La questione riguarda la duplice rilevanza della nullità di una prestazione resa da un fornitore, sia in presenza di un contratto nullo per violazione della corretta procedura di spesa, sia in quanto mancante a pena di nullità della forma scritta. Il dubbio, nel caso di specie, sulla corretta procedura contabile del riconoscimento del debito fuori bilancio da parte del Consiglio comunale, è stata affrontata dalla Corte dei conti per la Campania (deliberazione n.111/2021).
Debito fuori bilancio in mancanza della forma scritta
Il problema posto concerne il possibile riconoscimento, ai sensi dell’art. 194, comma 1, lett. e), di un debito fuori bilancio, assunto in assenza di preventivo impegno di spesa, laddove lo stesso derivi da un contratto nullo, in quanto sottoscritto in violazione del requisito della forma scritta, imposta “ad substantiam” nel caso dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione. In questo, caso a dire dell’ente locale, la nullità del contratto per mancanza di forma scritta, eliminerebbe la possibilità da parte del Consiglio comunale del relativo riconoscimento, restando il rapporto obbligatorio esclusivamente tra fornitore e amministrazione o funzionario che abbiano consentito la fornitura. In altri termini, si dovrebbero imputare ex lege alla sfera giuridica diretta e personale dell’amministratore o funzionario gli effetti dell’attività contrattuale dallo stesso condotta in violazione delle regole contabili, al fine di scoraggiare erogazioni di pubblico denaro contra legem.
Le indicazioni del Collegio contabile
Secondo i giudici contabili partenopei, il ragionamento del Comune non coglie nel segno. Infatti, seppure si è in presenza di un contratto formalmente stipulato tra l’amministrazione pubblica, in persona di un proprio funzionario e/o amministratore, ed un contraente privato, laddove rilevi la violazione delle regole contabili in tema di assunzione degli impegni spesa, viene convertito ex lege in un rapporto intercorrente con il predetto funzionario e/o amministratore. Pertanto, ai fini della operatività del descritto meccanismo di interruzione ex lege del rapporto di immedesimazione organica, a nulla rileva la eventuale patologia del contratto in parola, se cioè nullo e/o annullabile, rappresentando ormai una questione, quest’ultima, che sarà rimessa ai rapporti tra il fornitore e la sua controparte da individuarsi nel medesimo amministratore e/o funzionario che ha consentito la fornitura stessa. Se ciò è vero, allora ai fini della procedura di riconoscimento del debito derivante da siffatta fattispecie negoziale contratta in violazione delle regole contabili di spesa, non assume alcun rilievo la eventuale patologia affliggente il contratto medesimo, se nullo e/o annullabile, né se trattasi o meno di “obbligazione giuridicamente perfezionatasi”, venendo in considerazione, secondo quanto espressamente indicato nelle norme all’esame, esclusivamente la facoltà dell’ente di riconoscere il debito medesimo, nei soli limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.
Se l’ente non dovesse procedere al riconoscimento del debito fuori bilancio si potrebbero presentare due diverse situazione con le quali l’accertata utilità ricevuta sarebbe in ogni caso riconosciuta, sia da lato del funzionario o amministratore sia dal lato del fornitore.
Azione del funzionario per ingiustificato arricchimento dell’ente
Il funzionario o amministratore chiamato dal fornitore per il pagamento della prestazione avvenuta, avrebbe in sede di contenzioso la possibilità dell’azione di ingiustificato arricchimento verso l’ente pubblico, a norma dell’art. 2041 c.c., assolvendo, a tal fine, al solo onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento. In questo caso l’ente, per potersi liberare di tale azione, dovrebbe dimostrare che l’arricchimento sia stato non voluto, non consapevole o imposto.
Azione del fornitore
Se è vero che al fornitore è preclusa l’azione diretta di indebito arricchimento verso l’ente pubblico per difetto del requisito di sussidiarietà (stante la proponibilità dell’azione contrattuale verso l’amministratore), dall’altro è, tuttavia, legittimato ad esercitare l’azione ex art. 2041 c.c., contro l’ente pubblico utendo iuribus dell’amministratoree/o funzionario suo debitore, in via surrogatoria ex art. 2900 c.c., contestualmente alla proposizione della domanda di pagamento del prezzo nei confronti dell’amministratore, per assicurare che siano soddisfatte o conservate le proprie ragioni quando il patrimonio di quest’ultimo non offra adeguate garanzie. Anche in questo caso, all’ente resterebbe la sola possibilità di sottrarsi all’adempimento solo in presenza della dimostrazione che l’arricchimento sia stato non voluto, non consapevole o imposto.
Conclusioni
Al fine, pertanto, di evitare inutili contenziosi con il fornitore o il funzionario, sarebbe opportuno che l’ente riconoscesse in Consiglio comunale l’utilità ricevuta, ovvero disponesse mediante azione negativa il mancato riconoscimento in quanto non voluto, non consapevole o importo.
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