L’affidamento di incarichi di patrocino legale dovrebbe seguire il principio di rotazione, secondo le indicazioni della giurisprudenza contabile di controllo, ma pur in presenza di diversi incarichi affidati al medesimo professionista legale svolti a difesa dell’ente, i pagamenti disposti non comportano come conseguenza automatica la rilevanza ai fini del danno erariale, ma il danno erariale potrebbe rilevare esclusivamente nel caso in cui gli affidamenti fosse stati effettuati mediante scelte amministrative al di fuori dei fini pubblici dell’ente. Queste sono le indicazioni contenute nella sentenza 30 luglio 2019 n.145 della Corte dei conti, Sezione terza giurisdizionale d’Appello che ha riformato la condanna dei giudici di primo grado assolvendo i convenuti.
La vicenda
Il Collegio contabile di primo grado condannava per danno erariale sia il Direttore Generale che il dirigente del servizio legale, a fronte di un numero consistente di incarichi legali affidati sempre al medesimo avvocato, per il patrocinio di numerose cause innanzi alle magistrature competenti. A detta conclusione i giudici di prima istanza sono pervenuti calcolando il danno erariale in base alla differenza tra quanto pagamento al singolo professionista (480.000 euro) e quanto si sarebbe corrisposto in caso di rapporto convenzionale (120.000 euro).
I convenuti, allora, hanno proposto appello, avverso la sentenza di condanna, precisando come i giudici di primo grado non hanno considerato che l’Amministratore non deve solo guardare al minor costo della prestazione, ma anche alla qualità della stessa, in rapporto al valore ed alla particolare complessità degli incarichi conferiti. Altro errore commesso nella sentenza è il calcolo del danno erariale che ha valorizzato esclusivamente i compensi corrisposti senza sottrarre le entrate corrispondenti al riaddebito delle spese delle parti soccombenti nelle numerose cause vittoriose per l’ente. Infine, non si è tenuto conto delle tariffe minime applicate dal professionista e quindi della congruità dei compensi corrisposti.
La riforma della sentenza dei giudici di Appello
Secondo il Collegio di Appello le doglianze dei convenuti sono meritevoli di accoglimento. La Sezione evidenzia come la non conformità dell’azione amministrativa alle puntuali prescrizioni che ne regolano lo svolgimento, pur non essendo idonea a generare, di per sé, una responsabilità amministrativa in capo all’agente, può assumere rilevanza allorché quegli atti integrino una condotta almeno gravemente colposa, foriera di un nocumento economico per l’ente. Nel caso di specie, non si ravvisa quella macroscopica significativa devianza dal paradigma dei criteri di legalità, economicità, efficienza, imparzialità, trasparenza cui deve uniformarsi il comportamento dei vertici di ogni Ente. Infatti, al fine di orientare il giudice sulla colpa grave dei convenuti non è sufficiente dedurre circostanze connesse ad una mera inosservanza di principi, occorrendo viceversa che la parte attrice fornisca elementi inequivocabili in ordine alla violazione di specifici obblighi da cui siano, in concreto, derivate conseguenze patrimoniali negative per la pubblica amministrazione. In particolare la sentenza di primo grado ha riconosciuto il danno erariale valorizzando la differenza tra quanto corrisposto al singolo avvocato rispetto ad un rapporto convenzionale, ossia entrando in una scelta di amministrazione attiva, non consentita dall’ordinamento. Sul punto la Cassazione ha stabilito che una volta verificata la compatibilità delle scelte amministrative con i fini pubblici dell’ente, il sindacato della Corte dei conti non si può estendere all’articolazione concreta dell’iniziativa del pubblico amministratore, salve le ipotesi di assoluta ed incontrovertibile estraneità dei mezzi prescelti rispetto ai suddetti fini pubblici (Cass. ss.uu. n. 1378/2006). Nel merito della controversia non esiste alcuna norma che vieti di stipulare singoli plurimi incarichi o che sancisca l’ obbligatorietà dello strumento della convenzione.
Entrando nel merito degli atti depositati, risulta che il professionista abbia applicato nelle molteplici cause di assistenza legale all’ente i minimi tariffari e, in alcuni casi anche ridotti. Inoltre, il compenso corrisposto è stato comprensivo anche delle spese e delle competenze in favore degli avvocati domicilia tari. I convenuti, inoltre, hanno dimostrato che le prestazioni professionali in questione non rispondevano ad esigenze arbitrarie dell’amministrazione e che le stesse hanno in alcuni casi consentito all’amministrazione di pervenire ad esiti ad essa favorevoli.
Conclusioni
Pertanto, a differenza del giudice di primo grado, il Collegio di Appello ritiene insussistente ogni profilo di colpa grave nella condotta degli appellanti con conseguente accoglimento del relativo motivo di appello dedotto, atteso che i fatti censurati e portati all’attenzione del giudicante non appaiono caratterizzati da una inescusabile violazione dei doveri di diligenza e prudenza che devono contraddistinguere l’agire di chi riveste cariche pubbliche.
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