L’Agenzia delle Entrate apre al rimborso delle spese sostenute dai dipendenti in smart working

L’Agenzia delle entrate ha dettato le condizioni per poter legittimamente corrispondere gli oneri sostenuti dai dipendenti in smart working qualora non superiori al risparmio ottenuto dall’ente se il lavoratore fosse in presenza.

3 Maggio 2021
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Con la risoluzione n.314 del 30 aprile 2021, l’Agenzia delle Entrate ha dettato le condizioni per poter legittimamente corrispondere gli oneri sostenuti dai dipendenti in smart working qualora non superiori al risparmio ottenuto dall’ente se il lavoratore fosse in presenza. La questione affrontata da una società privata potrebbe trovare, inoltre, la sua estensione anche nei confronti del pubblico impiego. Il Dipartimento della Funzione Pubblica, con il parere del 01/12/2020, infatti, ha negato il riconoscimento di somme aggiuntive al personale che presta lavoro in modalità agile, trattandosi di indennità non previste da legge o da contrattazione collettiva, ma non ha analizzato il caso in cui il risparmio ottenuto dal datore di lavoro sia superiore all’importo forfettario giornaliero riconosciuto al lavoratore agile.

La richiesta

La società intende sottoscrivere un accordo con le organizzazioni sindacali al fine di poter procedere al rimborso delle spese sostenute dai dipendenti in lavoro agile, anche in un’ottica futura di potenziamento di tale strumento lavorativo. La società istante precisa che si tratta di distribuire un rimborso pari alle somme risparmiate dalla società in caso di presenza del lavoratore. A tal fine ha allegato una tabella in cui, per ogni “tipologia di spesa”, è indicato il “risparmio giornaliero per la Società” e il “costo giornaliero per dipendente in smart working”, stimato. Tra i costi della società risparmiati vi sono quelli relativi al consumo di energia elettrica per l’utilizzo di un computer e di una lampada e i costi per l’utilizzo dei servizi igienici (acqua e materiale di consumo). Inoltre, nel periodo invernale ha evidenziato il risparmio di uso del riscaldamento sia pari al consumo riferito ad un’ora al giorno. In questo caso, al lavoratore restano a suo carico: a) le spese di vitto: b) i costi di climatizzazione estiva; c) i costi per la rete internet; d) gli altri costi fissi quali le spese di allaccio alla rete elettrica ed idrica in quanto ritenuti indipendenti dall’utilizzo dell’abitazione (o luogo ad esso assimilabile) per scopi lavorativi anziché ad uso esclusivamente privato. Dai calcoli effettuati è stato stimato l’importo del rimborso giornaliero fissato in euro 0,50, inferiore al costo giornaliero stimato di risparmio della società.

Effettuate le citate premesse, la società ha chiesto quale trattamento fiscale utilizzare per il pagamento giornaliero rimborsato ai propri lavoratori e se le somme erogate possano essere escluse dal reddito di lavoro dipendente.

La risoluzione

Precisa in via preliminare l’Agenzia delle Entrate che, ai sensi dell’art.51 del Tuir, costituiscono reddito di lavoro dipendente «tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferiscono». Dalla disposizione legislativa si evince che tutte le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore, anche a titolo di rimborso spese, costituiscono per quest’ultimo reddito di lavoro dipendente.

Va, tuttavia, precisato come debbano essere escluse da imposizione quei rimborsi che riguardano spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro, anticipate dal dipendente. Inoltre, non concorrono alla formazione della base imponibile le somme che non costituiscono un arricchimento per il lavoratore e che non sono fiscalmente rilevanti, in capo al dipendente, le erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro. È stato anche precisato che, in sede di determinazione del reddito di lavoro dipendente, le spese sostenute dal lavoratore e rimborsate in modo forfetario sono escluse dalla base imponibile solo nell’ipotesi in cui il legislatore abbia previsto un criterio volto a determinarne la quota che, dovendosi ritenere riferibile all’uso nell’interesse del datore di lavoro, può essere esclusa dall’imposizione (es. uso promiscuo dell’autovettura). In quest’ultimo caso, è stato anche affermato che, qualora il legislatore non abbia provveduto ad indicare un criterio ai fini della determinazione della quota esclusa da imposizione, i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili, al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.

Effettuate le sopra indicate premesse, secondo l’Agenzia il criterio per determinare la quota dei costi da rimborsare ai dipendenti in smart working, in sostanza, si basa su parametri diretti ad individuare costi risparmiati dalla Società che, invece, sono stati sostenuti dal dipendente. Sulla base di tale considerazione, pertanto, la quota di costi rimborsati al dipendente, può considerarsi riferibile a consumi sostenuti nell’interesse esclusivo del datore di lavoro e, come tali, è possibili escluderli dalla tassazione ai fini IRPEF non rappresentando redditi da lavoro dipendente.

Conclusioni

La questione si sposta sulla possibile estensione del parere reso dall’Agenzia anche alle pubbliche amministrazioni. Il Dipartimento della Funzione pubblica, interrogato da una associazione sindacale, sulla possibilità di concedere una indennità forfettaria giornaliera ai dipendenti pubblici in smart working, a titolo di rimborso per consumi energetici e telefonici domestici affrontati per l’assolvimento degli adempimenti informatici connessi al lavoro agile, ha risposto in modo negativo. In tale occasione il Dipartimento ha evidenziato come nel caso di specie l’indennità forfettaria non è prevista in alcuna disposizione legislativa o contrattuale, con impossibilità della relativa erogazione. Nel caso esaminato dalla Società, invece, non si tratta di un’indennità di fonte contrattuale o legislativa, ma di spese sostenute dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro. In questo caso spetterà al datore di lavoro pubblico dimostrare il risparmio ottenuto, in modo non dissimile da quanto effettuato nel caso di specie dalla società, potendo considerare utile la quantificazione effettuata in euro 0,50 al giorno come parametro di riferimento. In questo caso l’indennità non sarà oggetto di tassazione, non rappresentando reddito da lavoro dipendente, superando in tal modo il parere della Funzione Pubblica.

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