La questione oggetto di intervento della Corte dei conti per la Campania (deliberazione n.117/2020) ha riguardato l’inclusione o meno del fondo rotativo presso la Cassa Depositi e Prestiti e se la stessa abbia o meno rilevanza in termini di indebitamento, in quanto in quest’ultima ipotesi l’operazione sarebbe inibita agli enti in dissesto finanziario. In ragione della nuova interpretazione della Commissione Arconet che ha modificato il principio contabile, la Sezione della Campania non convinta di tale nuova impostazione, che escluderebbe l’accesso al fondo di rotazione tra le operazioni di indebitamento, ha rimesso la questione di massima alla Sezione delle Autonomie.
La richiesta di un ente in dissesto
In ragione della procedura di dissesto di un ente locale un Sindaco di un Comune partenopeo ha chiesto ai magistrati contabili se l’attivazione del fondo rotativo presso la Cassa Depositi e Prestiti, di cui all’art. 32, comma 12, del D.L. n. 269/2003, al fine di garantire copertura e spesa alle demolizioni giudiziali e amministrative, rientri o meno tra le forme di indebitamento previste e il relativo impatto sugli equilibri finanziari ed economici presenti e futuri.
La disposizione legislativa
Il Collegio contabile partenopeo si sofferma solo sulla questione rilevante della possibile riconducibilità alla nozione di indebitamento delle anticipazioni concesse a valere sul fondo rotativo, in quanto in caso di risposta positiva l’accesso al medesimo da parte di un ente in dissesto sarebbe inibito.
I giudici contabili precisano, in via preliminare come, anche a seguito dell’intervento dell’Autorità giudiziaria, non avendo disponibilità economiche, gli enti possono ricorrere al fondo di rotazione istituito presso la CDP anche se la dotazione finanziaria è limitata (max 50 milioni). Si tratta di anticipazioni di liquidità a valere sul fondo sui costi degli interventi demolitori, in presenza di violazioni alla legalità di opere abusive realizzate. Nelle spese rientrano, oltre alle spese di demolizione, anche quelle giudiziarie, tecniche ed amministrative connesse all’intervento demolitorio. Le eventuali anticipazioni erogate non producono interessi per l’ente che se ne approvvigiona. La restituzione dell’anticipazione deve avvenire in un periodo massimo di cinque anni dall’erogazione, utilizzando le somme poste a carico degli esecutori degli abusi edilizi e, in mancanza del pagamento, l’ente può ricorrere alla riscossione mediante ruolo. Nel caso di esito infruttuoso del recupero l’ente dovrà restituire le somme ricevute alla CDP.
La contabilizzazione
Dopo aver stabilito la cornice di riferimento del fondo rotativo, il Collegio contabile ha precisato come, il peculiare meccanismo finanziario congegnato dal legislatore ha posto, da subito, il problema relativo all’inquadramento di dette anticipazioni tra gli strumenti di indebitamento, con il conseguente assoggettamento a tutti i relativi limiti, di natura qualitativa e quantitativa, posti dalla normativa. Oltre ai vincoli di natura costituzionale fissati dall’articolo 119, sesto comma, della Costituzione, vi è anche il rispetto delle condizioni fissate dagli artt. 202, 203 e (per i mutui) 204 del Tuel. In modo particolare l’art. 203 del Tuel fissa le condizioni di attivazione delle fonti di finanziamento derivanti dal ricorso all’indebitamento, che consistono “nell’avvenuta approvazione del rendiconto dell’esercizio del penultimo anno precedente quello in cui si intende deliberare il ricorso a forme di indebitamento nell’avvenuta deliberazione del bilancio di previsione nel quale sono iscritti i relativi stanziamenti”. Va, inoltre, rispettato il limite massimo della capacità di indebitamento previsto dal successivo art.204 del Tuel, secondo cui l’importo annuale degli interessi e degli oneri per mutui ed altri finanziamenti, oltre che per eventuali garanzie prestate, al netto di eventuali contributi statali e regionali, non deve superare, infatti, una determinata percentuale delle entrate correnti.
Se tale ne è la condizione, l’accesso al citato fondo sarebbe precluso non solo agli enti dissestati ma anche a quelli assoggettati alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale di cui all’art. 243-bis del Tuel, ai quali il ricorso all’indebitamento è consentito entro limiti molto ristretti, quali la necessità di copertura di debiti fuori bilancio riferiti a spese di investimento.
Il cambio di orientamento di Arconet
Il Collegio contabile ripercorre le decisioni della magistratura contabile consolidata nel ritenere che l’accesso al fondo di rotazione costituisce indebitamento per l’ente locale, tanto che le circolari della CDP escludono in modo assoluto il ricorso al fondo di rotazione da parte degli enti in dissesto e quelli in riequilibrio finanziario, per i quali permane “il dovere di reperire, nel bilancio, ove ciò sia possibile, mediante opportune rimodulazioni con tagli a carico delle spese non obbligatorie, le risorse necessarie per l’espletamento della relativa funzione” (così, Corte dei conti, Sezioni Riunite per la Regione Siciliana in sede consultiva, deliberazione n. 14/2013). Tuttavia, proprio da tale ultima deliberazione dei giudici contabili siciliani, è stato precisato che “l’accesso al Fondo di rotazione che qui ci occupa, realizza, come di tutta evidenza, un’operazione che comporta l’acquisizione di risorse aggiuntive, per effettuare spese per le quali non è già prevista idonea copertura di bilancio. Tale operazione, esente da corresponsione di interessi passivi ma gravata di una quota delle spese di gestione del Fondo, fa sorgere un’obbligazione debitoria a carico del Comune, suscettibile di esecuzione per compensazione da parte del Ministero dell’Interno, a carico di qualsiasi altro trasferimento a favore degli enti locali previsto dalla legge, che prescinde dall’effettivo recupero di tali somme, da parte dell’ente locale, in danno dei soggetti obbligati alla demolizione”.
