Legittima l’ordinanza di ingiunzione per il recupero dell’incentivo non dovuto al dipendente

20 Gennaio 2020
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Il caso riguarda la legittimità di emissione dell’ordinanza ingiunzione per il recupero dell’incentivo sulla progettazione non dovuto al dipendente pubblico. La Corte di Cassazione (sentenza n.34552/2019) ha precisato come l’ingiunzione di cui all’art. 2 del R.D. 14 aprile 1910 n. 639 è sufficientemente motivata se contiene gli elementi necessari per porre l’ingiunto in grado di conoscere la somma richiesta e la relativa causale, e per consentirgli così di opporre adeguate contestazioni.

La vicenda

Una dipendente aveva ricevuto una quota parte dell’incentivo sulla progettazione non perché facente parte di una delle categorie indicate dal legislatore in quanto direttamente interessate o coinvolte nella progettazione, ma perché definita “collaboratore del responsabile della programmazione”. Quest’ultima rientrava piuttosto nelle attività di carattere politico-amministrativo rispetto a quella tecnico-professionale prefigurata dalla previsione legislativa. L’ente, pertanto, al fine del recupero delle somme indebitamente corrisposte, emetteva specifica ordinanza ingiunzione, ai sensi del R.D. n. 639 del 1910, che il dipendente opponeva in giudizio. A differenza del Tribunale di primo grado la Corte di appello riconosceva come non dovute le somme attribuite e legittimo il recupero da parte dell’ente attraverso l’istituto della ordinanza ingiunzione. Si ricorda come l’ordinanza ingiunzione, secondo il giudice di legittimità (tra le tante Cass., 26 ottobre 1991, n. 11421) è considerata dalla legge 24 novembre 1981 n. 689 (e dalle altre disposizioni normative che in precedenza erano state emanate nella materia) come un titolo paragiudiziale, in tutto e per tutto assimilabile, quanto alla natura e agli effetti, al decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo”. In questo caso l’opposizione da parte del dipendente avrebbe dovuto avvenire ex art. 615 c.p.c. ed il giudice compente è quello ordinario per materia (giudice del lavoro).

Avverso la sentenza della Corte territoriale ricorre il lavoratore evidenziando come il giudice di appello non abbia tenuto conto che anche le attività di programmazione rientrino nei benefici previsti per gli incentivi alla progettazione. SI tratterebbe, infatti, di un beneficio volto ad incentivare tutto il personale cui l’amministrazione di appartenenza abbia attribuito compiti o funzioni finalizzati o comunque serventi alle attività di progettazione, e più in generale di realizzazione dell’opera pubblica. D’altra parte la dipendente ha ricevuto il compenso in ragione dello svolgimento di attività tecnico-professionali quale collaboratore del responsabile della programmazione, e che quindi la sua attività aveva contribuito alla progettazione delle opere e dei lavori. Infine, la lavoratrice contesta le statuizione della Corte di appello che ha ritenuto utilizzabile ai fini del recupero delle somme contestate la procedura prevista dal R.D. n. 639 del 1910, mentre a dire della dipendente la stessa può trovare applicazione solo per la riscossione coattiva di proventi diversi rispetto a quelli vantati dal lavoratore.

Le indicazioni della Cassazione

In merito alla erogazione degli incentivi alla progettazione, evidenzia il giudice di legittimità come può essere attribuito l’incentivo solo se previsto dalla contrattazione collettiva decentrata e sia stato adottato l’atto regolamentare dell’amministrazione aggiudicatrice, volto alla precisazione dei criteri di dettaglio per la ripartizione delle risorse finanziarie confluite nell’apposito “fondo interno”, e solo ove l’attività di progettazione sia arrivata in una fase avanzata, per essere intervenuta l’approvazione di un progetto esecutivo dell’opera da realizzare. Trattasi di incentivi posti al di fuori del principio di onnicomprensività della retribuzione dei dipendenti pubblici e come tale di stretta interpretazione. Pertanto, tale beneficio non può essere esteso anche ad attività che il legislatore non ha inteso espressamente includere fra quelle meritevoli di incentivazione. Il recupero delle somme attribuite in modo indebito alla dipendente è da considerarsi, pertanto, legittimo.

Anche il motivo riferito alla impossibilità di poter emettere l’ordinanza ingiunzione per il recupero del credito indebitamente attribuito al dipendente, non è fondato. Infatti, il giudice di legittimità, il cui orientamento va confermato, ha già avuto modo di precisare come l’azione di ripetizione d’indebito oggettivo, ove esperita dall’Amministrazione, può essere esercitata con il procedimento d’ingiunzione di cui all’art. 2 del r.d. 14 aprile 1910 n. 639, applicabile non solo alle entrate strettamente di diritto pubblico, ma anche per quelle di diritto privato, senza che occorra la preventiva adozione di un autonomo provvedimento che accerti e quantifichi il debito restitutorio (Cass., n. 13139 del 2006).

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