La domanda posta da un Comune riguarda la possibilità ed i limiti che incontra un ente locale nel poter effettuare donazioni con vincolo di scopo (donazioni modali) a favore di enti, pubblici o privati (comunque soggetti a poteri pubblici) che svolgono funzioni di interesse pubblico. La risposta è stata data dalla Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia con la deliberazione 8 maggio 2019 n.164.
Le disposizioni legislative di riferimento
Precisa il Collegio contabile lombardo come, ai sensi dell’art. 3, comma 1 del r.d. 2440/1923, gli atti di alienazione di beni pubblici devono essere ricondotti nell’ambito dei “contratti attivi”, dai quali deve conseguire un’entrata nel bilancio dell’ente. Da ciò consegue che, in linea generale e in assenza di una previsione normativa, non sono riconducibili alla facoltà di un ente locale atti di liberalità che non rispondano, patrimonialmente, ad un interesse pubblico.
Sempre in ambito della normativa vigente l’art.58 della legge 112/2008, convertito nella legge 133/2008, fra l’altro dispone un obbligo a carico delle regioni, province, comuni e altri enti locali, nonché delle società o enti a totale partecipazione dei predetti enti, di individuare “redigendo apposito elenco, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione”.
ad ulteriore conferma che il patrimonio debba produrre reddito per rispondere all’esigenze dell’ente anche l’art. 56-bis, comma 11, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla legge n. 98/2013, nella formulazione conseguente alla integrazione disposta dall’art. 7, comma 5, del D.L. 19 giugno 2015, n. 78, prevede l’obbligo per gli enti territoriali di destinare prioritariamente all’estinzione anticipata dei mutui il 10 per cento delle risorse nette derivanti dall’alienazione dell’originario patrimonio immobiliare disponibile.
Le indicazioni del giudice di legittimità
Secondo la Corte di Cassazione il principio fondamentalmente è che pur non esistendo un divieto o una norma che preveda l’incapacità a donare da parte di tutti gli enti, la donazione, in ogni caso, non può integrare una mera “liberalità”, anche quando teoricamente ammessa, lo è soltanto in funzione dell’interesse pubblico con essa perseguito. Segnatamente, «Gli enti pubblici per i loro fini istituzionali sono incapaci di porre in essere atti di donazione e di liberalità che non costituiscono mezzi per l’attuazione di detti fini» (Cass. 7 dicembre 1970, n. 2589). In altri termini, la causa liberale, funzione per la quale un soggetto dell’ordinamento arricchisce in modo unilaterale e spontaneo un altro soggetto, si presume incompatibile con la capacità giuridica riconosciuta agli enti pubblici, in particolare agli enti locali, salvo vi sia un’espressa autorizzazione di legge o una chiara compatibilità con gli scopi istituzionali.
I precedenti dei giudici contabili
Precisata la normativa di riferimento e le indicazioni della Cassazione, il collegio contabile si sofferma su precedenti indicazioni sul tema da parte dei giudici contabili. La Sezione regionale del Veneto (deliberazione n.33/2009) ha affermato che pur volendo prescindere da ragionamenti aprioristici, non può tuttavia negarsi che un’eventuale scelta di dismissione a titolo gratuito dovrebbe avvenire a seguito di un’attenta ponderazione comparativa tra gli interessi pubblici in gioco, rimessa esclusivamente alla sfera discrezionale dell’ente, in cui, però, deve tenersi nella massima considerazione l’interesse alla conservazione ed alla corretta gestione del patrimonio pubblico, in ragione della tutela costituzionale di cui questo gode (art. 119 comma 6 novellato). ). L’interesse alla conservazione e alla corretta gestione del patrimonio pubblico è da considerare primario anche perché espressione dei principi di buon andamento e di sana gestione, ed impone all’ente di ricercare tutte le alternative possibili che consentano un equo contemperamento degli interessi in gioco, adottando la soluzione più idonea ed equilibrata, che comporti il minor sacrificio possibile per gli interessi compresenti.
La Sezione del Piemonte (deliberazione n.409/2013) ha evidenziato che la cessione gratuita di un bene pubblico potrà avvenire solo in assenza di altre opzioni che potrebbero consentire il raggiungimento dell’interesse pubblico perseguito dal comune nell’ambito dei propri fini istituzionali, precisando che i fini istituzionali debbono essere quelli del comune e non dell’Ente pubblico o privato cui viene ceduto il bene.
La risposta del Collegio contabile lombardo
I giudici contabili lombardi dopo aver evidenziato la quasi impossibilità da parte dell’ente locale di cedere a titolo gratuito un proprio bene, ha evidenziato che in casi del tutto eccezionali questa operazione potrebbe essere assentibile sulla base di una necessaria ed esaustiva motivazione in merito all’idoneità della donazione modale per il raggiungimento di uno specifico fine dall’ente locale e nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità sotto il profilo economico.
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