Mutui contratti e rinegoziati dal Comune. Commento alla deliberazione della Corte dei Conti

La Sezione del controllo emiliana affronta, in occasione del rendiconto gestorio 2020 e del bilancio previsionale 2021-2023, prende] in esame la fattispecie concreta della rinegoziazione dei mutui di scopo, occasionata dagli eventi pandemici.

6 Settembre 2022
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di Maria Letizia Viola, Avvocato e Cons. della Corte dei Conti

  1. La fattispecie concreta all’attenzione della Magistratura contabile

La Sezione del controllo emiliana affronta (deliberazione n.72/2022/prse della corte dei conti, sezione regionale di controllo per l’emilia-romagna), in occasione del rendiconto gestorio 2020 e del bilancio previsionale 2021-2023, con la pronuncia con segnalazione[1] in esame la fattispecie concreta della rinegoziazione dei mutui di scopo, nella dichiarata circostanza da parte dell’Ente locale, occasionata dagli eventi pandemici. Nello specifico, il Comune di Predappio (FC) era già stato destinatario per i precedenti esercizi gestori 2018 e 2019 (quindi ante pandemia) di ulteriori pronunce con segnalazioni anche riguardanti la tematica in questione, ossia le irregolarità relative alla conservazione dei residui attivi risalenti, in quanto originati da mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti S.p.A.. Motivo questo, per cui il magistrato istruttore ha richiesto l’elenco completo dei mutui di scopo, contratti per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria ed accessi, in alcuni casi, addirittura nei primi anni ’90, nonché venuti a compimento comunque nel relativo lustro successivo. Dalla tavola sinottica (che tuttavia – si osserva per inciso- non riporta il tasso di interesse) elaborata dal Comune emergono tre rinegoziazioni nel corso di quindici anni: nel 2005, nel 2010 e quindi nel 2020; quanto meno la prima è ante problematica dei mutui subprime (e la bancarotta Lehman Brothers) e pandemia (Covid-19); mentre la terza prevede come scadenza per l’ammortamento l’anno 2043. Si evidenzia inoltre che, se all’inizio dell’arco temporale di ammortamento singolarmente considerato, l’Ente locale ha beneficiato di interessi attivi sub specie di retrocessione degli oneri, la medesima è venuta invece meno nel periodo a far data dal 2016 all’attualità, senza dunque poter essere inseriti come posta attiva tra le entrate del conto economico, in modo da essere scomputata sull’imposta sostitutiva del 20% per i cd. soggetti “nettisti”, Stato ed enti.

In sintesi: il Comune fruisce nell’immediato di maggiore liquidità di cassa, ma l’operazione – in parte qua novativa- consiste in un costo netto e produce quindi un saldo negativo, che impatterà come debito sulla comunità locale. Il debito cresce e viene “spalmato” nel tempo, risulta pertanto in danno delle future generazioni, piuttosto che procedersi ad una sua ristrutturazione con la rimodulazione dei tassi di interesse. Soluzione quest’ultima, comunque auspicabile pro futuro.

La Sezione ha stigmatizzato la violazione del punto 5.3.3 del principio contabile applicato alla contabilità finanziaria in ordine all’utilizzo dello strumento negoziale in esame e forti perplessità rimangono in ordine alla circolare CdP – che comunque, si ricorda a noi stessi, non assurge a rango di fonte normativa- n. 1300 del 23 aprile 2020 circa la rinegoziazione dichiarata nel rispetto del principio di equivalenza finanziaria.

Il Comune dichiara di fatto che la causa concreta dell’ultima rinegoziazione (cfr. pag. 16 delib., 2° cpv.) “è stata dettata essenzialmente dall’emergenza sanitaria in atto, in un periodo in cui si prevedevano forti flessioni nelle entrate comunali e aumenti della spesa corrente”, dimenticando quindi gli insegnamenti dell’economista britannico John Maynard Keynes.