Per la Commissione Arconet “le entrate erogate da un altro soggetto, pubblico o privato, a titolo di concessione di credito, che presentano l’obbligo di rimborso, anche in assenza di oneri finanziari, costituiscono, per il beneficiario, una accensione di prestiti e la spesa correlata è contabilizzata tra i rimborsi prestiti” (parere del 13 aprile 2016). La stessa Commissione, però, in un successivo parere (17 ottobre 2018), cambiando la precedente posizione, ha incentrato il ragionamento sulla destinazione delle risorse attinte dal fondo rotativo: ai fini della “individuazione della natura giuridica dell’operazione di utilizzo delle risorse del fondo di rotazione (…), l’elemento fondamentale di discernimento non è l’analisi della struttura finanziaria dell’atto di gestione, bensì la finalità dell’azione amministrativa”. In questo caso è stato sottolineato come “l’attività di demolizione delle opere abusive costituisca un’attività surrogatoria del Comune, che interviene in luogo del responsabile dell’abuso, che non ha ottemperato all’ordine di demolizione, agendo per conto ed in danno di questi, che è tenuto a rivalere l’ente. Si tratta di un’attività a tutela dell’ordine pubblico sotto il particolare profilo del corretto uso del territorio, che impone il rispetto dei diritti di proprietà pubblica e privata. Quindi siamo in presenza di un’attività necessitata, riconducibile alla generale funzione di vigilanza e di polizia dell’ente che, finanziariamente, è appropriato declinare, in tutte le sue componenti, nell’ambito delle spese di funzionamento e non in quello degli investimenti”. La Commissione, pertanto, ha concluso rilevando come la provvista di danaro, nei termini previsti con riferimento al fondo rotativo per opere abusive, non costituisce debito alla luce delle regole della contabilità pubblica, perché il suo utilizzo non realizza alcun investimento. In modo non diverso il ragionamento è identico in caso di mancata restituzione delle somme dall’obbligato fa propendere per la natura di risorse destinate a coprire spese correnti.
Da tali nuove indicazioni è stato modificato il principio contabile nel quale è ora stabilito che “l’impegno concernente il rimborso dell’anticipazione è imputato al medesimo esercizio in cui è imputato l’accertamento dell’entrata derivante dall’anticipazione stessa. Infatti, considerato che l’art. 1, comma 1 del Decreto MEF 23 luglio 2004 prevede che le somme erogate in anticipazione siano rimborsate dai Comuni alla CDP S.p.A. entro 60 giorni dall’effettiva riscossione delle somme a carico dei responsabili degli abusi, e in ogni caso, trascorsi cinque anni dalla data di concessione delle anticipazioni, l’obbligazione giuridica concernente il rimborso dell’anticipazione è esigibile nel medesimo esercizio in cui l’anticipazione è erogata. Conseguentemente, l’impegno di spesa riguardante il rimborso dell’anticipazione è imputato al medesimo esercizio dell’accertamento dell’entrata derivante dall’anticipazione. L’anticipazione erogata dalla CDP S.p.A, nel presupposto che sia stata già accertata l’entrata nei confronti degli autori degli abusi e impegnata la spesa per l’effettiva demolizione dell’opera abusiva, è registrata come segue:
- a) l’entrata derivante dall’anticipazione da parte della CDP S.p.A è accertata nel titolo VI delle entrate “Accensione di prestiti”;
- b) la spesa riguardante il rimborso dell’anticipazione alla CDP S.p.A. è impegnata nel titolo IV della spesa con imputazione al medesimo esercizio dell’accertamento di cui alla lettera a).
Considerato il rischio di non riscuotere il credito vantato nei confronti del responsabile dell’abuso, la massima attenzione deve essere dedicata alla quantificazione dell’accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità riguardante l’entrata accertata nei confronti degli abusi edilizi. Nel rispetto del principio della prudenza, l’entrata accertata nei confronti degli autori dell’abuso edilizio è accantonata in bilancio nel FCDE per un importo pari almeno al 20% destinata a confluire nel risultato di amministrazione. Nel bilancio degli esercizi successivi è accantonata nel FCDE una quota pari almeno al 20% del residuo attivo sino al momento della restituzione totale dell’anticipazione alla CDP”.
Il rinvio alla Sezione delle Autonomie
In ragione del contrasto tra la posizione della Corte dei conti e quella in via regolamentare assunta dalla Commissione Arconet, il Collegio contabile rimette la questione alla Sezione delle Autonomie, al fine di precisare se la concessione ai comuni di anticipazioni sui costi relativi agli interventi di demolizione delle opere abusive – rientri o meno tra le operazioni di indebitamento. Il quesito del Comune deve essere pertanto sospeso in attesa della decisione della nomofilachia contabile.
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