L’applicazione del piano nazionale di ripresa e resilienza (pnrr): “ricordiamoci della competitività dei territori e della programmazione 2022 – 2024”

Marco Castellani e di Antonio Fomentini e

Il PNRR è dai più considerato lo strumento che può attivare un nuovo rinascimento italiano, potrebbe essere definito il Documento Unico di Programmazione, “DUP”, dell’Italia, il cui obiettivo cardine è l’incremento dei livelli di competitività del Paese e dei suoi territori.
Il dibattitto degli operatori, sull’applicazione del Piano, appare incentrato essenzialmente sui criteri di ripartizione dei fondi connessi al “Next Generation EU” , sulle modalità di rendicontazione dei fondi e del rispettivo utilizzo, nonché sulla rendicontazione delle inerenti operazioni di gestione.
Sembrerebbe così del tutto marginale una problematica solo formalmente scontata: l’integrazione della programmazione degli Enti locali, già in vista dell’imminente approvazione, fissata al 31 luglio ai sensi dell’art.170 del TUEL, del “DUP” 2022 – 2024 con l’obiettivo cardine del PNRR.

Si ritiene, invece, che questo tema sia di fondamentale importanza affinché gli Enti locali assumano un ruolo proattivo nell’applicazione del PNRR e, in definitiva ai fini del successo del Piano.
Ciò in termini di “correzione” delle traiettorie competitive (dei livelli di produttività del lavoro e, di occupazione) che distinguono, ad oggi, i molteplici sistemi territoriali del nostro Paese.

La correzione delle traiettorie competitive del “sistema Italia”, definito, spesso, al riguardo il “malato d’Europa”, pur essendo la seconda economia manifatturiera del vecchio Continente, è da considerarsi una priorità del più generale “disegno” di rilancio economico e politico dell’Unione Europea.
Non a caso il 13 luglio scorso, ad esito del benestare da parte della Commissione Europea, il Consiglio dei ministri economici e finanziari dell’Unione Europea (ECOFIN), ha approvato definitivamente, senza alcuna riserva, i 12 piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR), incluso quello predisposto dal governo Draghi . A dimostrazione della centralità dell’Italia, si evidenzia che nel novero dei 390 miliardi di euro resi disponibili dall’U.E., quasi la metà (esattamente 191,5 miliardi di euro) sarà erogata a favore del nostro Paese.
Al termine dell’ECOFIN, inoltre, i Ministri, a mezzo comunicato stampa, dichiarano che “Tutti i 12 Stati membri hanno chiesto un prefinanziamento dei fondi loro assegnati. Le decisioni adottate oggi dal Consiglio costituiscono l’ultima tappa prima che gli Stati membri possano concludere convenzioni di sovvenzione e accordi di prestito con la Commissione e iniziare a ricevere fondi per attuare i rispettivi piani nazionali”.
In seguito alla storica decisione dell’ECOFIN, allora, il nostro Paese riceverà un prefinanziamento dei fondi previsti, successivamente dovrà procedere con convenzioni di sovvenzione e accordi di prestito con la Commissione Europea, per ricevere le ulteriori somme restanti.
Il prefinanziamento di 25 miliardi di euro (pari al 13% del totale) dovrebbe essere erogato a favore del nostro Paese tra la fine di luglio e l’inizio di agosto. Non saranno però destinati a opere specifiche.

L’Unione Europea, quindi, ha posto tutte le condizioni necessarie per l’avvio del nuovo rinascimento accennato poc’anzi. La “palla”, nel linguaggio calcistico, in voga di questi tempi, passa ora allo Stato italiano e, alle sue articolazioni territoriali che ai fini dell’applicazione del PNRR dovranno mobilitare le capacità organizzative (soprattutto in termini di ottimizzazione delle risorse umane) e, lo spirito di squadra che hanno assicurato alla nostra Nazionale di calcio la recente conquista della vetta d’Europa.

A proposito di rinascimento e, di apparenti ovvietà, il titolo dell’articolo trae spunto dal famoso film “Non ci resta che piangere”, interpretato da Roberto Benigni e Massimo Troisi.
In una scena del film, Girolamo Savonarola, rivolgendosi a Massimo Troisi, avverte: “Ricordati che devi Morire”; risposta di Massimo Troisi: “Si, si, mo’ me lo segno, non vi preoccupate”.