Anche in ordine al punto 3.17 del principio contabile – allegato 4/2 (periodo di ammortamento commisurato alla durata di utilità degli investimenti correlati) si prende atto che i mutui sono stati contratti per realizzare opere di urbanizzazione primaria, in violazione tuttavia della durata di vita utile delle opere finanziate, calcolata sulla base dei relativi coefficienti annui di ammortamento indicati al punto 4.28 del principio della contabilità economico-patrimoniale – allegato 4/3: rispettivamente 33/34 anni per strade e reti fognarie e 50 anni per gli edifici istituzionali. Circostanze, queste ultime, pacifiche ed incontrovertibili, per avere il Comune stesso elaborato la tavola sinottica posta all’attenzione del magistrato istruttore della Corte dei conti, tanto che lo hanno indotto a comunicare sia di non avvalersi dei mutui in questione per scopi diversi dalla loro originaria negoziazione, sia di richiedere a Cassa depositi e prestiti una riduzione dei finanziamenti.

  1. Sulla causa in concreto e sulla meritevolezza degli interessi perseguiti in generale

Occorre in merito alla suddetta fattispecie concreta interrogarsi sulla causa contrattuale e sugli interessi perseguiti dall’operazione negoziale. Il giudizio di meritevolezza sugli interessi perseguiti dalle parti è il Leitmotiv di tutti i contratti, tanto tipici, quanto atipici alla luce di quanto disposto dall’art. 1322, comma 2, c.c.. L’atipicità negoziale, rectius gli “atti socialmente tipici[2], è infatti ammessa dall’ordinamento in quanto venga positivamente superato il vaglio di meritevolezza in ordine a quanto posto in essere dalle parti contrattuali; a fortiori, dunque, per i contratti tipici, qual è il mutuo di scopo, ossia ove il legislatore abbia positivizzato la fattispecie in astratto e nei suoi elementi costitutivi, compresa dunque la causa, come tipo generale[3], di cui all’art. 1325, n. 2, c.c.. Ai primi del Novecento, già Bonfante[4] ammoniva in ordine al carattere “oscuro” della causa, che “costituisce il problema più discusso e più indecifrabile della dottrina moderna del diritto, il campo preferito delle elucubrazioni metafisiche e della psicologia giuridica”.

Nei presenti brevi appunti sulla predetta fattispecie concreta, si vuole considerare proprio la causa, superando le presunte divergenze (ed i suoi falsi problemi) tra diritto privato e diritto pubblico, atteso che sono due piani congiunti del sistema giuridico, che non può che essere unitariamente considerato[5], seppure con i debiti distinguo, di cui al successivo paragrafo. Michele Giorgianni, come è stato recentemente ricordato[6], si è interrogato a lungo sul significato costituzionale del Codice civile, seppure la sua costituzionalizzazione fosse stata avversata da Francesco Santoro-Passarelli.

Si deve doverosamente richiamare anche la relazione al Codice civile (1918 -1942), secondo cui la causa consente di verificare “se il risultato pratico che i soggetti si propongono di perseguire si ammesso dalla coscienza civile e politica, dall’economia nazionale, dal buon costume, dall’ordine pubblico[7]. In questo modo, l’esistenza della causa permette di considerare negativamente quei contratti finalizzati ad una gestione antieconomica o distruttiva di un bene, soggetto alla libera disposizione del proprietario “senza una ragione socialmente plausibile ma solo per soddisfare il capriccio o la vanità della controparte”.[8]

La teoria della cd. “causa in concreto” si fa strada, a livello giurisprudenziale, con la sentenza della Suprema Corte, sez. III, n. 10805 del 16 ottobre 1995 (Est. Preden, in materia di sale & lease back, concernente liceità e frode del divieto di patto commissorio di cui all’art. 2744 c.c.) come “sintesi degli effettivi interessi perseguiti dalle parti attraverso un’operazione negoziale” (cfr. anche Cassaz., sez. III, sent. 10490 dell’8 maggio 2006). Tipo e causa, come categorie giuridiche, si sovrappongono, ma non coincidono. Del resto, anche in dottrina si erano registrate a riguardo ulteriori riflessioni rispetto al pensiero classico di Betti[9] e di Santoro Passarelli[10] con Pugliatti e Sacco[11], che la valutano a posteriori, come sintesi degli effetti. Attenta dottrina rileva che “…quando si ipotizza la trasformazione della causa in clausola generale, non si fa altro che segnare, second un particolare modello ricostruttivo, il passaggio da dogma a strumento operativo e quindi il capovolgimento dalla categoria come presupposto del procedimento interpretativo a categoria come risultato del suo svolgimento[12].

