Il caso particolare riguarda un ente locale che dovrebbe affrontare l’emissione di una sentenze esecutiva di rilevante importo e delle possibili strategie di copertura finanziaria, tale da impedire all’ente di avere possibili ripercussioni in termini di equilibri di bilancio. Tra le varie strategie l’ente indica ai giudici contabili le seguenti possibili soluzioni:
- Consistenti accantonamenti nel redigendo bilancio di previsione, tali da sopperire ad una eventuale sentenza negativa;
- Nella previsione che la sentenza di condanna venga emessa alla fine dell’anno e, in considerazione del termine dei 120 giorni previsto per il suo pagamento, si chiede se sia possibile utilizzare gli accantonamenti dell’anno 2019 e 2020;
- La possibilità di vendere un bene patrimoniale con destinazione ad accantonamento a fondo rischi per onorare il successivo debito da sentenza.
La risposta è contenuta nella deliberazione 6 febbraio 2019 n.8 della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Piemonte.
La risposta dei giudici contabili
Il Collegio contabile dopo aver annunciato il principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria, di cui all’allegato 4/2 punto 5.2 lett. h) del d.lgs.118/2011, secondo il quale l’accantonamento di risorse per il pagamento degli oneri previsti da una sentenza di condanna sia necessario al fine di preservare gli equilibri di bilancio atteso che una delle cause del rischio di squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario è rappresentata da sentenze che determinano per l’ente l’insorgere di oneri di rilevante entità finanziaria e che il bilancio non riesce ad affrontare con risorse disponibili nell’anno o nel triennio di riferimento del bilancio (art. 193 TUEL). In questo caso, in presenza di contenziosi di ingente valore, l’ente deve valutare il grado di possibilità/probabilità/quasi certezza dei medesimi, ai fini di procedere ai necessari accantonamenti per evitare che gli importi derivanti dalle relative sentenze di condanna siano tali da minare gli equilibri di bilancio. Tali accantonamenti devono, necessariamente, essere già posti in essere nel corso del giudizio di primo grado e, soprattutto, prima della sentenza di condanna la quale, essendo de iure esecutiva, non rientra più tra le fonti delle c.d. passività potenziali, ma tra quelle dei debiti da riconoscere fuori bilancio, in assenza di una specifica copertura finanziaria. In altri termini, fino all’emissione della sentenza esecutiva l’Ente, al fine di preservare anche in prospettiva gli equilibri di bilancio, è tenuto ad accantonare le risorse necessarie per sostenere le spese derivanti dalla condanna. Lo stesso principio contabile citato prevede che “In presenza di contenzioso di importo particolarmente rilevante, l’accantonamento annuale può essere ripartito, in quote uguali, tra gli esercizi considerati nel bilancio di previsione o a prudente valutazione dell’ente”, per cui l’Ente ha la possibilità di stanziare le risorse necessarie a sostenere le spese derivanti da una probabile condanna di rilevante importo ripartendo gli accantonamenti negli anni oggetto del bilancio di previsione. Le disposizioni del testo unico degli enti locali, prevedono inoltre che per esigenze di sostenibilità finanziaria, con l’accordo dei creditori interessati, è possibile rateizzare il pagamento dei debiti riconosciuti in tre anni finanziari compreso quello in corso, ai sensi dell’art. 194, comma 2, del TUEL, a condizione che le relative coperture, richieste dall’art. 193, comma 3, siano puntualmente individuate nella delibera di riconoscimento, con conseguente iscrizione, in ciascuna annualità del bilancio, della relativa quota di competenza secondo gli accordi del piano di rateizzazione convenuto con i creditori. Nel caso in cui manchi un accordo con i creditori sulla dilazione di pagamento, la spesa dovrà essere impegnata ed imputata tutta nell’esercizio finanziario in cui il debito scaduto è stato riconosciuto, con l’adozione delle conseguenti misure di ripiano.
Ricorda la Corte come la procedura di riconoscimento consiliare ex art. 194 del T.U.E.L. del debito fuori bilancio derivante da una sentenza esecutiva è comunque necessaria anche qualora il pagamento del debito avvenisse utilizzando uno specifico fondo presente in bilancio al fine di non vanificare la disciplina di garanzia prevista dall’ordinamento, impendendo sia il controllo previsto dalla norma citata da parte del Consiglio comunale che la verifica da parte della Procura della Corte dei conti.
Per quanto riguarda la domanda di poter utilizzare gli anni 2019 e 2020 degli accantonamenti effettuati nel fondo rischi, qualora il termine dei 120 si protragga nei due esercizi finanziari con inizio della comunicazione della sentenza definitiva e slittamento dei termini nell’anno successivo, la soluzione evidenziata dal comune non può essere assentita. In particolare il termine dei 120 giorni precluda al creditore la sola notifica dell’atto di precetto per avviare un’azione esecutiva nei confronti dell’Ente inadempiente, per cui, dal momento della notifica della sentenza munita di formula esecutiva sorge comunque in capo al debitore l’obbligo di pagare, con il conseguente onere di avviare la procedura di riconoscimento del relativo debito fuori bilancio nel cui ambito l’Ente deve individuare le risorse necessarie alla copertura della spesa nei termini prima enunciati.
Infine, in merito alla possibilità di poter destinare la vendita di un immobile per la destinazione al futuro pagamento dei debiti fuori bilancio, la soluzione proposta non può essere assentita, in quanto la vendita deve essere finalizzata esclusivamente a sostenere spese in conto capitale, trattandosi di entrata in conto capitale. Vero è che in caso di accertamento negativo del permanere degli equilibri generali di bilancio, l’ente locale può provvedere ad adottare, tra gli altri, i provvedimenti per il ripiano dei debiti fuori bilancio di cui all’art. 194 del T.U.E.L., tuttavia, è stato affermato dalla Sezione delle Autonomie (deliberazione n.14/2013) che i proventi da alienazione di beni patrimoniali disponibili non possono avere destinazione diversa da quelle indicate negli artt. 1, comma 443, della legge di stabilità 2013 – i proventi da alienazioni di beni patrimoniali disponibili possono essere destinati esclusivamente alla copertura di spese di investimento ovvero, in assenza di queste o per la parte eccedente, per la riduzione del debito – e 193, comma 3, del TUEL, come modificato dall’art. 1, comma 444 della legge di stabilità 2013 – ossia possono essere utilizzate per l’anno in corso e per i due successivi le possibili economie di spesa e tutte le entrate, ad eccezione di quelle provenienti dall’assunzione di prestiti e di quelle con specifico vincolo di destinazione, nonché i proventi derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili e da altre entrate in c/capitale con riferimento a squilibri di parte capitale – salvo i casi contemplati dal TUEL in materia di dissesto (art. 255) e di accesso al fondo di rotazione di cui all’art. 243-ter e per le finalità di cui all’art. 243-bis del TUEL, casi nei quali detti proventi concorrono a finanziare l’intera massa passiva. In altri termini è esclusa la possibilità di destinare i proventi dalla vendita immobiliare per destinarli ad incremento del fondo rischi.
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