Perciò, le anticipazioni di cassa eccedenti i limiti funzionali e quantitativi costituiscono indebitamento e non possono essere assunte come mezzo di copertura surrettizia (Corte Cost., sent. n. 188/2014).
L’assenza di temporaneità del deficit di cassa, oltre a violare il principio di sana gestione finanziaria e a costituire indice dell’esistenza di squilibri di bilancio, anche in presenza di residui attivi insussistenti o di dubbia esigibilità (Corte dei conti, sez. reg. di contr. Emilia-Romagna, delib n. 63/2019/PRSP), è sintomo di possibile violazione della regola costituzionale di destinazione dell’indebitamento alle spese di investimento (art. 119, comma 6, Cost.): infatti, trattasi di istituto di carattere eccezionale, utilizzabile unicamente per il superamento di crisi di liquidità temporanee e non convertibile in strumento ordinario e fisiologico di gestione per il pagamento delle spese (Corte dei conti, sez. reg. di contr. Puglia, delib. n. 89/PRSP/2017).
Ne deriva l’esigenza di uno scrupoloso perseverare nella riscossione delle entrate e nel contenimento e razionalizzazione della spesa, anche attraverso l’attivazione di un cronoprogramma annuale di rientro dal deficit di cassa (cfr., in generale, Corte dei conti, Sez. Aut., delib. n. 19/SEZAUT/QMIG/14 luglio 2014).
Il dato riferito al fondo cassa non negativo va interpretato in senso “sostanziale” e non puramente formale, con la conseguenza che gli enti che a fine esercizio non hanno restituito l’anticipazione di tesoreria o che non hanno reintegrato in toto le entrate vincolate utilizzate per spese correnti devono considerarsi in squilibrio di cassa. Il deficit di cassa, infatti, è uno dei principali indicatori di squilibrio finanziario per il quale devono essere analizzate le cause e devono essere trovati gli opportuni rimedi, così da ripristinare regolari flussi che consentano all’Ente di far fronte agli obblighi di pagamento con tempestività e nel rispetto delle direttive europee.
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