In assenza dell’impegno di spesa l’importo va imputato al funzionario che non esprime il proprio dissenso

29 Luglio 2024
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Per stabilire la responsabilità del funzionario o dall’amministratore, per la realizzazione di una prestazione professionale in assenza dell’impegno di spesa, è sufficiente che egli ometta di manifestare il proprio dissenso e presti la sua opera come in presenza di una valida ed impegnativa obbligazione dell’ente territoriale. Con queste motivazioni la Cassazione (ordinanza n. 19892/2024), in riforma della sentenza della Corte di appello, ha accolto le motivazioni del professionista che, individuato il funzionario che aveva consentito la prestazione, ha chiesto la sua chiamata in causa per il pagamento della prestazione in via surrogatoria.

La vicenda

Un professionista ha reso la sua prestazione suddivisa in due parti, la prima con importo forfettario e la seconda condizionata al pagamento del finanziamento ricevuto dall’ente locale. L’ente ha disposto il solo pagamento forfettario e, nonostante il finanziamento ricevuto e l’utilizzazione della progettazione, ha negato il pagamento condizionato. Il Tribunale di primo grado e la Corte di appello, adito dal professionista, hanno rigettato il suo ricorso, in ragione di una prestazione avvenuta su un contratto nullo in assenza della copertura finanziaria che non poteva essere condizionata ad un futuro accoglimento del finanziamento. Inoltre, non è stata accolta la domanda di condanna al funzionario che aveva proceduto alla progettazione della somma dovuta, chiedendo in via surrogatoria, la condanna dell’ente locale al pagamento dell’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento. Infatti, è stata respinta la chiamata in causa del funzionario in quanto, ai fini dell’imputazione dell’obbligo di pagamento all’amministratore, funzionario o dipendente, è necessario che lo stesso abbia prestato un vero e proprio consenso contrattuale, e rilevando che nella specie il contratto, sottoscritto dal Dirigente e stipulato in esecuzione di una delibera della Giunta recante il visto di regolarità tecnica del medesimo ed il visto di regolarità amministrativa e contabile del Segretario generale, non recava alcun richiamo alla figura del funzionario.

Il professionista, quindi, ha promosso ricorso in Cassazione sostenendo precisando che, la responsabilità diretta dell’amministratore, funzionario o dipendente che ha consentito la spesa non postula la partecipazione diretta alla contrattazione invalida, ma una collaborazione materiale all’insorgenza dell’obbligazione, anche mediante l’inadempimento di un dovere di controllo, sostenendo che, nel caso di specie, l’intero rapporto tra esso ricorrente, l’ente locale e il soggetto finanziatore era stato gestito dal funzionario chiamato in giudizio, il quale aveva operato per la conclusione del contratto.

L’accoglimento del ricorso

Secondo la Cassazione il ricorso è fondato, anche se è vero che il giudice di legittimità, in precedenti orientamenti, aveva avuto modo di precisare che, l’art.191 del Tuel, nel prevedere la responsabilità dell’amministratore o del funzionario, distingue tra «coloro […] che hanno consentito la fornitura» e (per i contratti ad esecuzione continuata o periodica) «coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni», ha affermato che l’esclusione della necessità di un vero e proprio consenso comporterebbe l’estensione della responsabilità a soggetti diversi da colui che ha sottoscritto il contratto, generando confusione in ordine all’individuazione del soggetto cui imputare l’obbligazione. Infatti, con orientamenti successivi, la Cassazione ha precisato che l’attività di «consentire» la prestazione non deve necessariamente consistere nell’assunzione da parte dell’amministratore o del funzionario di un ruolo d’iniziativa o d’intervento determinante nella conclusione del contratto, essendo invece sufficiente che egli ometta di manifestare il proprio dissenso e presti la sua opera come in presenza di una valida ed impegnativa obbligazione dell’ente territoriale. D’altra parte, il disposto normativo è volto a far sì che un contratto, non perfezionatosi secondo legge non pervenga alla fase esecutiva, si è osservato che a questo fine viene responsabilizzato l’amministratore o il funzionario che, chiamato ad operare, a cagione del suo ufficio, per la conclusione e l’attuazione del contratto, cooperi, lasciando che la prestazione venga eseguita, in contrasto con la volontà del legislatore, la quale esige che egli neghi il suo consenso e comunque non presti, per quanto possibile, l’opera che sarebbe suo dovere compiere se il contratto fosse stato formato a norma di legge. Tale interpretazione non trova ostacolo nella difficoltà, prospettata dalla sentenza impugnata, d’individuare l’amministratore o il funzionario al quale imputare l’obbligazione, nel caso in cui l’acquisizione dei beni o dei servizi, in assenza dei prescritti adempimenti, abbia avuto luogo con l’intervento di più soggetti, uno dei quali soltanto abbia sottoscritto il contratto. Pertanto, non può escludersi, la configurabilità di un’imputazione congiunta dell’obbligazione a tutti coloro che hanno cooperato alla conclusione e all’esecuzione del contratto o comunque non l’hanno impedita, pur essendovi tenuti, spettando al giudice di merito l’accertamento delle modalità con cui ciascuno di essi ha contribuito al predetto risultato ed il nesso causale tra quest’ultimo e i rispettivi comportamenti.

L’accoglimento del ricorso, comporta il rinvio della sentenza alla Corte di appello che, in diversa composizione, dovrà decidere secondo le norme di diritto enunciate.

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