La Sezione delle Autonomie risolve parzialmente gli effetti della sentenza della Consulta sui piani di riequilibrio (Parte I°)

15 Aprile 2019
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Secondo il comunicato della Sezione delle Autonomie gli effetti conseguenti alla sentenza n. 18/2019 della Corte costituzionale, per la definizione delle procedure relative ai piani di riequilibrio finanziario pluriennale, sono i seguenti:

  1.  per quanto riguarda i piani di riequilibrio già approvati dalle Sezioni regionali di controllo, gli effetti dei piani stessi restano consolidati per gli esercizi già chiusi alla data di deposito della sentenza, mentre per il restante periodo debbano adeguarsi all’arco temporale decennale previsto dall’originario piano;
  2. per tutti i piani di riequilibrio finanziario pluriennale ancora in fase istruttoria, gli enti locali sono obbligati ad adeguare la loro disciplina attualmente vigente di cui all’art. 243bis, comma 5 TUEL.

Per comprendere gli effetti annunciati dalla Sezione delle Autonomie, sembra opportuno ripercorrere la normativa che è risultata successivamente incisa dalla sentenza della Corte Costituzionale.

Le disposizioni della legge di stabilità 2016

Prima di esaminare la legge di stabilità 2017 (oggetto di intervento della Consulta), appare opportuno evidenziare la norma originaria contenuta nei commi 714 e 715 della legge di stabilità 2016.

La normativa introdotta dalla legge di stabilità 2016 prevedeva, in particolare, che gli enti locali che nel corso del 2013 o del 2014 avessero presentato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale o ne avessero conseguito l’approvazione, ai sensi dell’articolo 243 bis del Tuel, avrebbero potuto ripianare la quota di disavanzo applicato al piano di riequilibrio, secondo le modalità previste dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 2 aprile 2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 89 del 17 aprile 2015. Entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, i medesimi enti, ferma restando la durata massima del piano di riequilibrio come previsto dall’articolo 243 bis, comma 5, del Tuel, avrebbero potuto rimodulare o riformulare il precedente piano in coerenza con l’arco temporale di trenta anni previsto per il riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n.118. La restituzione delle anticipazioni di liquidità erogate dagli enti di cui ai periodi precedenti, ai sensi degli articoli 243 ter e 243 quinquies del Tuel, avrebbero potuto essere effettuate in un periodo massimo di trenta anni decorrente dall’anno successivo a quello in cui fosse stata erogata l’anticipazione (comma 714).

Su detta normativa, si era già espressa la Sezione delle Autonomie (deliberazione n.13/2016) precisando che “Il sopravvenuto intervento normativo attuato con l’introduzione dei commi 714 e 715 riconosce la facoltà di riformulare o rimodulare il piano già approvato o presentato solo per consentire il ripiano del disavanzo scaturito dal riaccertamento straordinario dei residui nei termini e con le modalità stabilite dall’art. 3 del decreto legislativo n. 118 del 2011 e dal decreto ministeriale 2 aprile 2015 ma lascia impregiudicati i vincoli normativi e gli impegni già assunti da ciascun ente al momento dell’approvazione del piano”. In disparte l’intervento normativo, va rilevato come in via pretoria le Sezione regionali della Corte dei conti avessero di fatto accettato il ripiano a trent’anni previsto per il passaggio alla contabilità armonizzata, per gli enti il cui piano di riequilibrio era stato già approvato o presentato, considerando detta operazione eccezionale ed inserita da una normativa valida per tutti gli enti locali, a prescindere dalla situazione in cui gli stessi si trovavano al momento del passaggio. In altri termini, l’eventuale rimodulazione operata dagli enti in riequilibrio finanziario pluriennale non ha inciso né sulla durata della originaria pianificazione né sulle misure previste per il finanziamento della massa passiva da ripianare ma miri unicamente a rendere coerenti i contenuti del piano di riequilibrio con gli esiti del riaccertamento straordinario dei residui previsto dai nuovi principi della contabilità armonizzata (ad esempio per reimputazione dovuta ad una diversa esigibilità degli stessi secondo il principio della competenza finanziaria potenziata).

L’eventuale extradeficit ottenuto dal riaccertamento straordinario dei  residui per gli enti in riequilibrio finanziario si somma, infatti, a quello emergente prima del passaggio alla nuova contabilità armonizzata, essendo stato precisato dai giudici contabili (Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Campania, deliberazione n.46/2019) che la ragione del cumulo tra obiettivo dinamico da Piano di riequilibrio pluriennale ed extra-deficit da riaccertamento straordinario dei residui è data dal c.d. carattere “transizionale” del “maggiore disavanzo”, che esprime solo un valore intrinseco e di pura conversione collegato al nuovo paradigma contabile del D.lgs. n. 118/2011, per effetto del riaccertamento straordinario.

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