La sanzione per mancata approvazione del piano di razionalizzazione delle partecipate nei piccoli comuni

18 Ottobre 2021
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Inutile le difese del Sindaco, degli assessori consiglieri e del vice Presidente del Consiglio, in un comune con meno di 15.000 abitanti, per la mancata approvazione del piano di razionalizzazione delle società partecipate, adducendo la separazione tra funzioni di indirizzo e di controllo politico-amministrativo da quelle gestionali. La Corte dei conti per la Liguria (sentenza n.188/2021) ha confermato la sanzione proposta dalla Procura erariale ai citati convenuti.

La vicenda

In considerazione della mancata approvazione del piano di razionalizzazione delle partecipate, la Procura ha convenuto in giudizio il Sindaco e tutto il Consiglio comunale, per poi indirizzare la sanzione al solo Sindaco e ai Consiglieri comunali con carica assessorile e, quindi, quali componenti della giunta comunale.

A propria difesa i convenuti hanno evidenziato l’infondatezza della pretesa attorea atteso che, stante l’assetto normativo posto dal d.lgs. n. 267 del 2000 e dallo statuto comunale, al Consiglio, alla Giunta e al Sindaco sono demandati funzioni di indirizzo e di controllo politico-amministrativo che vengono esercitate sulla base di istruttoria svolta dagli uffici, di guisa che i poteri di impulso e di iniziativa del Sindaco e della Giunta in ordine alla convocazione del Consiglio comunale e alle relative proposte di deliberazione sarebbero esercitabili solo a seguito dell’indefettibile predisposizione dei necessari atti propositivi da parte dei competenti responsabili degli uffici.

La decisione del Collegio contabile

Premette il Collegio contabile come l’art. 20, c.7, del d.lgs. n. 175 del 2016 ha stabilito che, la mancata adozione da parte degli enti locali dei piani di razionalizzazione periodica delle partecipazioni societarie detenute comporta la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di euro 5.000 a un massimo di euro 500.000, salvo il danno eventualmente rilevato in sede di giudizio amministrativo contabile, comminata dalla competente sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti. Sempre a dire del Collegio contabile, la disposizione in esame deve essere letta in connessione sistematica con le norme recate dal testo unico degli enti locali, di cui al d.lgs. n. 267 del 2000, in ordine alle competenze degli organi, di governo e burocratici, del Comune. In altri termini, la violazione della citata normativa rientra nella fattispecie “puramente sanzionatoria”, in quanto la norma di legge non si limita a prevedere genericamente la responsabilità come conseguenza di determinati comportamenti, ma provvede a fissare la tipologia della punizione. Quanto alla severità della sanzione, seppur è vero che essa può arrivare al massimo edittale di euro 500 mila, resta insuperabile che tale limite appare proporzionato alle condotte che coinvolgono enti che detengono partecipazioni significative nel settore delle società pubbliche, notoriamente caratterizzato, nelle sue massime estensioni, dall’impiego di ingentissime risorse pubbliche.

In altri termini, tanto la responsabilità amministrativa per danno, quanto la responsabilità amministrativa di tipo sanzionatorio sono riconducibili alla categoria della responsabilità amministrativa devoluta alla giurisdizione della Corte dei conti.

In ordine all’individuazione del soggetto destinatario della sanzione, in generale, vige il principio di personalità delle sanzioni amministrative (art. 3 legge n. 689/1981) di guisa che può essere responsabile di una violazione amministrativa solo la persona fisica a cui è riferibile l’azione materiale o l’omissione che integra la violazione.

Premette, ancora il Collegio contabile, che nell’ordinamento delle pubbliche amministrazioni vige il principio di distinzione tra attività di indirizzo politico e controllo, e compiti gestionali ascritti alla competenza della dirigenza. L’attività di governo è di competenza degli organi politici e si sostanzia nella definizione degli obiettivi e dei programmi da attuare, nella adozione degli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e nella verifica della rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti. L’adozione dei piani di razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche locali rientra nella competenza del consiglio comunale. Ai fini della responsabilità sanzionatoria, infatti, qualora un illecito sia ascrivibile in astratto ad un ente ovvero ad un organo, non possono essere automaticamente chiamati a risponderne i componenti, essendo indispensabile accertare che essi abbiano tenuto una condotta positiva o omissiva che abbia dato luogo all’infrazione.

Circa la competenza alla formazione degli atti da approvare in assemblea consiliare soccorre il richiamo al principio della distinzione tra sfera di governo e ambito gestionale. Il Sindaco rappresenta l’ente, convoca e presiede la Giunta, nonché il Consiglio quando non è previsto il presidente del consiglio. Nei Comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti il consiglio è presieduto dal Sindaco che provvede anche alla convocazione del consiglio, salvo differente previsione statutaria.

Pertanto, rientra nella competenza del Sindaco (del presidente dell’assemblea, ove previsto) formare l’ordine del giorno del consiglio, anche avvalendosi della fondamentale collaborazione e delle funzioni di assistenza giuridico-amministrativa del segretario comunale in ordine alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti (art. 97, c. 2, d.lgs. n. 267/2000). La predisposizione della relativa proposta di deliberazione sarà invece curata dal competente dirigente/responsabile del servizio.

L’azione introdotta dalla Procura regionale ha pretermesso i soggetti destinatari di compiti gestionali e il segretario comunale ed ha attinto solo alcuni dei componenti dell’organo consiliare. A tale omissione il Collegio non può tuttavia rimediare, stante la puntuale preclusione di legge (art. 83 cgc), da ritenere applicabile anche ai giudizi sanzionatori.

Il Sindaco aveva la responsabilità e l’onere di convocare il Consiglio comunale, per l’approvazione del piano di razionalizzazione delle partecipate, ma non lo ha fatto. In modo non diverso la responsabilità non può che essere estesa anche agli assessori consiglieri comunali. Infatti, spetta alla Giunta compiere tutti gli atti rientranti nelle funzioni degli organi di governo, che non siano riservati dalla legge al Consiglio e che non ricadano nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del Sindaco. Inoltre, la Giunta collabora con il Sindaco, nell’attuazione degli indirizzi generali del consiglio, e riferisce annualmente al Consiglio sulla propria attività e svolge attività propositive e di impulso nei confronti dello stesso (art. 48 d.lgs. n. 267/2000). Infine, l’omissione riguarda anche il vice Presidente del consiglio che aveva esercitato le funzioni effettive di Presidente del consiglio nell’arco temporale che avrebbe previsto l’approvazione del piano di razionalizzazione delle partecipate.

Le condanne sono state, pertanto, confermate ma con una diversa graduazione.

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