Non intendiamo in alcun modo rivestire i panni dei “Savonarola” di turno, anche in considerazione di rischi annessi e connessi, vogliamo, comunque, ricordare che il PNRR può essere definito come un insieme di obiettivi organizzati gerarchicamente secondo una logica che si sviluppa dal generale al particolare. L’obiettivo generale, del PNRR, che assicura la coerenza della struttura (articolata in tre assi strategici; 6 missioni;16 componenti; 48 linee di intervento), si identifica, come già detto, nell’incremento degli attuali livelli di competitività del nostro Paese e dei rispettivi territori.
Tali obiettivi, sono le premesse di un sistema di decisioni pubbliche d’investimento, che dovranno assumere i soggetti deputati, in primis gli Enti locali, all’attuazione dello stesso PNRR, grazie al soddisfacimento, si spera, del requisito della riflessione pubblica e delle condizioni di imparzialità.
In sintesi, l’obiettivo cardine del Piano, consolidare gli attuali livelli di competitività dei territori, è la “Stella Polare” di un processo decisionale teso all’ottima allocazione degli investimenti pubblici.
Il PNRR offre implicitamente una definizione di competitività, la quale può esprimersi nell’esigenza di sviluppare le azioni di politica economica a partire da tre assi strategici:
1) La digitalizzazione e l’innovazione;
2) La transizione ecologica;
3) L’inclusione sociale.
Siffatte politiche dovrebbero consentire di realizzare le attività economiche con più elevati livelli di produttività e, occupazione, nonché con maggiore capacità di differenziazione.
L’esplicitazione della nozione di competitività permette di affrontare, almeno, tre questioni (che, come già detto, sembrano trascurate dal dibattito pubblico) sottostanti all’elaborazione del processo di decisioni pubbliche d’investimento e, da cui dipende, l’esito del Piano stesso:
“Dove siamo oggi?” Per rispondere a questa domanda, è fondamentale ideare un coerente set di indicatori attorno al concetto di competitività; che illustri chiaramente le relazioni di causa ed effetto tra le variabili socioeconomiche.
Si tratta di una “tappa” essenziale per formulare un sistema di decisioni pubbliche “calato” nel contesto socioeconomico di riferimento;
Cosa vogliamo fare e, soprattutto come decidere? Giacché si tratta di decisioni pubbliche che incidono sul futuro dei cittadini, gli Enti locali, essendo i soggetti più vicini a questi ultimi, dovrebbero promuovere la riflessione pubblica, attraverso il coinvolgimento dei medesimi cittadini, sul tema degli assi strategici da cui dipende la competitività e, più in generale lo sviluppo del territorio di riferimento;
Come stiamo andando? In base al sistema di indicatori illustrati al punto 1, occorrerebbe monitorare costantemente gli effetti, sui rispettivi sistemi socioeconomici, delle decisioni pubbliche allo scopo di assicurare l’efficiente allocazione dei rispettivi investimenti.
Dove siamo oggi? La costruzione di un coerente set di indicatori

A supporto delle decisioni pubbliche, è necessario elaborare un sistema di indicatori teso ad offrire informazioni preliminari circa lo “stato di salute” del sistema socioeconomico di riferimento – in ordine all’obiettivo generale del PNRR – funzionale, anche, al monitoraggio dei risultati conseguiti.
I relativi indicatori possono essere elaborati grazie ad una semplice formalizzazione della nozione di competitività poc’anzi estratta dal PNRR. Quest’ultima, si riflette nel PIL pro-capite, che a sua volta è scomponibile nelle due seguenti determinanti:

Y/P (PIL pro-capite)=Y/L (Produttività del lavoro) X L/P (Tasso di occupazione)

In base a questa semplice identità il PIL pro-capite, dipende dalla produttività del lavoro e dal tasso di occupazione. Nella miriade di fattori da cui dipende, a sua volta, la produttività del lavoro, il PNRR individua sei “missioni” strettamente interdipendenti:
Digitalizzazione, innovazione, cultura;
Rivoluzione verde e transizione ecologica;
Infrastrutture per una mobilità sostenibile;
Istruzione e ricerca;
Inclusione e coesione;
Salute.

Ai fini dell’elaborazione dei rispettivi indicatori è possibile avvalersi dei dati macroeconomici e, non solo, disaggregati territorialmente; prevalentemente di fonte ISTAT e, reperibili al seguente indirizzo web: http://dati.istat.it/.
Grazie ai dati di fonte ISTAT e, all’equazione 1) vogliamo offrire un’illustrazione esemplificativa del posizionamento competitivo delle regioni italiane posto uguale a 100 il valore dei corrispondenti indicatori inerenti alla media italiana, grafico 1. Tale descrizione, anche declinata per contesti territoriali più ridotti, può rappresentare l’inquadramento generale della “Sezione strategica” del DUP volta ad accogliere, ai sensi del principio contabile 4/1 allegato al D.Lgs 118/2011, l’analisi della situazione socioeconomica del territorio di riferimento.

VEDI LE TABELLE GRAFICHE

Il grafico 1 mostra chiaramente il persistere del carattere dualistico del sistema economico italiano, aspetto di cui si dovrà necessariamente tenere conto in sede di applicazione del PNRR.

Si consideri, infatti, che la totalità delle regioni dell’Italia del Nord, si connota per un livello di PIL pro – capite e, della Produttività del lavoro ampiamente superiore alla media italiana, grafico 1.
In siffatto contesto, si distingue il Trentino-Alto Adige. Il numero indice relativo al PIL pro – capite dell’omonima Regione (costruito ponendo uguale a 100 il valore assunto dall’analogo indicatore relativo alla media italiana) assume, infatti, un valore pari a circa 146; segnalando che il PIL pro – capite del Trentino-Alto Adige è superiore di ben il 46% rispetto alla media italiana.

La brillante performance della Regione in esame si spiega ricordando l’equazione 1). Il Trentino – Alto Adige, infatti, si caratterizza per un numero indice della Produttività del lavoro e, del Tasso di occupazione nettamente superiori alla media italiana (rispettivamente 114 e, 123) che determinano un valore del PIL pro – capite regionale altrettanto superiore rispetto alla media del Paese.
All’estremo opposto, si colloca la Calabria che mostra un numero indice relativo al PIL pro – capite, pari a 58,6, inferiore quindi di ben il 41,4% rispetto alla media nazionale, in virtù di un livello della Produttività del lavoro e, del Tasso di occupazione relativamente inferiore.
La medesima analisi può essere svolta anche a livello provinciale. In via esemplificativa, illustriamo il posizionamento competitivo delle province della Regione Emilia – Romagna, grafico 2.

VEDI LE TABELLE GRAFICHE

Com’è noto, il sistema economico dell’Emilia – Romagna non manifesta il dualismo, che invece, distingue quello italiano. La quasi totalità delle province della stessa Regione, infatti, sperimenta un livello del PIL pro – capite marcatamente superiore alla media italiana. Ciò a motivo, chiaramente, di un livello della Produttività del lavoro e, del Tasso di occupazione superiori, grafico 2.

Vale la pena evidenziare che sussistono, tuttavia, significative differenze in merito al livello relativo di PIL pro – capite tra le province della regione in esame.
Al riguardo, è sufficiente evidenziare che tra la Provincia di Bologna e, quella di Ferrara si registra un differenziale di circa 49 punti indice, sempre in termini di PIL pro – capite, a vantaggio della stessa provincia di Bologna.

In definitiva, quindi, l’applicazione del PNRR, ai differenti livelli territoriali, dovrà necessariamente consistere nell’adozione di quelle misure che, nel quadro dei tre principali assi strategici, siano in grado di incrementare i livelli di Produttività del lavoro e, del Tasso di occupazione, ossia, il livello di competitività del Paese e dei territori per eliminare/ridurre le disparità territoriali.

 

Marco Castellani
Dottore commercialista, revisore e consulente di enti locali
Antonio Formentini
Dottore commercialista e funzionario comunale

 

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