Le disposizioni legislative, per gli enti in riequilibrio finanziario, vietano di contrarre nuovi mutui per investimenti, al fine di non appesantire gli enti in criticità finanziaria di ulteriori spese fisse, salvo specifiche e tassative ipotesi di deroga qualora, la rata del mutuo, sia più che compensata da un risparmio di spese prospettiche sia correnti che in conto capitale. La Corte dei conti per la Puglia (deliberazione n.74/2021) ne indica le condizioni e i presupposti.
La domanda del Sindaco
Il Sindaco di un ente in riequilibrio finanziario ha chiesto ai magistrati contabili di controllo se fosse possibile contrarre un mutuo per coprire la spesa di investimento relativa a un progetto di messa in sicurezza e riqualificazione di un bene del patrimonio comunale, atteso che la mancata realizzazione degli interventi comporterebbe nel tempo il sostenimento di spese di manutenzione ordinaria e straordinaria tali da gravare in maniera sensibile sugli equilibri di parte corrente e di parte capitale, rendendo di fatto più difficile il conseguimento degli obiettivi di riequilibrio.
Le disposizioni legislative
L’art.243-bis del Tuel prevede al comma 9 bis la possibilità per gli enti in riequilibrio finanziario pluriennale di poter contrarre un mutuo ma a specifiche condizioni precisando che “… i comuni che fanno ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dal presente articolo possono contrarre mutui, oltre i limiti di cui al comma 1 dell’articolo 204, necessari alla copertura di spese di investimento relative a progetti e interventi che garantiscano l’ottenimento di risparmi di gestione funzionali al raggiungimento degli obiettivi fissati nel piano di riequilibrio finanziario pluriennale, per un importo non superiore alle quote di capitale dei mutui e dei prestiti obbligazionari precedentemente contratti ed emessi, rimborsate nell’esercizio precedente […]».
Le indicazioni del Collegio contabile
Ricordano i giudici contabili come il piano di riequilibrio finanziario sia uno tra gli strumenti straordinari previsti dal legislatore nei confronti di enti locali in sofferenza finanziaria e ha lo scopo di verificare ed individuare la possibilità di un percorso alternativo alla più risalente procedura di dissesto, con la quale, quella di riequilibrio pluriennale, condivide uno dei presupposti e si pone in rapporto di causa ed effetto. Infatti, la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale:
– ha come presupposti la sussistenza di «squilibri strutturali in grado di provocare il dissesto finanziario» e l’insufficienza delle misure ordinarie di cui agli artt. 193 (deliberazione di salvaguardia degli equilibri di bilancio) e 194 (riconoscimento di legittimità dei debiti fuori bilancio) TUEL per il superamento delle condizioni di squilibrio rilevate;
– è imperniata su un piano – adottato dall’amministrazione locale e approvato dalla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti territorialmente competente – proiettato su un orizzonte temporale di medio-lungo termine (la durata è attualmente compresa fra quattro e venti anni) alla cui puntuale e tempestiva attuazione è affidato il risanamento dell’ente.
Tra le varie opportunità offerte dalla procedura vi è anche quella di poter accedere ad un fondo di rotazione, ossia una provvista finanziaria erogata dal Ministero dell’Interno la cui restituzione avverrà in quote costanti per tutta la durata del piano approvato dalla Corte dei conti. L’accesso a tal fondo finanziario, tuttavia, comporta una serie di limitazioni, tra le quali anche quella del blocco dell’indebitamento, fatto salvo quanto previsto dal primo periodo del comma 8, lettera g), per i soli mutui connessi alla copertura di debiti fuori bilancio pregressi. In tale ambito il comma 9-bis citato ha consentito in ristretti e limitati ambiti il ricorso ad un possibile indebitamento per investimenti qualora gli obiettivi di risparmio dovessero essere maggiori delle quote capitali versate in restituzioni negli anni del mutuo contratto. In particolare la deroga, a dire dei giudici contabili, è condizionata:
- Al finanziamento di spese di investimento relative a «progetti e interventi che garantiscano l’ottenimento di risparmi di gestione funzionali al raggiungimento degli obiettivi fissati nel piano di riequilibrio finanziario pluriennale»;
- possono essere accesi per un importo non superiore alle quote di capitale dei mutui e dei prestiti obbligazionari precedentemente contratti ed emessi, rimborsate nell’esercizio precedente.
In merito al termine di risparmi di gestione la sua corretta declinazione, secondo il Collegio contabile, è quella che si deve trattare di risparmi relativi a spese correnti e in conto capitale, non contemplando la disposizione alcun distinguo ed essendo semmai auspicabile una contrazione della prima tipologia di uscite. Inoltre, essi possono riguardante tanto quelli originariamente contemplati dal piano quanto quelli che, nel corso della procedura, l’ente possa realizzare ai fini del suo risanamento finanziario. Si tratta, in ogni caso, di dimostrare – sulla base di documentate analisi proiettate lungo la durata della procedura – non solo l’effettività dei risparmi ottenibili ma anche la loro idoneità al conseguimento degli obiettivi del piano. Se ciò non fosse vero, precisa il Collegio contabile, si avrebbe un aggravamento della situazione debitoria dell’ente, che a sua volta rischierebbe di minare la sostenibilità del piano stesso.
In conclusione, qualora si realizzino le citate ipotesi, ossia di risparmi di gestione effettivi e funzionali al conseguimento degli obiettivi del piano, allora l’investimento indicato dal Sindaco potrà essere realizzato.
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