In merito alla capacità di un ente locale di onorare tempestivamente i pagamenti afferenti le obbligazioni assunte dall’ente, è emerso l’errore in cui è incorso l’ente dove il calcolo è stato effettuato dalla data di registrazione del documento (fattura). A seguito di tale errore la Corte dei conti Emilia Romagna (deliberazione n. 13/2022) ha indicato la corretta rappresentazione di tale indicatore.
Il ritardo nei pagamenti
A fronte della pubblicazione del ritardo nei pagamenti ai propri fornitori di un ente locale soggetto a controllo, il magistrato istruttore ha chiesto chiarimenti anche a fronte della non adozione da parte dell’ente di misure organizzative atte a garantire il tempestivo pagamento delle somme dovute per
somministrazioni, forniture e appalti. L’ente locale ha precisato che, la mancata adozione di misure di rientro nei termini di pagamento, sono dovute agli affanni generali circa la mancanza di personale e in specifico dell’assenza del Responsabile Finanziario. Quest’ultimo è stato assunto alla fine dell’anno, e ha chiesto ai Settori la ricognizione delle fatture da pagare sollecitando il pagamento. Inoltre, da una verifica puntuale è stato segnalato, che l’indicatore corretto al 31/12/2020 è di 40 giorni di ritardo in quanto viene calcolato dalla data di registrazione del documento (fattura). Infine, l’Ente dichiara che la criticità è stata superata in quanto nell’ultimo trimestre al 30/09/2021 l’indicatore di tempestività dei pagamenti è pari a – 27 giorni.
Le indicazioni del Collegio contabile
Prima di evidenziare l’errore in cui è incorso l’ente locale, i magistrati contabili hanno precisato come, il d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, emanato in “Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”, reca disposizioni che si applicano ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo nelle transazioni commerciali concluse a decorrere dal 1° gennaio 2013. L’indicatore annuale della tempestività dei pagamenti, previsto dall’art. 33 del d.lgs. n. 33/2013, è stato parzialmente rivisitato dal legislatore attraverso alcune disposizioni del d.l. n. 66/2014 (art. 8, co. 1, e art. 41, co. 1). Il d.P.C.M. del 22 settembre 2014, all’art. 9, ne definisce poi le modalità di computo, precisando al comma 3, che l’indicatore di tempestività dei pagamenti “è calcolato come la somma, per ciascuna fattura emessa a titolo di corrispettivo di una transazione commerciale, dei giorni effettivi intercorrenti tra la data di scadenza della fattura o richiesta equivalente di pagamento e la data di pagamento ai fornitori moltiplicata per l’importo dovuto, rapportata alla somma degli importi pagati nel periodo di riferimento”.
Pertanto, non è la data di registrazione della fattura da cui scaturisce il tempo di pagamento, ma il ritardo deve essere calcolato dalla data della sua scadenza e quella in cui l’ente ne ha effettuato il pagamento.
Pertanto, il Collegio contabile ha invitato l’ente a verificare le modalità di calcolo del richiamato indicatore secondo le disposizioni vigenti (cfr. art. 33 del d.lgs. n. 33/2013 e art. 9 del d.P.C.M. del 22 settembre 2014), riservandosi di verificare il buon esito delle azioni intraprese in occasione dell’esame dei rendiconti degli esercizi successivi.
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