Con comunicato del 22 marzo 2019 la rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate rende noto che:
Non è impugnabile il diniego di un’istanza di autotutela in quanto atto meramente confermativo di un precedente provvedimento, potendo il sindacato giurisdizionale riguardare solo i profili di illegittimità del rifiuto dell’amministrazione.
Con l’ordinanza n. 1803 del 23 gennaio 2019, la Cassazione ha confermato un indirizzo ormai consolidato, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle entrate avverso una sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana.
La vicenda
Con apposita istanza, una contribuente chiedeva la rettifica del classamento della propria abitazione, con attribuzione della categoria A/2 in luogo della A/1 in ragione delle caratteristiche intrinseche ed estrinseche dell’unità immobiliare. Il classamento attribuito, in particolare, derivava da un avviso di accertamento divenuto definitivo per mancata impugnazione.
Avverso il diniego espresso di provvedere in autotutela, motivato dall’assenza di condizioni che giustificassero la richiesta variazione, la contribuente proponeva ricorso contestando nel merito il classamento dell’ufficio e chiedendo l’attribuzione della categoria A/2.
La sentenza di primo grado, che aveva rigettato il ricorso sul presupposto dell’improponibilità della domanda, veniva riformata in appello per “erronea qualificazione dell’atto impugnato”, ritenendo che il provvedimento di diniego non consistesse in un mero rifiuto dell’esercizio di autotutela e contenesse anche un esame nel merito dell’istanza.
Avverso la decisione della Ctr ha proposto ricorso l’amministrazione, deducendo error in procedendo ex articolo 360, comma 1, n. 4, cpc e violazione degli articoli 19 e 21, Dlgs 546/1992, dell’articolo 2-quater del Dl 564/1994 e dell’articolo 21-novies della legge 241/1990.
L’ordinanza
Con l’ordinanza in commento, la Corte di cassazione ha accolto il ricorso erariale, ribadendo, in linea con un orientamento consolidato, che nel giudizio tributario il sindacato giurisdizionale sul diniego, espresso o tacito, di autotutela è ammesso solo in relazione a eventuali profili di illegittimità del rifiuto dell’amministrazione. Diversamente, si avrebbe un’indebita sostituzione del giudice nell’attività amministrativa o un’inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo.
Segnatamente, i giudici di legittimità distinguono tra atti di conferma impropria, ossia atti confermativi di un precedente provvedimento che non sottendono una nuova istruttoria e una nuova motivazione, e quelli di conferma propria, comportanti un riesame dei fatti nonché una nuova valutazione in fatto e in diritto della pretesa.
Solo rispetto a questi ultimi, qualora all’esito del procedimento di riesame l’amministrazione si esprima in senso negativo, rigettando la richiesta della parte privata, è ammissibile l’impugnazione del diniego espresso di autotutela, trattandosi in questo caso di un nuovo provvedimento che disciplina il rapporto e si sostituisce al precedente atto.
Nel caso di specie, il mero richiamo a elementi di fatto, contenuto nel provvedimento impugnato, non è stato sufficiente per parlare di un nuovo esame nel merito della vicenda, evidenziando la Cassazione come, diversamente da quanto affermato dalla Ctr, l’ufficio si fosse limitato a rilevare l’assenza di circostanze ed elementi nuovi incidenti sulla redditività dell’immobile dall’anno in cui era divenuto definitivo l’ultimo classamento.
In conclusione, la Corte ha cassato la sentenza impugnata decidendo nel merito e dichiarando inammissibile l’originario ricorso.
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