La ritardata istruttoria ministeriale sul piano di riequilibrio rende impugnabile il diniego

Nonostante la natura non perentoria dei termini previsti dall’art. 243-quater per quanto concerne l’istruttoria ministeriale e la decisione della sezione regionale della Corte è evidente che il predetto protrarsi, sul piano temporale, della procedura in esame, si presenta fortemente distonico con la ratio stessa della procedura di riequilibrio, con l’emersione di evidenti profili di criticità, che, però, non possono ridondare a danno dell’ente controllato.

14 Ottobre 2022
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L’abnorme lasso temporale intercorso tra approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale da parte del Comune e istruttoria ministeriale (nel caso specifico, circa sette anni) e successivo giudizio di omologazione da parte della sezione regionale di controllo della Corte dei conti determina un’asistematica compressione delle fasi in cui dovrebbe articolarsi la procedura di approvazione e di monitoraggio dell’attuazione del piano, con la commistione, negli accertamenti effettuati dalla sezione regionale, di elementi caratterizzanti la valutazione concomitante/ex post propria della fase di verifica dell’attuazione del piano stesso: è quanto affermato dalla Corte dei conti, Sez. riun. in sede giurisd. in speciale composizione, nella sentenza n. 14/2022/EL, depositata lo scorso 28 settembre, annullando il diniego della sezione regionale della Corte e omologando il piano.

I giudici hanno evidenziato che, nonostante la natura non perentoria dei termini previsti dall’art. 243-quater per quanto concerne l’istruttoria ministeriale e la decisione della sezione regionale della Corte, “è evidente, tuttavia, che il predetto protrarsi, sul piano temporale, della procedura in esame, si presenta fortemente distonico con la ratio stessa della procedura di riequilibrio, con l’emersione di evidenti profili di criticità, che, però, non possono ridondare a danno dell’ente controllato”.

Su tale aspetto è utile ricordare che già nel 2018 la Sezione delle Autonomie, nelle Linee guida per l’esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale e per la valutazione della sua congruenza (art. 243-quater, TUEL) approvate con Deliberazione n. 5/SEZAUT/2018/INPR, aveva messo chiaramente in luce che “nei primi cinque anni di applicazione della normativa, … la principale criticità emersa afferisce, proprio, alla estrema lunghezza della fase istruttoria. Condizione  che frustra l’essenza stessa del processo di risanamento, il quale, in quanto rimedio utile a prevenire il dissesto, non dovrebbe poter prescindere dalla celerità dell’applicazione del piano e dal sollecito esame dello stesso. Il trascorrere del tempo rende vetuste le misure di risanamento proposte nel piano e, dunque, inattendibile il complessivo percorso di riequilibrio, ma, soprattutto, aggrava la condizione di precarietà finanziaria dell’ente avvicinandolo alla configurazione del dissesto”.

Più di recente, la stessa Corte Costituzionale ha avuto modo di evidenziare (sent. n. 34/2021) che, in base a quanto previsto dall’art. 243-quater, comma 1, del TUEL, “è compito della Commissione per la stabilità finanziaria di cui all’art. 155 t.u. enti locali provvedere allo svolgimento dell’istruttoria entro il termine di sessanta giorni dalla data di presentazione del piano … Tale istruttoria è necessaria per consentire alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti di pronunciarsi – entro trenta giorni dalla data di ricezione della relazione finale della richiamata Commissione – sulla legittimità del piano di riequilibrio, ossia sulla sua congruità rispetto al fine di ripristinare l’equilibrio del bilancio,  sulla copertura della spesa nell’intero periodo di rientro, sul rispetto dei limiti di indebitamento che vietano di utilizzare i prestiti per la copertura della spesa corrente e, più in generale, sul rispetto dei vincoli di finanza pubblica nazionali, euro unitari e convenzionali … i controlli di legittimità-regolarità – sia quelli inerenti al dissesto, sia quelli sui bilanci preventivi e successivi – ove tempestivamente attivati, potrebbero interdire quelle disfunzioni degenerative dell’equilibrio dei bilanci che hanno indotto più volte il legislatore a intervenire per il prolungamento dei tempi di riequilibrio oltre quelli fisiologici fissati dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante “Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli artt. 1 e 2 della l. n. 42/2009” (in tal senso, sentenza n. 115/2020). Il complesso impianto normativo di riferimento muove dalla ratio unitaria di evitare il dissesto attraverso un fattivo e coerente comportamento economico-
finanziario dell’ente locale nel tempo ipotizzato di rientro dal deficit. In tale contesto teleologico rientra il controllo di legittimità-regolarità sui bilanci preventivi e successivi, poiché tale coerente comportamento nel tempo previsto per il risanamento deve trovare puntuale riscontro in ciascuno dei bilanci preventivi e successivi del predetto periodo
».

La Corte in speciale composizione, quindi, ha ritenuto rilevante ed accolto il motivo di impugnazione del diniego di omologazione del piano nella parte in cui censurava il tardivo esercizio delle prerogative istruttorie affidate alla Commissione per la stabilità finanziaria per gli enti locali ed i connessi riflessi sulla valutazione di insostenibilità del piano di riequilibrio da parte della sezione territoriale di controllo.

