La Sezione delle Autonomie risolve parzialmente gli effetti della sentenza della Consulta sui piani di riequilibrio (Parte II°)

16 Aprile 2019
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Dopo aver evidenziato nella prima parte le precedenti disposizioni della legge di stabilità 2016, è possibile verificare le modifiche su tali disposizioni ad opera della successiva legge di stabilità.

Le disposizioni della legge di stabilità 2017

Le precedenti disposizioni introdotte dalla legge di stabilità 2016 sono state successivamente modificate dell’art. 1, c. 434 della Legge 232/2016 (c.d. legge di stabilità 2017), il modificando il comma 714 dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), veniva sostituito dal seguente:

«714. Fermi restando i tempi di pagamento dei creditori, gli enti locali che hanno presentato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale o ne hanno conseguito l’approvazione ai sensi dell’articolo 243-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, prima dell’approvazione del rendiconto per l’esercizio 2014, se alla data della presentazione o dell’approvazione del medesimo piano di riequilibrio finanziario pluriennale non avevano ancora provveduto ad effettuare il riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi di cui all’articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, possono rimodulare o riformulare il predetto piano, entro il 31 maggio 2017, scorporando la quota di disavanzo risultante dalla revisione straordinaria dei residui di cui all’articolo 243-bis, comma 8, lettera e), limitatamente ai residui antecedenti al 1º gennaio 2015, e ripianando tale quota secondo le modalita’ previste dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 2 aprile 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 17 aprile 2015. La restituzione delle anticipazioni di liquidità erogate agli enti di cui al periodo precedente, ai sensi degli articoli 243-ter e 243-quinquies del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, é effettuata in un periodo massimo di trenta anni decorrente dall’anno successivo a quello in cui é stata erogata l’anticipazione. A decorrere dalla data di rimodulazione o riformulazione del piano, gli enti di cui ai periodi precedenti presentano alla Commissione di cui all’articolo 155 del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 apposita attestazione del rispetto dei tempi di pagamento di cui alla direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011».

I contenuti della disposizione legislativa andava ad incidere, questa volta, sul disavanzo degli enti in riequilibrio che avessero presentato o avuto approvato il loro piano prima del passaggio alla contabilità armonizzata. In particolare, oggetto di attenzione della disposizione legislativa è il disavanzo ottenuto dalle attività previste dall’art.243-bis del Tuel che al comma 8 lett. e) prevedono che “Al fine di assicurare il prefissato graduale riequilibrio finanziario, per tutto il periodo di durata del piano, l’ente … é tenuto ad effettuare una revisione straordinaria di tutti i residui attivi e passivi conservati in bilancio, stralciando i residui attivi inesigibili o di dubbia esigibilità da inserire nel conto del patrimonio fino al compimento dei termini di prescrizione…”.

