Il Consiglio comunale è chiamato a riconoscere i debiti fuori bilancio ed in particolare per quelli previsti dall’art.191, comma 1, lett. e) del Tuel si è posto il problema del loro riconoscimento nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento dell’ente stesso, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza. La risposta è contenuta nella deliberazione del 30 maggio 2019 n.60 della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia.
La domanda posta dal comune
Precisa il Sindaco come al fine di evitare possibili danni erariali, le disposizioni legislative prevedono che in caso di riconoscimento da parte del Consiglio comunale di prestazioni, servizi e lavori resi in favore dell’ente locale che, benché privi di titolo o di titolo valido, siano considerati utili per l’amministrazione è ammesso il riconoscimento ex art. 194, comma 1, lett. e) del d.lgs.267/2000 nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento dell’ente stesso, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza. Secondo la prospettazione del Primo cittadino il riconoscimento sostanzialmente dovrebbe riguardare l’indennità prevista dall’art. 2041 c.c. che va liquidata nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dal terzo nell’erogazione della prestazione in virtù del contratto invalido e non in misura coincidente con il mancato guadagno che lo stesso avrebbe potuto trarre dall’instaurazione di una valida relazione contrattuale. In considerazione della complessità del calcolo, chiede ai giudici contabili se sia possibile effettuare un calcolo percentuale sul valore del bene o servizio applicando la seguente decurtazione: a) riduzione del 10% per i lavori; b) riduzione invece del 5% per le forniture ed i servizi.
La risposta dei giudici contabili
Secondo il Collegio contabile è immediatamente intuitivo come l’utile d’impresa, in quanto rappresentativo della componente economica della controprestazione integrante il guadagno del privato, non può in alcun modo costituire un arricchimento per l’Ente. Sulla quantificazione di tale utile la giurisprudenza contabile ha fatto buon uso di alcuni parametri utilizzati dalla giurisprudenza amministrativa ad esempio in merito al così detto danno da concorrenza ritenendo che tale utile sia da quantificare « … in una percentuale del valore dell’appalto, 10% o 5% a seconda che si tratti di appalto di lavori o di forniture di beni e servizi. Trattasi del criterio liquidatorio dell’utile d’impresa, che viene mutuato dalle cause di risarcimento per equivalente, nel caso in cui non sia possibile la reintegrazione in forma specifica della pretesa dell’impresa ricorrente vittoriosa. Esso muove dal presupposto della spettanza, al privato contraente a causa dei vizi della procedura ad evidenza pubblica, del solo arricchimento senza causa, ai sensi dell’art. 2041 c.c., in luogo del corrispettivo contrattuale. In applicazione di tale criterio, il danno (alla concorrenza), nel giudizio di responsabilità, viene individuato nei pagamenti eccedenti la quota riconducibile all’arricchimento senza causa, sicché l’utile di impresa rappresenta la misurazione di tale eccedenza». (Corte dei conti, Sez. reg. contr. Lombardia, deliberazione 22 dicembre 2014, n. 380/2014/PRSE)
Detta quantificazione discende anche dalla valutazione del danno risarcibile all’impresa appaltatrice in caso di contenzioso con la stazione appaltante, dell’art. 345 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F, attualmente riprodotto nell’art. 109 del D.lgs 50/2016, che quantificava o quantifica in tale misura il danno risarcibile a favore dell’appaltatore in caso di recesso della P.A.
Ricorda il Collegio contabile come tale parametro sia presuntivo restando fermo da parte della PA di verificare attentamente di volta in volta il tipo di lavoro, bene o servizio di cui intende riconoscerne l’utilità, anche a causa del fatto che tale utile di impresa non rappresenta una componente fissa facilmente isolabile.
Conclusione
Il Collegio contabile pugliese, in considerazione della complessità dei calcoli da effettuare, ritiene possibile individuare una diversa quantificazione dell’utile di impresa solo in presenza di specifiche valutazioni, ovviamente effettuate ex ante, vale a dire prima della stessa esecuzione della fornitura e/o del servizio e/o dell’opera e delle quali l’amministrazione abbia la disponibilità, in base alle quali sia stato possibile individuare e valutare l’esatta composizione dell’offerta, ivi compreso le sue componenti inderogabili, al fine di vagliarne l’attendibilità, la conformità alle prescrizioni di legge e, da ultimo, l’effettivo utile di impresa conseguito dal prestatore d’opera, di servizi e di forniture.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento