L’ARAN spiega le conseguenze per un dipendente pubblico che si rifiuti di utilizzare il proprio badge

9 Febbraio 2022
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L’ARAN con proprio orientamento applicativo del 8 febbraio 2022 (CFC56a), pur se rivolto ad una Amministrazione centrale è perfettamente sovrapponibile a quella delle Funzioni Locali, risponde alla domanda posta da un ente sulle conseguenze cui andrebbe incontro un dipendente che si rifiuti di timbrare la propria presente in ufficio, sia in entrata che in uscita, mediante il sistema di rilevazione delle presenze.

Le disposizioni contrattuali

Modificando le disposizioni contrattuali annunciate dal contratto collettivo delle Funzioni Centrali, è possibile evidenziare come l’art.59, comma 4 lett. c) del CCNL delle Funzioni Locali preveda una sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a un massimo di 10 giorni nel caso in cui “ove non ricorra la fattispecie prevista dall’articolo55-quater, comma 1, lett.b) del D.Lgs. n. 165/2001, assenza ingiustificata dal servizio o arbitrario abbandono dello stesso; in tali ipotesi, l’entità della sanzione è determinata in relazione alla durata dell’assenza o dell’abbandono del servizio, al disservizio determinatosi, alla gravità della violazione dei doveri del dipendente, agli eventuali danni causati all’amministrazione, agli utenti o ai terzi”. Tale disposizione deve essere coordinata secondo l’Agenzia con l’art.22, comma 8 del medesimo contratto secondo cui “L’osservanza dell’orario di lavoro da parte dei dipendenti è accertata mediante controlli di tipo automatico”.

Pertanto, dalle disposizioni contrattuali emerge che il comportamento del lavoratore è sanzionabile disciplinarmente.

I principi di diritto

Fermo restando la violazione del codice disciplinare del dipendente, i tecnici dell’Agenzia si soffermano su alcune indicazioni del giudice di legittimità precisando quanto segue:

  • i controlli delle presenze dei dipendenti effettuati tramite sistemi automatici marcatempo sono legittimi e non vìolano lo Statuto dei Lavoratori – Legge n. 300/1970, che com’è noto si applica anche ai pubblici dipendenti– poiché hanno lo scopo non già di verificare l’esatto adempimento delle obbligazioni direttamente scaturenti dal rapporto di lavoro, ma a tutelare i beni del patrimonio aziendale ovvero ad impedire la perpetrazione di comportamenti illeciti (tra le tante, Cass. civ. Sez. lavoro, 21/08/2018, n. 20879);
  • tutti i dipendenti sono tenuti all’obbligo di registrazione delle ore di entrata e di uscita dal luogo di lavoro, mediante la timbratura di un cartellino personale cd. “badge” (cfr. Cons. Stato Sez. VI Sent., 18/04/2007, n. 1763 sui segretari comunali ma, argumentum a simili, estensibile a tutti i dipendenti).

Le conclusioni

Le indicazioni della Cassazione nel caso di specie si traducono del potere da parte del datore di lavoro di poter controllare le presenze giornaliere del proprio personale. Pertanto, nel caso in cui il dipendente dovesse rifiutarsi di osservare il legittimo ordinamento interno, consistente nella timbratura del cartellino personale ai fini della rilevazione della presenza, concretizza un’ipotesi di violazione disciplinare, il cui rigore deve essere valutato alla luce della gravità del comportamento posto in essere dal dipendente (esempio, la reiterazione nel tempo, la recidiva, e quant’altro) secondo sempre le indicazioni del giudice di legittimità (tra le tante, Cass. civ., 09/10/1984, n. 5047).

Inoltre, il lavoratore incorrerebbe anche nella violazione dei principi generali sanciti dal codice di comportamento dei dipendenti pubblici di cui all’art.3 del D.P.R. n. 62/2013 secondo cui “Il dipendente osserva la Costituzione, servendo la Nazione con disciplina ed onore e conformando la propria condotta ai principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa. Il dipendente svolge i propri compiti  nel rispetto della legge, perseguendo l’interesse pubblico senza abusare della posizione o  dei poteri di cui è titolare”.

prontuario per lufficio ragioneria QUECCHIA

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