Il Procuratore contabile ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado che ha assolto il responsabile del personale e il direttore generale per aver, prima avallato il riallineato dello stipendio del Segretario comunale a quello del dirigente a contratto, attraverso il cosiddetto galleggiamento e, successivamente, definito un accordo transattivo con la restituzione di una somma minore. La Corte di appello (sentenza n.211/2021) ha confermato l’assoluzione dei convenuti anche a fronte della recente interpretazione autentica sulla corretta applicazione dell’istituto del galleggiamento.
Le doglianze della Procura
Il giudice contabile di primo grado ha assolto il direttore generale e il dirigente del personale per aver concluso una transazione con il Segretario comunale, in pendenza del giudizio di appello, in merito alla restituzione delle maggiori somme a lui versate che avrebbe fatto riferimento alla normativa sul galleggiamento prendendo come riferimento il dirigente a contratto, assunto ai sensi dell’art.110 del Tuel piuttosto che del dirigente a tempo indeterminato. L’assoluzione veniva disposta a fronte di un parere dell’ANCI anche se l’ARAN e il MEF avevano espresso parere contrario. A dire della Procura la sentenza non avrebbe correttamente verificato il danno erariale prodotto pari alla differenza tra quanto dovuto in restituzione da parte del Segretario e quanto disposto in transazione.
La conferma dei giudici di appello
Nel caso di specie la Procura ha proposto appello avverso la sentenza di assoluzione del direttore generale e del dirigente del personale al fine di far dichiarare la loro responsabilità erariale per avere definito in via conciliativa la vertenza civilistica introdotta dal già segretario generale del Comune per contestare la ripetizione delle somme dallo stesso percepite a titolo di maggiorazione della retribuzione di posizione e ove, in prime cure il ricorrente era risultato soccombente. In altri termini, la sentenza non avrebbe rilevato la chiarezza della disciplina del c.d. “galleggiamento” del trattamento economico dei segretari comunali, di cui all’art. 41, comma 5, del c.c.n.l. del 16 maggio 2001 – il riallineamento della retribuzione di posizione del segretario a quella stabilita per la funzione dirigenziale più elevata dell’ente – sostenendo che, in base alla predetta clausola, non possa che avere come riferimento la retribuzione prevista per il dirigente con contratto a tempo indeterminato in posizione più elevata presente nell’ente al momento della nomina, con esclusione pertanto delle posizioni extra dotazione organica disciplinate dall’art. 110 del d.lgs. n. 267 del 2000. Inoltre, la sentenza non avrebbe attribuito il giusto peso all’interpretazione conforme che ne hanno fornito l’Aran, la Ragioneria generale dello Stato, nonché il Tribunale del lavoro nel contenzioso instaurato dall’ex Segretario comunale e all’origine della transazione foriera del contestato danno erariale.
L’appello non è da considerarsi fondato. In via principale, a dire dei giudici contabili di appello, deve essere confermata la mancanza di colpa grave da parte dei convenuti a fronte della transazione sottoscritta, in quanto quest’ultima avrebbe evitato che nei giudizi successivi il Comune avrebbe potuto soccombere con la conseguenza che nulla avrebbe ricevuto in caso di esito negativo. Inoltre, la transazione è stata assistita dal parere favorevole dell’avvocatura. All’epoca dopo i pareri negativi dell’ARAN e del MEF, l’ANCI si poneva in modo diametralmente opposto riconoscendo che la norma in questione non avrebbe operato alcuna distinzione tra dirigenti a tempo determinato o a tempo indeterminato e che, in ogni caso, una distinzione siffatta sarebbe stata in contrasto con la sua stessa ratio, che è quella di assicurare al Segretario comunale una retribuzione di posizione non inferiore a quella riconosciuta a dirigenti del medesimo ente a cui il segretario medesimo è sovraordinato.
Nel frattempo altro tribunale ha attivato l’interpretazione autentica che è sfociata nell’ “Ipotesi di accordo di interpretazione autentica dell’art. 41, comma 5, del c.c.n.l. dei segretari comunali e provinciali, quadriennio normativo 1998-2001 e biennio economico 1998-1999” del 28.1.2021 tra l’Aran e le Organizzazioni e Confederazioni sindacali rappresentative dell’Area Funzioni Locali, con cui si è peraltro chiarito che “[l]a previsione dell’art. 41, c. 5 del CCNL del 16.5.2001 […] deve essere interpretata nel senso che gli enti assicurano […] che l’allineamento della retribuzione di posizione del Segretario si applichi sia alla retribuzione di posizione del dirigente assunto con contratto a tempo indeterminato, sia a quella del dirigente assunto con contratto a tempo determinato nel caso in cui la retribuzione di posizione di quest’ultimo sia stata determinata esclusivamente in applicazione dei limiti e delle disposizioni previste dalla contrattazione collettiva nazionale della Dirigenza degli Enti Locali e, quindi, a seguito di regolare pesatura della posizione dirigenziale”.
Pertanto, la conciliazione attivata non può che attestare la ragionevole convinzione dei dirigenti convenuti riguardo alla liceità delle proprie condotte, con conseguente assenza di colpa grave ad essi imputabile.
Il ricorso della Procura deve, quindi, essere respinto.
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