La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto non soggette a tassazione le indennità percepite dal lavoratore per aver la PA violato le disposizioni previste dal d.lgs.165/01 sui contratti a termine, del medesimo avviso anche la Corte di Cassazione (ordinanza n.19715/2019) che ha successivamente respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, precisando che dette indennità, liquidate dal giudice del lavoro, devono essere qualificate come risarcimento disposto per perdita di chance per aver privato il dipendente della possibilità di sviluppi e progressioni nella sua attività professionale e come tali non soggette a tassazione.
La vicenda
Dopo che la Commissione Tributaria provinciale aveva respinto le doglianze del dipendente di vedersi restituire gli importi IRPEF versati dalla PA per violazione della normativa sui contratti a termine, la Commissione Tributaria Provinciale ha invece accolto il ricorso del dipendente considerando dette indennità un risarcimento previsto dalla legislazione in presenza di reiterati contratti di lavoro a tempo determinato in successione fra di loro per coprire esigenze lavorative non transitorie.
Avverso al decisione del Tribunale di secondo grado l’Agenzia delle Entrate ricorre in Cassazione evidenziando l’errore dei giudici tributari di secondo grado di non aver considerato che dette indennità hanno pur sempre causa o che comunque traevano origine dal rapporto di lavoro e come tali erano soggette a tassazione. In altri termini, avrebbe dovuto il contribuente dimostrare che detta indennità riferisse a voci di risarcimento c.d. “puro”, siccome riconducibili a danni alla persona od alla personalità, ovvero rientrassero nell’ambito del danno non patrimoniale, mentre nel caso di specie il giudice del lavoro aveva avuto l’intento di riconoscere al contribuente un risarcimento del danno da mancato guadagno, derivante dalla mancata stipula di un contratto a tempo indeterminato e dalla conseguente perdita del lavoro e della retribuzione.
La conferma del giudice di legittimità
Secondo la Cassazione per negare l’assoggettabilità ad IRPEF di una erogazione economica effettuata a favore del prestatore di lavoro da parte del datore di lavoro, è necessario accertare che la stessa non trovi la sua causa nel rapporto di lavoro e, qualora ciò non venga positivamente escluso, che detta erogazione, in
base ad un’approfondita disanima della concreta volontà manifestata dalle parti, non trovi la fonte della sua obbligatorietà in redditi sostituiti, ovvero nel risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi futuri, cioè successivi alla cessazione od interruzione del rapporto di lavoro.
Nel caso di specie, precisa la Cassazione, è stato rilevato che l’indennità corrisposta al contribuente fosse inquadrabile nell’ambito dell’art. 36 comma 5 del d.lgs. n. 165 del 2001 e, stante il divieto nel pubblico impiego di trasformare un contratto di lavoro a tempo determinato in contratto di lavoro a tempo indeterminato, configurasse un danno da perdita di chance, in quanto il lavoratore che aveva più volte subìto un’illegittima apposizione di termini al suo rapporto di lavoro, con la stipula di reiterati contratti a termine, era rimasto ingiustamente confinato in una situazione d’incertezza e di precarietà, si che il risarcimento da lui ottenuto era da qualificare come derivante da perdita di chance.
Pertanto, trattandosi di risarcimento l’erogazione delle indennità ricevute non sono soggette a tassazione.
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