Non è sufficiente dimostrare come la transazione possa aver evitato un maggior pagamento all’ente locale, ma la stessa per essere legittima e non causativa del danno erariale, deve essere conforme a legge. Così la transazione avvenuta con alcuni dirigenti che avevano reclamato il pagamento di un importo consistente della retribuzione di posizione, si era conclusa con l’accettazione dell’ente di un aumento più limitato degli importi, agendo su un correlato aumento del fondo decentrato, ma in violazione delle regole sui limiti di aumento dei fondi e con conseguente danno erariale. Sono queste le conclusioni della Corte dei conti del Piemonte, contenute nella sentenza n. 7 depositata in data 25 gennaio 2022.
La vicenda
A seguito di verifica da parte dell’Ispettorato Generale di Finanza, è emersa l’illegittima determinazione del fondo dirigenti a partire dall’anno 2004 e, a cascata, per i successivi. Tuttavia, dopo una corretta rideterminazione del fondo la Procura della Corte dei conti, investita per il relativo danno erariale, si è doluta dell’illegittimità del successivo accordo transattivo in virtù del quale, a seguito di un ricorso avanti il Tribunale del Lavoro da parte di alcuni dirigenti della Provincia, il Presidente si impegnava ad incrementare i fondi dell’Area dirigenza nei due anni oggetto di contenzioso, con successiva erogazione delle somme in favore dei dirigenti ricorrenti. In considerazione del mancato rispetto di una norma imperativa che imponeva la riduzione del fondo, l’incremento sarebbe stato illecito e come tale la Procura ha chiamato a rispondere del danno erariale il Presidente che si era impegnato al pagamento delle somme poi successivamente liquidate ai dirigenti. Citati in giudizio anche il Dirigente del personale e i revisori dei conti, questi ultimi addivenivano al pagamento mediante rito breviato.
La decisione del Collegio contabile
I magistrati contabili hanno precisato come, la scelta di addivenire ad una transazione è sindacabile ove illegittima o illogica, dannosa ovvero diseconomica e che “l’irragionevolezza della scelta e la correlata negligenza nella definizione transattiva di una lite contenziosa può ravvisarsi soltanto qualora la pretesa azionata sia palesemente infondata” (Corte dei conti, Sez. II d’Appello, sentenza n. 250/2018). In merito alla decisione del Presidente, la Procura ha evidenziato che, mentre la riduzione del fondo dei dirigenti era divenuta legittima, risultasse di conseguenza infondato il successivo incremento ad opera dell’accordo transattivo sottoscritto dal Presidente. Le disposizioni legislative, all’epoca vigenti, prevedevano per le Province due riduzioni del fondo della dirigenza, da un lato sulla base delle disposizioni di cui d.l. n. 95/2012, ai fini di una loro soppressione, e l’applicazione dell’articolo 9, comma 2 bis, del d.l. n. 78/2010 secondo cui il fondo anche della dirigenza avrebbe dovuto diminuire sulla base della riduzione dei dirigenti in servizio. Inoltre, a fronte di un precario equilibrio economico-finanziario della Provincia, la medesima si era determinata dichiarando la riduzione della spesa di personale e delle retribuzioni dei dirigenti. Il ricorso dei dirigenti, a fronte delle criticità finanziarie delle Provincie, pertanto, appariva del tutto infondato. D’altra parte, hanno rilevato i giudici contabili, non consta agli atti alcun tipo di valutazione prognostica di fondatezza del ricorso introduttivo, precedente e fondante la decisione di addivenire all’accordo transattivo. Se è vero che “non può condividersi l’assunto secondo cui la mancata esternazione della valutazione nel contesto dell’atto transattivo equivale alla mancata ponderazione degli interessi in gioco” (sent. n. 250/2018 citata), cionondimeno nella fattispecie in esame non solo non risulta agli atti alcuna preventiva istruttoria o parere legale o intervento del giudicante in sede di tentativo di conciliazione che possa aver indotto la convenuta a ritenere la possibile fondatezza del ricorso introduttivo. Pertanto, la mancanza di tale valutazione prognostica ha reso la scelta transattiva illegittima e foriera di danno erariale.
Il Presidente, pertanto, è stato condannato al danno erariale pari ad un sesto dell’importo illegittimamente erogato ai dirigenti.
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Gli affidamenti di incarichi esterni nella P.A.: professionisti, occasionali e “nuove” collaborazioni autonome – Procedure di conferimento e liquidazione dei compensi
a cura di Alessandro Cairo
Martedì 15 febbraio 2022 ore 9.00 – 13.00 e 14.00 – 16.00
Il tema degli incarichi esterni è oggetto di costante attenzione da parte del legislatore e della Corte dei conti, in un’ottica di contenimento della spesa pubblica e con il dichiarato intento di evitare il ricorso a forme “flessibili” di lavoro elusivo del lavoro dipendente.
Da un lato i “Decreti Madia” sulla riforma del pubblico impiego, prendendo le mosse dal Jobs Act, hanno riformulato le norme che disciplinano il conferimento di lavoro autonomo a soggetti esterni alla P.A., introducendo limiti più stringenti per le collaborazioni coordinate e continuative, che non scompaiono ma riappaiono sotto una nuova veste, non etero-organizzata; dall’altro un nuovo Decreto, nell’abolire il regime dei voucher, ha introdotto – anche per la P.A. – il contratto di prestazione occasionale (CPO), finalizzato a soddisfare specifiche esigenze temporanee o eccezionali nell’ambito di progetti speciali rivolti a determinante categorie in stato di povertà, disabilità, di detenzione, tossicodipendenza, ovvero per l’organizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli.
La coesistenza di due normative in tema di lavoro occasionale (art. 2222 del Codice civile e D.L. n. 50/2017) può porre inevitabili problemi interpretativi e di raccordo.
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