assenza di indirizzi o circolari degli organismi pubblici a ciò deputati, la questione ha riguardato la possibilità di remunerare un consigliere comunale per l’assunzione di una carica presso una società partecipata ma solo in via indiretta dell’ente locale. La risposta della Corte dei conti del Veneto (deliberazione n.110/2022) è stata negativa.
La domanda del Sindaco
In base alle disposizioni legislative vigenti (art. 1, comma 718, della legge 27 dicembre 2006, n. 296) un Primo cittadino ha chiesto ai magistrati contabili, sembrerebbe preclusa l’erogazione di emolumenti a carico delle società di capitali partecipate dall’Ente locale nel caso di assunzione, da parte dell’amministratore dello stesso ente, della carica di componente degli organi di amministrazione della società partecipata. Il dubbio riguarda se ciò sia precluso anche in caso in cui un Consigliere Comunale venga nominato componente dell’organo di amministrazione di una società partecipata indirettamente dal Comune di appartenenza. Sulla questione, infatti, non vi sono pareri resi dall’ARAN o da altri organismi pubblici, quali l’ANCI, l’UPI, l’UNCEM, né circolari della Ragioneria generale dello Stato.
La risposta negativa
La citata legge finanziaria del 2007 ha previsto che “Fermo restando quanto disposto dagli articoli 60 e 63 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, l’assunzione, da parte dell’amministratore di un ente locale, della carica di componente degli organi di amministrazione di società di capitali partecipate dallo stesso ente non dà titolo alla corresponsione di alcun emolumento a carico della società”. La norma, infatti, non prevede alcuna distinzione in relazione alla forma di partecipazione diretta o indiretta dell’ente locale, la cui finalità del legislatore è quella di riduzione della spesa pubblica e di contenimento dei costi degli organi di governo e degli apparati pubblici. Sulla questione del divieto di remunerazione si è già espressa la magistratura contabile. Nel caso di specie, si era in presenza di una partecipazione indiretta ad una società di capitali con quota di partecipazione assolutamente minoritaria. La Sezione di controllo della Toscana, infatti, previa acquisizione delle valutazioni sul punto della Sezione delle autonomie, settore di Coordinamento delle Sezioni Regionali di controllo (rese con nota in data 17 marzo 2008 – prot. N. 788/C21) ha statuito che “il comma 718 debba ritenersi applicabile ad ogni ipotesi di partecipazione societaria dell’ente locale; ciò sia perché la formulazione generica della disposizione, priva di specifici limiti applicativi, la renda chiaramente riferibile, secondo gli orientamenti della centrale Sezione delle autonomie, ad ogni tipo di partecipazione societaria, diretta o indiretta, maggioritaria o minoritaria; sia perché, secondo questa Sezione, il divieto introdotto dalla specifica norma in argomento, più che incidere direttamente sulla disciplina civilistica delle società partecipate, sembra piuttosto sancire un obbligo (negativo) a carico degli amministratori di ente locale, obbligo che sarebbe illogico supporre limitato ai soli casi di partecipazione diretta, ovvero maggioritaria”, nel contempo precisando che la norma è di immediata applicazione, non necessitando di modifiche statutarie o di determinazioni di competenza dei soci, da assumersi quindi in sede assembleare.
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