La vicenda
Dopo aver richiesto agli uffici di classificare tutta la documentazione in entrata e in uscita dal protocollo dell’ente, formalizzando un report settimanale da inviare ai consiglieri, successivamente il Sindaco procedeva alla revoca del provvedimento. Un consigliere comunale ha, pertanto, richiesto l’obbligo di ripristinare il citato report nonché il provvedimento di revoca del Sindaco. In ragione del silenzio dell’ente sul ripristino del report, essendo invece il consigliere venuto in possesso del provvedimento di revoca, ha chiesto tutela delle sue prerogative al giudice amministrativo che, con sentenza ha ritenuto illegittimo il provvedimento di revoca del report settimanale, precisando che la conoscenza di detta documentazione risulterebbe essenziale per “agevolare la valutazione dell’efficacia dell’azione amministrativa” nonché per “stimolare la promozione di ulteriori attività in favore della collettività rappresentata”. Avverso la sentenza ha proposto appello l’ente locale che si è lamentato del fatto che, una simile richiesta ostensiva, dirigendosi oltre quelle che sono le prerogative del consigliere comunale, finirebbe per stravolgere l’assetto organizzativo della PA (data la mole dei dati da gestire e con cadenza settimanale) nonché per compromettere seriamente la sfera di riservatezza di terze persone.
La riforma della sentenza
Il ricorso è fondato. Infatti, se da un lato la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare che la riservatezza non è opponibile ai consiglieri comunali in quanto gli stessi sono comunque tenuti al segreto d’ufficio ai sensi dell’art. 43, comma 2, TUEL, dall’altro lato, tuttavia, è stato anche ribadito che non possono essere ammessi “diritti tiranni” (nel caso di specie: quello dei consiglieri comunali ad avere accesso agli atti del proprio comune) rispetto ad altre situazioni che godono peraltro di una certa copertura costituzionale. In queste ipotesi, occorre operare un “equilibrato bilanciamento” tra le due posizioni attraverso la messa a disposizione di dati ed informazioni in forma tale da non comportare, in ogni caso, la divulgazione altresì dei nominativi dei soggetti interessati (Tra le tante: Cons. Stato, sez. V, 1° marzo 2023, n. 2189). Il TAR ha, nel caso di specie, correttamente osservato tale bilanciamento. In merito, invece, al congestionamento degli uffici, occorre invece rilevare come debba essere operata una certa distinzione tra semplice accesso agli atti ed accesso che implica, nella sostanza, una “innovazione organizzativa radicale” ossia “un nuovo atto organizzativo generale”. Ciò avviene quando, come nel caso di specie, si chiede una mole di dati ed informazioni “pari alla latitudine dell’intera amministrazione di riferimento”. Allora la richiesta del consigliere che chieda di accedere settimanalmente (e dunque anche sistematicamente) a tutto il protocollo dell’ente, non può che essere dichiarata illegittima. In altri termini, il diritto del consigliere non è illimitato, trovando il proprio limite nella sua funzione stessa (che non è quella di affiancarsi alla struttura amministrativa istituendo, in concreto, una nuova figura organizzativa e dunque nuovi assetti funzionali e ulteriori modelli procedimentali) e soprattutto nel principio di proporzionalità dell’azione amministrativa.
Pertanto, secondo i giudici amministrativi di appello, quest’ultimo motivo deve essere accolto in ragione della legittimità del provvedimento di revoca del sindaco sulla produzione dei report settimanali.
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