In tal contesto deve darsi pertanto una lettura articolata della norma di cui all’art. 1344 c.c., nel senso che il contratto può essere tipico, in quanto rispetta la causa astratta, il tipo, anche se in concreto risulta illecito, giacché gli interessi vanno ad eludere norme imperative, come ha avuto modo di chiarire la Cassazione (sez. I, sent. n. 26770 del 21 ottobre 2019, proprio in materia di mutui di scopo), anche in sede nomofilattica (SS.UU., sent. 25021 del 7 ottobre 2019).

Quid juris, se il contratto sottende interessi non meritevoli di tutela ordinamentale?

La problematica s’intreccia anche con la teoria del cd. “terzo contratto”[13], secondo cui a fronte dell’alterazione del sinallagma in ipotesi di abuso del diritto, esso viene ricondotto nel suo alveo fisiologico grazie agli effetti integrativi del principio di buona fede. Vengono così mitigati gli effetti dello squilibrio contrattuale a livello causale, onde evitare la pronuncia giudiziale di nullità ai sensi dell’art. 1418, comma 2, c.c.. Sulla scorta, infatti, della pronuncia della Consulta n. 248 del 24 ottobre 2013 (Est. Morelli, sulla caparra confirmatoria, di cui all’art. 1385, comma 2, c.c. in relazione all’art. 3, comma 2, Cost.), si ritiene operante la nullità virtuale della clausola iniqua inserita ad hoc dal contraente forte in danno di quello debole.

Va inoltre data contezza di altra giurisprudenza, relativa a contratti atipici di natura finanziaria, denominati My Way e 4 You, che sono caratterizzati strutturalmente in un trilatero: 1. contratto-quadro come mandato d’acquisto per un prodotto finanziario conferito dal cliente all’istituto contraente; 2. Altro contratto di mutuo, di durata ragguardevole, concesso dalla medesima impresa titolare degli strumenti finanziari; 3. L’ultimo contratto è un pegno di prodotti finanziari, che devono garantire la restituzione del credito. La giurisprudenza della Cassazione (sentenze 19013/2013; sez. VI, ord. 19559 del 30 settembre 2015; sez. III, sent. n. 10506 del 28 aprile 2017) ha chiarito che i predetti non sono meritevoli di tutela, giacché deviano dalla finalità -ossia dalla causa in concreto- previdenziale complementare, sulla base della quale si era addivenuti alle stipule negoziali collegate. In sintesi, viene sterilizzato il rischio economico per l’intermediario, esternalizzandolo sul contraente debole, non beneficiandolo in definitiva di alcuna tutela assistenziale.

Altra tesi dottrinaria[14] lega la frode alla legge propria del diritto civile all’eccesso di potere pubblicistico, nonché all’abuso del diritto tipico dei contratti consumeristici o delle asimmetrie fra imprese, fenomeni da sussumersi nella categoria dei c.d. illeciti atipici, in quanto non vi è contrasto tra condotta e regola normativa (cd. illecito tipico), quanto piuttosto discrasia fra condotta e principio. “In questa prospettiva, l’abuso del diritto verrebbe in rilievo qualora il comportamento del titolare violi il principio di solidarietà ex art. 2 Cost.; la frode alla legge postulerebbe un travalicamento del limite alla libertà di iniziativa economico-privata, rappresentato dall’utilità sociale e dalla dignità umana ex art. 41 Cost. e lo sviamento del potere comporterebbe una violazione dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost.[15]: l’Autrice non può inoltre che legare il principio solidaristico all’altro principio costituzionale, ossia quello di eguaglianza sostanziale, di cui all’art. 3, comma 2, Cost., su cui si tornerà a breve in ambito strettamente giuscontabile ed in termini generazionali.

  1. Sulla causa in concreto e sulla meritevolezza degli interessi con riguardo ai mutui di scopo contratti da parte pubblica

Si è data contezza della giurisprudenza della Cassazione (sez. I, sent. n. 26770 del 21 ottobre 2019), che irroga come sanzione -per la fattispecie analoga intervenuta tra due parti private- la nullità del contratto di mutuo di scopo: “ciò che rileva è l’oggettiva deviazione dallo scopo… costituita dal fatto che dall’estratto conto e dai movimenti ivi riportati risultava che tutte le somme erogate da –omissis erano state destinate a ripianare l’esposizione della debitrice verso le banche”.

