Il cumulo dei residui attivi altera il risultato di amministrazione con conseguente necessità, da parte dell’ente locale di procedere, secondo i principi contabili, allo stralcio di quelli più anziani. Sono queste le indicazioni dei giudici contabili emiliano romagnoli (deliberazione n.96/2020) che sono emerse durante la verifica dei risultati di un ente locale.
Le criticità in fase di verifica
Dai dati comunicati con il questionario sono emerse delle criticità riguardanti l’andamento dei residui attivi. A fronte di circa 10 milioni di euro di residui relativi agli anni precedenti, si sono aggiunti circa 7,7 milioni di euro provenienti dalla competenza. Il magistrato istruttore ha, pertanto, chiesto all’ente locale le motivazioni di tale anomalia e, in particolare, le attività poste in essere per il recupero degli stessi. A propria giustificazione il Comune ha precisato che per quanto riguarda i tributi locali, per le annualità fino al 2016 sono state emesse le ingiunzioni, per l’annualità 2017 devono essere emessi gli atti di liquidazione della TARI e i titoli esecutivi per gli altri tributi. In merito alle azioni da porre in essere, il Comune ha dichiarato che sta procedendo alla predisposizione di un piano di lavoro che nel triennio consenta di ridurre sostanzialmente l’entità dei residui attivi.
Le indicazioni del Collegio contabile
La Sezione ha ricordato come il legislatore, al fine di conferire veridicità ed attendibilità al rendiconto, ha stabilito che, al termine di ciascun esercizio, prima dell’inserimento nel conto del bilancio dei residui attivi e passivi, il comune deve procedere al riaccertamento che, nel caso dei residui attivi, consiste nel riesame delle ragioni creditorie dell’ente, al fine di decidere se mantenere il residuo, in tutto o in parte, nel conto del bilancio (art. 228, comma 3, del TUEL). Considerata la finalità della norma, deve trattarsi di un controllo sostanziale e non solo formale. L’ente non può limitarsi a verificare che persista il titolo giuridico del credito e l’esistenza del debitore, e che rimanga inalterata la quantificazione del credito, ma deve anche accertare l’effettiva riscuotibilità dello stesso e le ragioni per le quali non è stato riscosso in precedenza, cosicché ove risulti che il credito, di fatto, non è più esistente, esigibile o, comunque, riscuotibile, deve essere stralciato dal conto del bilancio e inserito nel conto del patrimonio in apposita voce dell’attivo patrimoniale, fino al compimento del termine prescrizionale (art. 230 del TUEL, così come ripreso anche dai Principi contabili); dopodiché deve essere eliminato anche dal Conto del patrimonio, con conseguente riduzione del patrimonio. Infatti, il mantenimento dei residui attivi inesigibili o di dubbia esigibilità è idoneo ad influenzare negativamente il risultato di amministrazione e la sussistenza degli equilibri di bilancio, nonché la stessa attendibilità del rendiconto dell’ente e configura un’irregolarità contabile alla quale occorre porre rimedio, anche perché può incidere sull’esistenza stessa dell’avanzo di amministrazione che deve essere effettivo e reale.
Le raccomandazioni
In ragione della criticità evidenziata, il Collegio contabile ha invitato il Comune a vigilare attentamente sulle ragioni della mancata riscossione dei crediti e sulle conseguenti azioni da intraprendere, tenendo conto delle conseguenze che derivano da un loro improprio mantenimento sul risultato di amministrazione, sulla salvaguardia degli equilibri di bilancio e sulla stessa attendibilità del rendiconto dell’ente.
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