Illegittima la dichiarazione di dissesto dell’ente locale se non motivata

Deve essere dichiarata illegittima la deliberazione del Consiglio comunale cha abbia dichiarato il dissesto, senza aver prima verificato la percorribilità della soluzione alternativa offerta dal legislatore, del ricorso alla procedura del piano di riequilibrio finanziario pluriennale. Con queste motivazioni il TAR Abruzzo (sentenza n.325/2022) ha annullato la deliberazione del Consiglio comunale che, nel dichiarare il dissesto, non ha dato conto della non praticabilità della procedura prevista dall’art.243-bis del Tuel.

16 Settembre 2022
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Deve essere dichiarata illegittima la deliberazione del Consiglio comunale cha abbia dichiarato il dissesto, senza aver prima verificato la percorribilità della soluzione alternativa offerta dal legislatore, del ricorso alla procedura del piano di riequilibrio finanziario pluriennale. Con queste motivazioni il TAR Abruzzo (sentenza n.325/2022) ha annullato la deliberazione del Consiglio comunale che, nel dichiarare il dissesto, non ha dato conto della non praticabilità della procedura prevista dall’art.243-bis del Tuel.

Il fatto

Alcuni cittadini, ex amministratori comunali e attuale consiglieri di minoranza, hanno impugnato la deliberazione del Consiglio comunale di dichiarazione del dissesto dell’ente locale, depositando una relazione tecnica di parte sulla illegittimità dei residui attivi stralciati ad opera del responsabile finanziario, senza aver considerato anche la cancellazione dei correlati residui passivi, dell’incremento delle poste afferenti il FCDE in mancanza dell’attivazione di programmi di recupero tributari che avrebbero permesso un abbattimento dell’accantonamento, ed altre questioni giudicate erronee in merito al riconoscimento dei debiti fuori bilancio e delle passività pregresse. In ogni caso, i ricorrenti lamentano che, una volta attuate le citate correzioni, l’ente avrebbe potuto ricorrere alla procedura del riequilibrio finanziario pluriennale, offerto dal legislatore al fine di evitare l’incidenza negativa sui cittadini della dichiarazione di dissesto.

Le indicazioni del Collegio amministrativo

In merito ai giudizi di valore espressi nel ricorso, circa ipotesi alternative finanziarie praticabili e di presunti errori di valutazione del responsabile finanziario e dei revisori dei conti, il ricorso è stato giudicato infondato dai giudici amministrativi di primo grado. Infatti, la verifica della correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, sotto il profilo tecnico, non può sfociare nella sostituzione dell’opinione del giudice a quella espressa dall’organo amministrativo ove tale opinione, pur se non condivisa sul piano soggettivo in dipendenza della fisiologica opinabilità che connota l’interpretazione e l’applicazione di scienze non esatte, non venga considerata erronea sul piano della tecnica. Nel caso di specie, pertanto, nel controllo sul giudizio tecnico dell’organo amministrativo il giudice amministrativo non può sovrapporre la propria valutazione a quella della pubblica amministrazione, o a quella dell’organo di revisione contabile deputato ad operare il controllo.

Abbandonata l’ipotesi di giudizi di valori sulle corrette appostazioni contabili, risulta fondato il ricorso nella parte in cui lamenta il difetto di motivazione negli atti impugnati circa l’impercorribilità della procedura di riequilibrio finanziario di cui all’art. 243 bis del d.lgs. n. 267/2000, quale misura speciale e straordinaria, attivabile quando, da un lato, non ci sono risorse sufficienti a ripristinare gli equilibri nei modi e nei tempi degli artt. 193 e 194 del TUEL, e, dall’altro, ci sono ragionevoli margini di recupero entro un orizzonte temporale allargato.

La differenza tra dissesto e piano di riequilibrio

Ai sensi dell’art. 244 d.lgs. 267/00 si ha dissesto finanziario quando l’ente “non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell’ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte”.