Tale doglianza si fondava sui recenti approdi della giurisprudenza contabile contenuti nella sent. n. 10/2021 della Corte di conti, SS.RR. in sede giurisd. in speciale composizione, secondo cui:

Ø  “se è vero che in sede di omologazione non può essere trascurato l’esito della gestione degli esercizi finanziari in cui, medio tempore, si è data attuazione al PRFP, tale valutazione, non può costituire da sola la prova dell’incongruità del piano, ma può fornire solo un argomento a conferma o smentita della capacità del piano di assicurare, prognosticamene, e per l’integralità del tempo programmato, l’esito finale del riequilibrio”;

Ø  “considerato il ritardo accumulato dalla Commissione (la cui relazione è pervenuta con due anni di ritardo), la Sezione, nel caso si fosse espressa positivamente sulla omologazione del Piano ben avrebbe potuto effettuare la valutazione dei comportamenti esecutivi nella stessa decisione, attesa l’unitarietà del potere di controllo prevista dall’art. 243-quater, co. 7, TUEL, pronunciandosi anche sulla legittimità degli adempimenti”.

Nella sent. n. 14/2022/EL in commento è stato perciò ribadito che l’irragionevole lasso temporale intercorso ha portato la sezione territoriale ad effettuare una concentrazione e sovrapposizione di diversi giudizi, giudicando la parte (i singoli esercizi ed i comportamenti esecutivi) per il tutto (il complessivo contenuto del PRFP, sulla base dei saldi, nel tempo dato), di fatto svolgendo, direttamente, un controllo sull’esecuzione del piano, senza una pregiudiziale valutazione ex ante della congruità dello stesso. La prova di tale commistione è evincibile dal richiamo della sezione regionale all’insufficienza delle risorse previste per la copertura di debiti fuori bilancio che si riferivano, però, a sentenze pronunciate nel 2020, laddove il piano era stato deliberato nel 2014. Ed infatti, la Corte ha evidenziato che la necessità, emersa negli anni successivi alla delibera del piano, di procedere al finanziamento di debiti fuori bilancio, relativi a sentenze emesse nel 2020, “non può ex se assurgere a parametro dirimente per valutare – in sede di omologazione del piano – la capacità dello stesso ad assicurare la prevista copertura di tutti i debiti fuori bilancio a suo tempo inseriti nel PRFP entro il l’esercizio 2022: in assenza di evidenze e di motivazione in ordine alla prevedibilità, al momento dell’approvazione del piano da parte del Comune, dell’emersione delle predette posizioni debitorie, esse non possono ridondare quale elemento per inferire la non “sostenibilità di un disavanzo di cui si imporrebbe – appunto perché non compreso nel piano – l’immediato e integrale finanziamento (con correlata contrazione degli spazi di spesa e di copertura delle quote di disavanzo)”.

Simile errore era stato commesso dalla sezione regionale laddove aveva contestato la non corretta quantificazione del fondo crediti dubbia esigibilità relativa al rendiconto 2020: secondo la Corte, infatti, tale circostanza non può costituire “elemento autonomamente valutabile in sede di omologazione per la valutazione del disavanzo come non suscettibile di ripiano: in assenza di dimostrazione che tale sottostima risulti collegata a fattori già presenti al momento dell’approvazione del piano (ad esempio erronea determinazione della complessiva massa di residui attivi da “svalutare”, ovvero non corretta valutazione del grado di riscossione degli stessi) non potrebbe – pena un salto logico – darsi rilevanza, in sede di omologazione, agli effetti del mutamento di metodologia, normativamente previsto e avvenuto a partire dal 2019”.

Nella sua assolutizzazione non può, dunque, ritenersi condivisibile l’affermazione della sezione regionale, in forza della quale “la necessità di procedere a una valutazione dinamica dei profili
contabili che sostengono il piano di riequilibrio implica l’esigenza di considerare l’incidenza potenziale, sul percorso di riequilibrio, dell’emersione di passività ulteriori e diverse rispetto a quelle già censite
”. Tale incidenza, invero, nel caso sia correlata a fattori di squilibrio temporalmente non
rilevabili o prevedibili al momento dell’approvazione del piano (cfr. SS.RR., sent. n. 8/2021), connota il – logicamente successivo – giudizio relativo all’attuazione del piano stesso. Ed infatti, in fase di approvazione del piano, si deve “esprimere un giudizio prognostico ex ante sulla attendibilità di previsioni, fotografate nel piano e relative all’andamento della gestione finanziaria in ciascuno degli anni (futuri) del periodo considerato, nonché sulla credibilità e sostenibilità complessiva del rientro” (SS.RR., sent. n. 15/2019).

Ne consegue, nel caso di specie, che il corretto governo dei predetti principi avrebbe dovuto portare  la sezione regionale ad un positivo e tempestivo vaglio del piano, in sede di omologazione, valutando i fattori sopravvenuti di possibile squilibrio – emersi a seguito dell’approfondita, e significativamente protratta nel tempo, istruttoria condotta – nella diversa sede della verifica dell’attuazione del piano, nonché, tenuto conto della natura delle criticità emerse, verificando l’accertabilità di una grave irregolarità, rilevante ai fini dell’adozione delle misure cautelari previste dal richiamato
art. 148- bis TUEL.

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