Il contratto dei segretari provinciali e comunali prevede la possibilità di maggiorazione della loro retribuzione di posizione, fino al cinquanta percento, secondo le condizioni soggettive ed oggettive trasfuse nella contrattazione decentrata. Non esiste, tuttavia, un diritto soggettivo da parte del segretario alla pretesa della maggiorazione, essendo quest’ultima di natura discrezionale e, in ogni caso, soggetta ad un ineludibile vincolo sia delle risorse finanziarie disponibili degli enti sia del rispetto della propria capacità di spesa. Con queste motivazioni la Cassazione (Ordinanza n.32231/2021) ha rigettato il ricorso di un segretario di un ente locale che aveva richiesto l’applicazione della maggiorazione, esercitando le medesime funzioni aggiuntive, anche negli anni precedenti a prescindere dall’assenza delle disponibilità di bilancio previste dall’ente locale.
La vicenda
Un segretario generale di una Provincia ha citato davanti al giudice del lavoro il proprio ente che, in ragione della maggiorazione attribuita, a seguito dell’approvazione del contratto decentrato, non ha dato attuazione alla clausola di salvezza. Quest’ultima, infatti, facendo salvi i provvedimenti già adottati dagli enti, avrebbe dovuto comportare il pagamento delle stessa maggiorazione per le medesime funzioni svolte dal segretario anche negli anni precedenti. La Corte di appello, rispetto al Tribunale che aveva dato ragione al segretario, ha rigettato il ricorso in quanto, a suo dire, la clausola di salvezza dei provvedimenti già adottati si riferiva agli atti che avevano riconosciuto la maggiorazione, a prescindere dall’intervento della fonte collettiva, e non a quelli che riguardavano esclusivamente i presupposti soggettivi richiesti dall’accordo decentrato.
Avverso la sentenza ha presentato ricorso in Cassazione il segretario, sostenendo l’errore del giudice d’appello per non aver considerato la ratio della maggiorazione, che è quella di adeguare la retribuzione alla qualità e quantità dei servizi prestati, in armonia con un sistema che introduce livelli retributivi differenziati in funzione e le maggiori o minori responsabilità derivanti dalla tipologia dell’ente di assegnazione.
La conferma della Cassazione
Il motivo del ricorso è stato considerato dal giudice di legittimità infondato. Infatti, le disposizioni contrattuali prevedono che gli enti «nell’ambito delle risorse disponibili e nel rispetto della capacità di spesa, possono corrispondere una maggiorazione dei compensi » (art.41, comma 4, CCNL 16/04/2001) rimettendo alla contrattazione decentrata integrativa nazionale la disciplina delle condizioni, dei criteri e dei parametri di riferimento per la definizione delle indicate maggiorazioni. Tuttavia, il contratto ha anche previsto (comma 6 del medesimo art.41) che «la retribuzione di posizione nel valore annuo definito ai sensi
del precedente comma 3 assorbe ogni altra forma di compenso connessa alle prestazioni di lavoro, ivi compreso quello per lavoro straordinario», con la sola eccezione dei diritti di segreteria previsti dall’art. 37, lett d), dello stesso contratto. Il contratto nazionale, pertanto, subordina la maggiorazione della retribuzione di posizione alla ricorrenza di specifiche condizioni ed in particolare richiede, oltre al previo intervento della contrattazione integrativa, una decisione in tal senso degli enti che «possono» deliberare l’aumento nei soli limiti «delle risorse disponibili e delle capacità di spesa», vincoli, questi, il cui rispetto è imposto anche alla contrattazione integrativa, la quale non può comportare, a pena di nullità delle clausole difformi, «oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale del bilancio». Pertanto, è infondata la deduzione del segretario, secondo cui le «attività aggiuntive» dovevano comunque essere retribuite per adeguare il corrispettivo alla qualità e quantità della prestazione resa, in quanto tale indicazione è in contrasto con il chiaro tenore della contrattazione nazionale. Quest’ultima, infatti, oltre ad escludere la doverosità della maggiorazione ed a consentirla nei limiti «delle risorse disponibili e nel rispetto della capacità di spesa», sancisce la nullità delle clausole del contratto decentrato che contrastino con detti vincoli e che comportino oneri «non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale del bilancio dell’Agenzia nazionale e degli enti».
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