Le modalità di recupero delle varie tipologie di disavanzo e la sanzione in caso di inottemperanza

Il mancato recupero da parte dell’ente locale del disavanzo, sia quello da riaccertamento straordinario che ordinario, ha imposto alla Corte dei conti la corretta procedura delle modalità di recupero.

16 Settembre 2020
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Il mancato recupero da parte dell’ente locale del disavanzo, sia quello da riaccertamento straordinario sia quello ordinario, ha imposto alla Corte dei conti della Sicilia (deliberazione n.112/2020) la corretta procedura delle modalità di recupero delle varie tipologie di disavanzo.

Il recupero dei disavanzi

In sede di controllo dei conti di un comune è stato accertato, dai giudici contabili siciliani, come l’Ente non ha recuperato nessun disavanzo nei precedenti rendiconti di gestione presentando gli stessi evidenti disavanzi di amministrazione, che non hanno consentito il recupero del disavanzo da riaccertamento straordinario e neanche quello ordinario.

Al fine di avere contezza dell’importanza del recupero del disavanzo da parte di un ente locale, il Collegio contabile siciliano richiama a ricostruzione delle modalità di recupero delle varie tipologie di disavanzo fornita dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti nella decisione n. 1/2019. Nel citato provvedimento, il giudice contabile ha chiarito che “il disavanzo di amministrazione esprime un deficit di risorse disponibili rispetto alla spesa contratta, che l’Ente è obbligato a colmare, scrivendo il relativo importo come prima voce della spesa nel bilancio dell’esercizio successivo”. Precisando successivamente che “in altre parole, il disavanzo, certificando la mancanza di risorse a copertura delle passività registrate in bilancio, può assimilarsi ad un debito che l’Ente ha verso sé stesso, causato dall’aver sostenuto spese maggiori rispetto alle entrate. Per riportare la gestione in equilibrio, l’Ente deve eliminare questa passività, reperendo risorse reali ed effettive”.

In ordine al cosiddetto disavanzo “ordinario”, l’ordinamento contabile degli enti locali prevede che: “L’eventuale disavanzo di amministrazione, accertato ai sensi dell’articolo 186, è immediatamente applicato all’esercizio in corso di gestione contestualmente alla delibera di approvazione del rendiconto. La mancata adozione della delibera che applica il disavanzo al bilancio in corso di gestione è equiparata a tutti gli effetti alla mancata approvazione del rendiconto di gestione. Il disavanzo di amministrazione può anche essere ripiana to negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della consiliatura, contestualmente all’adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di rientro dal disavanzo nel quale siano individuati i provvedimenti necessari a ripristinare il pareggio” (art. 188, comma 1, T.U.E.L.). Secondo i principi contabili, l’Ente è tenuto ad applicare il disavanzo di amministrazione in parte spesa in sede di predisposizione e approvazione del bilancio di previsione, in quanto tale disavanzo deve essere recuperato nell’esercizio, come espressamente disposto dall’art. 187, comma 1, del TUEL, in base al quale: “Nel caso in cui il risultato di amministrazione non sia sufficiente a comprendere le quote vincolate, destinate e accantonate, l’ente è in disavanzo di amministrazione. Tale disavanzo è iscritto come posta a se stante nel primo esercizio del bilancio di previsione secondo le modalità previste dall’art. 188”.

Come evidenziato dalla giurisprudenza contabile “l’applicazione del disavanzo al bilancio di previsione costituisce la necessaria attività di compressione della spesa, preparatoria al ripiano, che può dirsi avvenuto soltanto quando nel rendiconto si accerta un risultato di amministrazione migliore di quello del precedente esercizio in seguito all’effettiva riduzione della spesa sostenuta rispetto alle risorse disponibili. In altre parole, il disavanzo si ripiana (o si riduce nei vasi previsti di ripiano pluriennale), se nel consuntivo relativo all’esercizio al quale è stato applicato come prima voce della spesa, si accerta un miglioramento del risultato d’amministrazione” (S.R. n. 1/2019 citata).

Evidenti deroghe a tali modalità per così dire ordinarie di ripiano del disavanzo sono dettate dall’ordinamento per il disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui, il quale può essere coperto in un più vantaggioso periodo trentennale, in virtù del D.M. 2 aprile 2015, emanato in attuazione dell’art. 3, comma 15, del d. lgs. n. 118/2011.

La Sezione Autonomie ha chiarito che “per ciascuna componente del disavanzo, il paragrafo 9.11.7 del principio contabile 4/1, introdotto dal su richiamato D.M. 4 agosto 2016, prevede che la nota integrativa al bilancio debba indicare le relative modalità di ripiano secondo le rispettive discipline, mentre la relazione sulla gestione al rendiconto deve analizzare le quote di disavanzo effettivamente ripianate nel corso dell’esercizio. Tale necessaria distinzione delle forme di disavanzo trova, quindi, evidente fondamento nei principi di trasparenza, veridicità, correttezza e comprensibilità dei bilanci e richiede di conseguenza, a carico degli Enti territoriali, l’obbligo di rispettare differenti modalità di ripiano, così come previste dal legislatore” (deliberazione n. 28/2017).

La sanzione

Alla luce della ricostruzione in fatto e in diritto della situazione di disavanzo in cui versa il Comune e della incapacità dello stesso a porre rimedio a tale situazione di grave squilibrio, la Sezione accerta la permanenza delle condizioni che giustificano, ai sensi dell’art. 188, comma 1 quater, del TUEL, il divieto di assumere impegni e pagare spese per servizi non espressamente previsti per legge. L’Organo di revisione è onerato della verifica del rispetto della prescrizione accertata dal Collegio con la presente pronuncia.

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