Il responsabile finanziario non può escludere dai residui attivi importi privi di giustificazioni, dovendo rispettare i criteri minimi previsti dai principi contabili, a meno che non vi sia certezza dell’incasso da evidenziare e motivare. Queste sono le indicazioni della Corte dei conti della Sicilia (deliberazione n.77/2022).
La verifica del FCDE
L’ente pur dichiarando di aver adottato nel periodo 2015-2018 il metodo semplificato, gli accantonamenti nel consuntivo di questi anni è risultato fortemente sottostimato. Il passaggio nell’anno 2019 ha fatto emergere un accantonamento importante ma sicuramente insufficiente a tutelare gli incassi complessivi dei residui attivi che presentano, nondimeno, un importo significativo, avendo l’ente calcolato una percentuale nell’ultimo anno non superiore al 31% dei residui e solo per quelli del Titolo I e III.
Nel periodo 2015-2018, l’organo di revisione contabile ha avuto modo di precisare che ‹‹l’Ente ha proceduto a determinare il FCDE in base a criteri soggettivi sganciati dalle regole introdotte dalla contabilità armonizzata›› e che, quanto al 2019, il Fondo non appare del tutto congruo.
A seguito dell’istruttoria l’ente locale ha precisato che seguito del riaccertamento straordinario dei residui, non è stato ritenuto di dovere procedere alla svalutazione di quelle entrate, accertate per cassa, relative a: a) sanzioni per violazioni del codice della strada; b) mense scolastiche; c) diritti di pubbliche affissioni. Diversamente, con riferimento ad altri tributi, la mancata o ridotta svalutazione è stata motivata da una ‹‹riscossione coattiva attenta e puntuale posta in essere dall’ufficio tributi››, come nel caso di: e) ICI; f) TARI; g) Acquedotto. Tali criteri sono stati utilizzati anche nell’anno 2019. Sempre in risposta ai rilievi del magistrato istruttore, l’organo di revisione contabile ha evidenziato che l’Ente, all’interno delle categorie in grado di dar luogo a crediti di dubbia e difficile esazione, ha selezionato unicamente le entrate da TARSU/TARI (Titolo I) e i proventi per servizi di acquedotto, fognatura e depurazione (Titolo III), segnalando che ‹‹[…] detta decisione nel parere al rendiconto 2019 è stata criticata in quanto ritenuta insufficiente ed è stato raccomandato di considerare altre voci aventi residui attivi di una certa consistenza››. In particolare – argomenta l’organo di revisione – l’Ente non ha tenuto in considerazione i residui attivi finali di alcune rilevanti voci, tra cui specialmente, l’ammontare dei residui attivi registrati a titolo di TASI e IMU (Titolo I).
I rilievi del Collegio contabile
Dal quadro delineato i giudici contabili hanno evidenziato che: a) l’Ente ha omesso di considerare, senza idonea motivazione, alcune categorie di entrate che registrano un significativo importo di residui attivi, tra cui, specialmente, l’ICI/IMU e la TASI; b) non sono supportate da adeguata documentazione le valutazioni effettuate dall’Ente circa i crediti di dubbia esigibilità che, diversi da quelli compresi nell’elencazione tipizzata dall’ordinamento, per i quali sussiste una presunzione di certezza della riscossione, sono stati esclusi dalla determinazione dell’accantonamento minimo obbligatorio (d.lgs. n. 118/2011, allegato n. 4/2, principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria, § 3.3 ed esempio n. 5); c) per le tipologie oggetto di effettiva svalutazione, è priva di giustificazione la scelta di un accantonamento inferiore all’importo minimo del fondo. Tale ultima situazione di fatto, in particolare, è idonea, in quanto tale, ad incidere sulla parte disponibile del risultato di amministrazione, determinando una situazione di disavanzo.
Pertanto, nelle considerazione finali il Collegio contabile ha accertato a sussistenza di elementi d’incertezza contabile sulla congruità del Fondo crediti di dubbia esigibilità.
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