Professioni
Tra le nuove regole stop ai pagamenti in ritardo e garantiti i rimborsi spese
La legge che garantisce agli autonomi un compenso equo e proporzionato al lavoro cambierà i rapporti tra professionisti, Pa e grandi clienti. Non soltanto per l’obbligo di fissare importi allineati con i parametri di ogni categoria. Nelle convenzioni future occorrerà inserire (o eliminare) dieci nuove clausole che garantiranno, tra l’altro pagamenti più puntuali, rimborsi spese e possibilità di ottenere acconti.
Ma per la legge appena varata inizia ora un percorso per l’approvazione delle norme attuative: sono attesi entro 60 giorni i parametri che per la prima volta regoleranno le prestazioni dei professionisti non ordinistici.
Ma il lavoro di revisione non si fermerà ai parametri: negli accordi futuri vanno inserite (o eliminate) una serie di clausole previste dalla legge, tutte a garanzia del lavoro svolto dal professionista e di una sua equa remunerazione. Per porre fine ai comportamenti vessatori.
La revisione non riguarda le convenzioni cliente-professionista esistenti: la legge infatti varrà soltanto per quelle future. E questo desta qualche preoccupazione per il rischio di comportamenti opportunistici. «Abbiamo avuto sentore di qualche azienda che intende continuare a lasciare in vita le vecchie convenzioni, senza più procedere a rinnovi, dopo l’arrivo dell’equo compenso», ha dichiarato il neopresidente del Consiglio nazionale forense, Francesco Greco, alla presentazione del Rapporto sull’avvocatura di Cassa forense e Censis la scorsa settimana.
Anche se quindi varrà per il futuro la legge è però già chiara nello specificare che le clausole a cui conformarsi non sono solo nelle convenzioni ma «si applicano a ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo, purché vincolante per il professionista». Quindi anche, ad esempio, a lettere di incarico o contratti a valle della convenzione.
Certo il perimetro di applicazione dell’equo compenso resta limitato: varrà per tutte le pubbliche amministrazioni (ma non per società di cartolarizzazione o riscossione), per banche e assicurazioni e per le imprese che hanno in alternativa o più di 50 dipendenti o un fatturato annuo superiore ai dieci milioni. Secondo le prime stime si tratta di circa 27mila pubbliche amministrazioni e 51mila aziende private (si veda il Sole 24 ore del 3 aprile). Una platea che secondo molti dovrebbe essere al più presto allargata.
Vediamo nel dettaglio come devono essere riscritte le nuove convenzioni.
Le dieci clausole vietate
Sono nulle tutte le clausole che:
1 prevedono un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini; per i non ordinistici i parametri devono ancora essere fissati (in teoria la legge impone al ministero di farlo entro 60 giorni).
2 impongono l’anticipazione delle spese da parte del professionista o vietano al professionista di chiedere acconti;
3 lasciano al cliente la possibilità di modificare unilateralmente le condizioni del contratto;
4 danno al cliente la facoltà di rifiutare la stipula scritta degli elementi essenziali del contratto;
5 permettono al cliente di pretendere dal professionista incaricato prestazioni aggiuntive gratis;
6 prevedono per il professionista la rinuncia al rimborso spese;
7 nei rinnovi prevedono la possibilità di applicare l’equo compenso anche agli incarichi pendenti se questo comporta una parcella minore;
8 condizionano il pagamento di assistenza e consulenza in materia contrattuale alla firma del contratto;
9 prevedono termini di pagamento superiori a 60 giorni dalla fattura o dalla richiesta di pagamento;
10 obbligano il professionista a pagare a clienti o a terzi compensi, corrispettivi o rimborsi per l’uso di software, banche dati, gestionali, servizi di assistenza tecnica o di formazione e, più in generale, di qualsiasi altro bene o servizio richiesto dal cliente.
Per gli avvocati c’è poi un divieto in più che vieta clausole che, in caso di liquidazione delle spese di lite in favore del cliente, riconoscano all’avvocato solo un minore importo previsto nella convenzione.
Le conseguenze
Se negli accordi è inserita una di queste clausole vietate, questa e solo questa sarà nulla in modo automatico, d’ufficio. Il resto del patto resta in vigore. Questo per evitare l’effetto controproducente di perdere del tutto l’incarico. È più complessa la procedura in caso di compenso inferiore a quello previsto dai parametri. In questo caso deve essere il professionista ad attivarsi ricorrendo al giudice. Quest’ultimo potrà richiedere un parere di congruità dell’Ordine sui compensi pattuiti. La strada del parere di congruità dell’Ordine può essere percorsa anche dal professionista in modo autonomo. Se il debitore non si oppone vale come titolo esecutivo immediato. Altrimenti il debitore ha 40 giorni di tempo per proporre un giudizio di opposizione.
Da notare che il professionista che ha accettato compensi inferiori ai parametri o comunque non equi rischia la sanzione disciplinare dell’Ordine. Sanzione che non è applicabile per gli autonomi che non hanno un Ordine.
* Articolo integrale pubblicato sul Ilsole24ore del 17 aprile 2023.
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