Accanto al dissesto il legislatore ha introdotto il dissesto guidato e il c.d. pre-dissesto (procedura di riequilibrio finanziario pluriennale). In tale ambito, gli enti locali ricorrono alla citata procedura qualora versino in una situazione di squilibrio strutturale del bilancio, in grado di provocare la situazione di dissesto, che opera laddove non siano sufficienti le misure di cui agli articoli 193 e 194 del Tuel 267/2000 e non vi sia la possibilità di accedere alla suddetta disciplina per il superamento delle condizioni di squilibrio rilevate.

Il presupposto condiviso di entrambe le procedure (dissesto e piano di riequilibrio) consiste nell’impossibilità di ripianare “validamente” lo squilibrio evidenziatosi con le modalità di cui agli articoli 193 e 194 ed entro il fisiologico arco temporale del bilancio di previsione (art. 162), con una manovra correttiva (“piano di rientro”) di durata triennale ed in ogni caso non oltre la durata della consiliatura (art. 188 co. 1).

In altri termini, la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevede l’integrale copertura del debito pregresso a carico del bilancio dell’Ente locale e senza separazione del bilancio, oltre alla regolare approvazione del bilancio di previsione e dell’ultimo rendiconto nei termini di legge, presuppone lo “stato” di insolvenza giuridico-finanziaria. Il ricorso a tale misura è tuttavia ammesso solo nel caso in cui le esigenze di illiquidità, unitamente alla complessiva massa passiva da ripianare, non compromettano la continuità amministrativa nello svolgimento delle funzioni e dei servizi indispensabili e, nel contempo, lo squilibrio finanziario e la massa passiva siano ripianabili, ragionevolmente, nell’orizzonte temporale determinato in base ai criteri dell’articolo 243-bis, comma 6, del TUL (Corte dei conti, Sezione Autonomie, deliberazione n. 16/2012).

La procedura consiste nella gestione della crisi finanziaria dell’Ente locale da parte degli organi ordinari, attraverso la definizione di un piano pluriennale di recupero della massa passiva accumulata. Essa assume una sua peculiarità in quanto protesa a valorizzare la responsabilità degli organi ordinari dell’ente nell’assunzione delle iniziative per il risanamento, ed è volta ad evitare che l’Ente locale subisca le gravi conseguenze prodotte dal dissesto, è avviata spontaneamente dall’Ente, mentre le attività e le competenze restano in capo agli organi ordinari, senza ricorso ad alcun soggetto esterno (OSL).

Inoltre, sul piano procedurale, il piano di riequilibrio finanziario pluriennale è misura meno gravosa del dissesto in situazioni di grave crisi finanziaria laddove permette di non rompere l’unità del bilancio e di favorire il recupero dell’Amministrazione rispetto alla comunità amministrata.

Il dissesto rimane la misura ultima e residuale, tant’è che è prevista l’immissione automatica nella stessa nei casi di “fallimento” della procedura di riequilibrio, ai sensi dell’art. 243-quater del Tuel 267/2000, rimanendo il parametro procedurale a garanzia della serietà del percorso di rientro e riequilibrio, e non una sanzione.

Conclusioni

Una volta, pertanto, chiarite le differenze, il Collegio amministrativo di primo grado, non può non rilevare come negli atti impugnati non è rinvenibile una motivazione circostanziata da cui evincere le concrete ragioni poste a base della scelta di optare per il dissesto senza ritenere esperibile la procedura di cui all’art. 243 bis del Tuel. L’ente, quindi, avrebbe dovuto dare conto dell’impraticabilità di tale soluzione alternativa, nell’arco temporale riconosciuto dal legislatore, oltre a valorizzare la possibilità di accedere al Fondo di rotazione previsto dalla normativa di settore.

In definitiva, il ricorso merita accoglimento ai soli fini del riesame della motivazione relativa al mancato ricorso al piano di riequilibrio finanziario di cui all’art. 243 bis del d.lgs. n. 267/2000.

 

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