Si tratta ora di interrogarsi sulle sorti di un mutuo di scopo, intervenuto tra due parti pubbliche, come nella fattispecie all’attenzione della sezione di controllo della Corte dei conti, per l’Emilia-Romagna, ossia tra Ente locale e Cassa depositi e prestiti.

Si è in precedenza (sub § 1) accennato alla violazione degli specifici principi contabili in ordine all’arco temporale del piano di ammortamento del mutuo rispetto all’utilità spiegata dall’opera di urbanizzazione. Giovandoci del lessico economico e delle sue categorie, si può fare riferimento al concetto di utilità marginale decrescente[16], che in rappresentazione grafica cartesiana è convessa[17] rispetto alla cd. curva di indifferenza[18]: detto in altri termini, l’incremento di utilità dell’opera diminuisce per il cittadino-utente al consumarsi del bene nel tempo; ne consegue che il cittadino, nel volgere dell’arco temporale di ammortamento, da utente dell’opera, ne diviene mero contribuente fiscale, senza cioè goderne. Tale aspetto assume particolare rilievo, per meglio ricomprendere le ricadute a cascata della problematica su di un piano non solo giuridico, ma anche macroeconomico in tema di controlli intestati alla Corte dei conti, nonché per i profili “micro”[19], ovverosia implicanti responsabilità erariale e/o sanzionatoria dei singoli amministratori pubblici.

Recenti studi si sono soffermati infatti sullo “obiettivo di indagare se e in che misura il principio di solidarietà, sancito dall’art. 2 Cost., possa essere utilizzato come presupposto al fine di valutare la sussistenza di un dovere delle generazioni attuali di non abusare dei propri diritti a danno delle generazioni future.[20].

Il quesito è se sia prevedibile, legittimo e lecito in termini giuridici generali e se sia preventivabile in termini economico-contabili un onere a carico delle generazioni future.

Di qui la scelta di porre l’attenzione alle decisioni di spesa, che si caratterizzano in modo forte per la <longevità> dei loro effetti nella misura in cui producono un deficit, un disequilibrio che non può essere ripianato nel breve periodo ed è quindi destinato a gravare sulle generazioni future.”.[21]

All’abuso del diritto va data dunque lettura in ambito pubblicistico alla luce dei seguenti principi: quello solidaristico, di cui all’art. 2 Cost., in endiadi con quello di eguaglianza sostanziale, di cui all’art. 3, comma 2, Cost., nonché quello dinamico di “equilibrio” di bilancio (si badi non tanto di “pareggio” contabile, che attiene invece alla rappresentazione necessariamente statica della cassa nell’anno di riferimento), espresso dal novellato art. 81 Cost.[22] in occasione della ratifica, da parte dell’Italia, del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria, cd. Fiscal Compact. Il punto è l’equilibrio tra entrate e spese riferite ai bilanci e di conseguenza la sostenibilità o meno del debito pubblico come risultato in esito ad un ciclo di bilancio (senza peraltro soluzione di continuità con i successivi, cui si sovrappone costantemente) da parte delle generazioni a venire. Tale obiettivo è peraltro un paradigma, che deve necessariamente declinarsi, in ossequio alla riforma del titolo V della Costituzione (legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3, con particolare riguardo all’art. 117 Cost.) ed al principio di sussidiarietà verticale, non solo a livello centrale, ma anche di enti territoriali e locali.