Pertanto, tutti gli enti in riequilibrio finanziario che avessero fatto emergere un disavanzo conseguente allo stralcio dei residui attivi inesigibili o di dubbia esigibilità, ripartito nei 10 anni originari così come indicato dalle disposizioni legislative all’epoca vigenti per i piani di riequilibrio finanziari, avrebbero potuto ripartire quel disavanzo non più in 10 anni ma in 30 grazie alla normativa della legge di stabilità 2017. Ma detta possibilità, ad onor del vero, non è stata offerta dal legislatore nel passaggio ai nuovi principi della contabilità armonizzata. Si ricorda come la Sezione delle Autonomie (deliberazione n.4/2015) avesse messo in guardia le sezioni regionali di controllo, al fine di evitare comportamenti opportunistici da parte dei Comuni. In particolare, alle Sezioni regionali di controllo è stato indicato il compito di vigilare affinché i Comuni attuino i principi in modo corretto ed in particolare che siano eliminati esclusivamente i residui formatisi a fronte di obbligazioni giuridiche non più valide (esempio prescrizione del credito, il venir meno di un finanziamento pubblico, la chiusura della procedure di fallimento, e quant’altro), senza alcuna possibilità di ripartire eventuali residui attivi inesigibili o di dubbia esigibilità stralciati dal bilancio con una ripartizione fino a trent’anni. Infatti, il riaccertamento straordinario dei residui attivi si limita alla verifica del passaggio ai nuovi principi della contabilità finanziaria potenziata, precisando le nuove regole del passaggio dal 31/12/2014 (rendiconto di gestione 2014) al 01/01/2015 (contabilità finanziaria potenziata). In questo caso gli enti avevano a disposizione quattro possibilità: 1) residui attivi che non corrispondono ad obbligazioni perfezionate e scadute alla data del 1° gennaio 2015. Il responsabile dovrà procedere alla loro cancellazione definitiva dalle scritture contabili; 2) residui attivi che non corrispondono a crediti scaduti ed esigibili negli anni di provenienza e necessitano di una reimputazione ad esercizi successivi, ma antecedenti al 2015, anno in cui si effettua il riaccertamento straordinario. In questo caso il residuo attivo è esistente ma avrà la sua manifestazione finanziaria (incasso) a partire dal 2015 o in anni successivi; 3) residui attivi che corrispondono a entrate esigibili nell’esercizio 2015 in questo caso i residui saranno mantenuti in bilancio anche al 01/01/2015; 4) residui attivi che risultano di dubbia e difficile esazione e necessitano di una determinazione oggettiva e puntuale ai fini del concorso alla definizione del risultato di gestione e di amministrazione e, pertanto, devono essere assoggettati ad una adeguata “svalutazione”. In questo caso l’Ente dovrà verificare il suo grado di esazione mediante la costituzione del Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità, rapportando gli incassi in conto residui sulla consistenza dei residui stessi (effettuando una media negli ultimi cinque anni).

Il caso, invece, previsto dal punto 1) riguarda esclusivamente le attività la fase di accertamento ordinario senza possibilità di poter determinare un disavanzo ripartito in 30 anni in caso di cancellazione del residuo non avendo alcuna attinenza con i nuovi principi della contabilità armonizzata.

Le stesse Corti regionali hanno, infatti, sanzionato come grave irregolarità contabile la cancellazione dei residui attivi nel riaccertamento straordinario atto a fruire delle agevolazioni della sua ripartizione in 30 anni. In altri termini, ha precisato la Corte dei conti in sede di controllo, per quanto riguarda il disavanzo derivante dalla cancellazione ordinaria dei residui trovano applicazione le norme di cui all’art. 188 TUEL il base al quale “Il disavanzo di amministrazione può anche essere ripianato negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della consiliatura, contestualmente all’adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di rientro dal disavanzo nel quale siano individuati i provvedimenti necessari a ripristinare il pareggio. Il piano di rientro è sottoposto al parere del collegio dei revisori”. Al contrario, il maggiore disavanzo al 1° gennaio 2015 (rispetto al risultato di amministrazione al 31 dicembre 2014) derivante dalla rideterminazione del risultato di amministrazione a seguito dell’operazione di riaccertamento straordinario e del primo accantonamento al FCDE è ripianato in non più di trenta esercizi a quote costanti ai sensi di quanto previsto dall’art. 3 del D. Lgs. 118/11 e dall’art. 2 del DM 2 aprile 2015. Pertanto, la qualificazione dell’origine del disavanzo (derivante dal riaccertamento ordinario ovvero dal riaccertamento straordinario) è di fondamentale importanza ai fini dell’individuazione delle relative modalità di copertura.

Risulta allora chiaro come le disposizioni della legge di stabilità 2017 avrebbero permesso agli enti in riequilibrio di poter ripartire il disavanzo nascente dalla cancellazione dei residui attivi senza alcuna attinenza con i principi della contabilità armonizzata, mentre detto disavanzo avrebbe ben potuto essere ripartito nei 10 anni originali del piano.

Proprio questa opportunità offerta ai soli enti in riequilibrio di poter ripartire il disavanzo originario non più in 10 anni ma in 30 anni è stata stigmatizzata dalla Consulta (sentenza n.18/2019) dichiarando incostituzionale il vantaggio offerto dalla normativa di un ripiano in 30 anni per i soli enti in riequilibrio finanziario, senza alcuna giustificazione contabile a supporto, non potendo essere considerata valido il solo rispetto dei tempi medi di pagamento da poter certificare per fruire di detto vantaggio.

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