La questione della possibilità di rimborsare gli spostamenti del dipendente a scavalco, tra un’amministrazione e l’altra, non è di poco conto in considerazione del corrente utilizzo dei dipendenti, specie di comuni di modeste dimensioni, per sopperire alle proprie necessità di assicurare i servizi essenziali. La questione è stata affrontata dalla Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Basilicata (deliberazione n.59/2019).
Le limitazioni delle spese di viaggio
Si ricorda come l’art. 6, comma 12 del D.L. n. 78/2010, convertito nella legge n. 122/2010, prevede che nei confronti del personale contrattualizzato di cui al D. Lgs. n. 165/2001 e s.m.i. non trova più applicazione la normativa che dava diritto al personale che si reca in missione con l’utilizzo del mezzo proprio alla corresponsione di un’indennità ragguagliata ad un quinto del prezzo di un litro di benzina super vigente nel tempo oltre il rimborso dei pedaggi autostradali (art. 15 della legge n. 836/1973 e art. 8 della legge n. 417/1978).
L’utilizzo del personale in scavalco condiviso o di eccedenza
La normativa contrattuale e le diposizioni legislative prevedono che il personale degli enti locali possono avvalersi delle prestazioni di personale a tempo indeterminato di altre amministrazioni attraverso la formula dello scavalco condiviso. Per i comuni di più ridotte dimensioni (inferiori ai 5.000 abitanti) è altresì possibile utilizzare il personale a tempo indeterminato anche al di fuori dell’orario di obbligo presso l’amministrazione di appartenenza nel limite massimo delle 48 settimanali, ossia con una eccedenza massima di 12 ore settimanali. Quest’ultima ipotesi è espressamente contemplata dall’art.1, comma 557, della legge n. 311/2004.
Il problema che si pone per il dipendente e per l’ente che intenda utilizzare il citato personale da un’altra amministrazione se sia possibile riconoscergli eventuali spese di viaggio per gli spostamenti verso la nuova amministrazioni per l’orario di eccedenza pattuito con il dipendente.
Le indicazioni del Collegio contabile
Il Collegio contabile lucano in merito alla questione posta, tra il divieto di rimborso delle spese di viaggio ai dipendenti contrattualizzati e l’utilizzo del dipendente ed il pagamento degli spostamenti, ripercorre le indicazioni a suo tempo fornite per i segretari che svolgono le funzioni a scavalco in diversi comuni. La stessa Sezione contabile ha avuto modo di precisare come “Il rimborso delle “spese di viaggio” a favore dei dipendenti pubblici (e tale è da considerare il Segretario comunale) è stato introdotto nel nostro Ordinamento nell’ambito della legislazione, avente carattere di assoluta generalità, riguardante l’istituto della c.d. “missione” risultando ancorato il ricorso ad essa, da un lato, alla disciplina della “sede di servizio” e, dall’altro, all’obbligo, che al dipendente pubblico risultava imposto, di risiedervi, cioè a norma del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3” (deliberazione n. 27/2018/PAR).
Il successivo D.L.. 78/2010 ha previsto, che a decorrere dall’anno 2011 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono effettuare, salvo eccezioni, spese per missioni per un ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2009. Dalla data di efficacia del decreto non trovano più applicazione sia le disposizioni sul trattamento economico di missione e di trasferimento che disciplina l’entità dell’indennità chilometrica (un quinto del prezzo di un litro di benzina super vigente nel tempo), sia il rimborso dell’eventuale spesa sostenuta per pedaggio autostradale, né le relative disposizioni di attuazione, e cessano di avere efficacia le analoghe disposizioni contenute nei contratti collettivi. La legge ha previsto, tuttavia, alcune eccezione non trovando questa disposizione diretta applicazione alla spesa effettuata per lo svolgimento di compiti ispettivi. Agli enti locali si applica queste disposizioni in quanto enti inseriti nel conto consolidato delle amministrazioni pubbliche. La Consulta ha avuto modo, tuttavia, di precisare che “… qualora esigenze di funzionamento rendessero gli effetti del divieto contrario al principio del buon andamento, le Regioni sarebbero libere di rimodulare in modo discrezionale, nel rispetto del limite complessivo, le percentuali di riduzione di questa come delle altre voci di spesa contemplate nell’art. 6.”. Viene inoltre affermato che il limite complessivo di spesa “… lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse tra i diversi ambiti e obbiettivi di spesa” (Corte Cost., sentenza n. 139/2012 che richiama, sul punto, le sentenze n. 182/2011, n. 297/2009, n. 289/2008 e n. 169/2007).
In altri termini, è stata data facoltà agli enti, nell’esercizio della propria autonomia, di mantenere inalterato e persino di aumentare la spesa di una delle singole fattispecie soggette a limite a discapito di altra, a condizione che la riduzione della spesa richiesta sia realizzata a livello complessivo.
Altra eccezione è rappresentata dalla legge di bilancio 2019 per gli enti virtuosi prevedendo che “a decorrere dall’esercizio 2019, ai comuni e alle loro forme associative che approvano il bilancio consuntivo entro il 30 aprile e il bilancio preventivo dell’esercizio di riferimento entro il 31 dicembre dell’anno precedente non trovano applicazione le seguenti disposizioni: …c) l’art. 6, commi 12 e 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122…”.
Sulla questione il MEF ha precisato che il dipendente può ancora essere autorizzato all’utilizzo del mezzo proprio nell’ipotesi in cui tale mezzo costituisca lo strumento più idoneo a garantire il più efficace ed economico perseguimento dell’interesse pubblico previa regolamentazione dell’ente (Circolare della RGS del 22 ottobre 2010 n. 36).
La soluzione del Collegio contabile
In base alla normativa e alle indicazione dei giudici contabile è possibile stabilire che possa essere consentito agli enti locali, con un atto di espressione della potestà regolamentare considerare che tale vincolo di spesa concorre a determinare il tetto dei risparmi di spesa che essi devono conseguire. Quindi, nel caso di specie, il Comune potrebbe consentire il pagamento delle spese di viaggio con atto regolamentare e con compensazione delle maggiori spese sostenute con correlata riduzione di altre spese. Resta fermo, in ogni caso, la necessità di verificare l’assenza di idonei mezzi di trasporto pubblico fra gli enti interessati nonché prevedere misure volte a circoscrivere gli spostamenti del personale tra il comune di provenienza e il comune ricevente attraverso una rigorosa pianificazione delle attività e una programmazione delle presenze che riduca al minimo indispensabile gli oneri per il rimborso.
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