La questione è stata già affrontata in sede civilistica, ove la Cassazione (sez. III, 8 febbraio 2013, n. 3080) non ha ritenuto meritevole di tutela la clausola, inserita in un mutuo di scopo per l’acquisto di un bene, che obbligava il mutuante al pagamento delle rate anche nel caso di mancata consegna dello stesso da parte del venditore. Orbene,  mutatis mutandis, nel caso all’attenzione della sezione emiliana del controllo può considerarsi come la terza rinegoziazione del mutuo di scopo, per finanziare l’opera di urbanizzazione, ecceda i limiti temporali specificamente previsti nei ricordati principi contabili per l’utilizzazione del bene medesimo, giungendo alla conclusione di porre un onere economico a carico delle future generazioni di contribuenti dell’Ente locale, senza che questi ultimi si possano beneficiare della suddetta opera. Ergo l’iter logico-giuridico è analogo a quello stigmatizzato nell’ultima pronuncia (qui ricordata) della Suprema Corte e si pone in evidente elusione sia di norme imperative poste a tutela negoziale, sia di quelle di rango costituzionale. Ne potrebbe discendere, in termini astratti civilistici, anche una risoluzione per inadempimento, operato dall’ultima rinegoziazione, o quanto meno, in ottica pubblicistica l’opportunità, se non la necessità, di una rinegoziazione del tasso di interesse fra l’Ente e locale e Cassa depositi e prestiti in ottica di riequilibrio del sinallagma del mutuo, al di là delle contingenze pandemiche, che in verità molto poco potevano incidere su di un mutuo risalente agli anni ‘90.

In sintesi, può ricordarsi il pensiero di autorevole dottrina[23], in ordine alla categoria fondamentale di causa, la quale rileva: “Chi si soffermi ad esaminare il problema offerto dalla dottrina italiana contemporanea della causa, ne ricava l’impressione di un cantiere in fecondo movimento, nel quale nuovi materiali affluiscono incessantemente, per alimentare lo sforzo di costruzione di un edificio, che, pur poggiando su vetuste fondamenta, non riesce ad assumere ancora un netto contorno, malgrado la maestria degli architetti e la pregiatezza dei materiali.”.

L’analisi della causa in concreto involve difatti necessariamente il giudizio di meritevolezza degli interessi, inerente l’operazione negoziale tanto privatistica, quanto pubblicistica, atteso che il codice civile, come ammoniva il Mengoni[24], rimane il nucleo sistematico delle categorie classificatorie.

Va, in ogni caso, specificata un’ulteriore riflessione, per cui -in tale ultima fattispecie- sono coinvolti non gli interessi di due parti private, quanto piuttosto quelli di due parti pubbliche e quindi ab origine più che plurisoggettive. S’impone quindi la necessità di meccanismi di tutela e salvaguardia, da porre in campo e da perseguire in ogni modo, specie alla luce del PNRR e del piano Next Generation EU, come potrebbe essere – ad avviso di chi scrive- una ulteriore rinegoziazione inerente il tasso del mutuo in questione. Su questo ultimo punto è doveroso richiamare infatti i recenti ammonimenti in ordine all’aumento della spesa per interessi (tra cui quelli per mutui, come nel caso di specie) del Pres. Enrico Flaccadoro in occasione del giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2021[25].

[1] In acronimo “PRSE” appunto.

[2] N. LIPARI, lezioni di Istituzioni di diritto privato all’Università “La Sapienza”, a.a. 1995-1996.

[3] G. GAZZONI, lezioni di Istituzioni di diritto privato all’Università “La Sapienza”, a.a. 1995- 1996 e lezioni di Diritto civile all’Istituto degli studi giuridici per il Lazio “Arturo Carlo Jemolo”, a.a. 2001-2002. In senso analogo anche G.B. FERRI, “Causa e tipo del negozio giuridico”, Milano, 1965, p. 254.

[4] P. BONFANTE, “Il contratto e la causa del contratto” in Riv. Dir. Comm., 1908, 6, p. 115.

[5] M. TALAMANCA, lezioni di Istituzioni di Diritto romano, Università “La Sapienza”, a.a. 1995-1996, rammenta che l’abuso del diritto è fatto risalire da unanime dottrina al divieto di atti emulativi nelle Institutiones gaiane (cfr. art. 833 c.c.), fino a giungere alle elaborazioni pretorie di epoca repubblicana, in cui si ammetteva il ricorso all’ exceptio doli generalis (cfr. art. 1439 c.c.), ove le ragioni creditori, pur conformi allo ius civile, erano tuttavia contrastanti con l’aequitas e quindi in danno del debitore.

[6] N. LIPARI, intervento del 20 giugno 2022 in occasione del convegno organizzato dal Consiglio Superiore della Magistratura: “Nell’Ottantesimo del Codice Civile – Giurisprudenza e Dottrina a confronto”.

[7] Relazione al codice civile n. 603.

[8] Relazione al codice civile n. X.

[9] L’illustre giurista è a sua volta debitore della pandettistica tedesca (von Savigny e Windscheid) e della tradizione romanistica (fatta propria dai tedeschi come diritto comune del sacro Romano Impero a far dal 1495).

[10] F. SANTORO-PASSARELLI, “Dottrine generali del diritto civile”, 9° ediz., Jovene, 1986, p. 186.

[11] R. SACCO, “L’esercizio e l’abuso del diritto”, in Aa. Vv., “Il diritto soggettivo”, in Trattato di diritto civile, diretto da R. Sacco, Giappichelli, 2001, p. 319.

[12] N. LIPARI, “Le categorie del diritto civile”, Giuffré, 2013, pp. 172 – 173.

[13] N. LIPARI, Ibidem.

[14] M. ATIENZA – J. RUIZ MANEIRO, “Illeciti atipici. L’abuso del diritto, la frode alla legge, lo sviamento del potere”, a cura di M. Taruffo, con traduzione di V. Carnevale, Il Mulino, 2004, pp. 61 ss.

[15] A. ASTONE, “Il divieto di abuso del diritto. Diritto scritto e diritto vivente”, Giuffré, 2017, pp. 157 – 158. L’ Autrice si sofferma in particolare sugli scritti di: F. Santoro-Passarelli, N. Lipari, nonché G. Alpa.

[16] Per agevolarne la comprensione, si ricordi il noto e cd. “paradosso dell’acqua e dei diamanti” riferito ad Adam Smith, per cui al maggior intrinseco valore economico dei diamanti si contrappone il bene acqua, tuttavia vitale per l’esistenza umana (specie in un deserto).

[17] Sulla “Convessità”, si chiarisce che, in base al principio dell’utilità marginale decrescente, la scelta di panieri con entrambe le quantità dei beni fornisce un livello di utilità superiore rispetto alla scelta dei panieri estremi ossia di quelli in cui prevale la scelta di uno solo dei due beni. Questa è la caratteristica delle curve di indifferenza ed è propria dello “assioma della convessità”, secondo esso un consumatore preferisce sempre consumare una combinazione dei beni piuttosto che uno soltanto di questi, in quanto l’utilità marginale del consumo di ogni singolo bene decresce con la quantità consumata dello stesso bene (utilità marginale decrescente). L’assioma di convessità è così detto in quanto determina la forma convessa della rappresentazione sul piano cartesiano delle preferenze del consumatore (curva di indifferenza).

[18] La “Curva di indifferenza” è la rappresentazione sul piano cartesiano delle scelte di consumo, che danno al consumatore la medesima utilità.

[19] F.M. LONGAVITA, Intervento del 17 maggio 2001 presso la Scuola di alta Formazione “Francesco Staderini” della Corte dei conti, “La cd. responsabilità sanzionatoria”, nell’incontro di studio per i funzionari neoassunti.

[20] A. PAPA – G. PALOMBINO, “L’abuso del diritto. Evoluzione del principio e contesto normativo”, a cura di Loredana Carpentieri, Giappichelli, Torino, 2018, p. 240.

[21] A. PAPA – G. PALOMBINO, Ibidem.

[22] Articolo sostituito dall’art. 1 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, a decorrere dall’esercizio finanziario 2014. Si veda la legge 24 dicembre 2012, n. 243 per l’attuazione e la legge 5 agosto 1978, n. 468 (“Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio”); nonché legge 3 aprile 1997, n. 94 (“Modifiche alla legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni e integrazioni, recante norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio. Delega al Governo per l’individuazione delle unità previsionali di base del bilancio dello Stato”); decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279 (“Individuazione delle unità previsionali di base del bilancio dello Stato, riordino del sistema di tesoreria unica e ristrutturazione del rendiconto generale dello Stato”).

[23] M. GIORGIANNI, “Causa (Diritto privato), in Enciclopedia del diritto, VI, Giuffré, Milano, 1960, pp. 547 ss..

[24] N. LIPARI, Intervento del 20 giugno 2022, ibidem.

[25] E. FLACCADORO, Presidente di sezione di coordinamento, Sezioni Riunite in sede di controllo, intervento in 24 giugno 2022 – Parifica del Rendiconto generale dello Stato, es. 2021 (a cura della Rai, TG2) – YouTube.

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