La non approvazione del piano di riequilibrio finanziario di un ente locale presentato fuori dai termini previsti dalla legge, ha condotto la Corte dei conti ad attivare la procedura di dissesto. Il ricorso avverso la deliberazione del dissesto alle Sezioni Riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione (sentenza n.35/2020) è stato dichiarato infondato, avendo confermato la scelta della Sezione regionale di controllo della presentazione fuori termine del ricorso a nulla valendo la difesa del Sindaco di un Comune che, al fine di giustificare il mancato rispetto del termine (30 giorni dalla conoscenza della deliberazione), ha chiesto la remissione dei termini a causa di un virus che ha colto l’ufficio di protocollo dell’ente con impossibilità di conoscere la data e il conseguente rispetto del termine.
La giustificazione del Sindaco
La Sezione regionale di controllo della Corte dei conti ha dichiarato conclusa la procedura di riequilibrio di un ente locale con avvio dell’iter per la dichiarazione di dissesto. Avverso la deliberazione dei giudici contabili di controllo, il Comune ha proposto ricorso innanzi alle Sezioni Riunite oltre il termine perentorio dei trenta giorni previsto dalla normativa, formulando istanza per la rimessione in termini per incolpevole mancata conoscenza della deliberazione della Sezione regionale di controllo, ai sensi dell’art. 43, comma 6, del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 (codice di giustizia contabile). Il ricorrente ha dichiarato che, a causa di un virus che ha infettato la postazione hardware in uso all’ufficio protocollo, le comunicazioni Pec indirizzate all’ente nel periodo di circa tre mesi non sono state scaricate e, quindi, poste nella materiale conoscenza del Comune. A dimostrazione di quanto affermato sono state prodotte alcune note del Sindaco e una della società d gestione del sito informatico. Quest’ultima ha certificato che “per un periodo non noto, il personale computer dell’ufficio protocollo preposto alla ricezione del servizio Pec, non ha funzionato in maniera corretta a causa di un virus (Cryptolocker). A causa di ciò il programma Outlook non ha scaricato la posta Pec in maniera continua e corretta, causando la mancata visione di numerose e-mail pec arrivate. Il servizio, dopo un’attenta pulizia e rimozione del virus in questione, è stato correttamente ripristinato”.
La decisione delle Sezioni Riunite
Non vi è alcun dubbio che la trasmissione della deliberazione della Sezione di controllo sia stata inviata via PEC e in base all’art.6 del D.P.R. 11/02/2005, n. 68 si evince che la trasmissione a mezzo PEC, se regolarmente effettuata, è sufficiente perché il documento sia considerato effettivamente pervenuto al destinatario e reso conoscibile. Il rispetto della procedura prevista per le comunicazioni via pec dovrebbe di conseguenza concretizzare la conoscenza legale dell’atto trasmesso richiesta nello specifico dall’art. 123 del c.g.c. ai fini della decorrenza dei termini per la presentazione del ricorso a queste Sezioni riunite.
Il ricorrente riconosce che la deliberazione è stata regolarmente notificata via pec, ma sostiene che alla legale conoscenza non è coincisa l’effettiva conoscenza dell’atto, per fatto non imputabile al Comune. Il ricorrente non ha riportato, a sua difesa, un fatto che non gli ha consentito di proporre ricorso, ma ha sostenuto che alla conoscenza legale, non contestata, non ha corrisposto la conoscenza effettiva. Ritiene il Collegio che non risulti pienamente provata la mancata conoscenza della deliberazione. Nel ricorso non è stata indicata, né direttamente né indirettamente, la data in cui l’Amministrazione è effettivamente venuta a conoscenza della deliberazione, risultando così impossibile verificare il rispetto del termine di legge stabilito per la proposizione del ricorso. Il fatto che la deliberazione impugnata non sia stata resa conoscibile, in ultima analisi, trova il suo fondamento esclusivamente nella dichiarazione del Sindaco. È inoltre da rilevare che il personal computer dell’ufficio protocollo preposto alla ricezione del servizio Pec, sempre secondo la ditta, non ha funzionato in modo senza che la ditta precisasse la data di inizio e quella finale, anzi dichiarando espressamente che si trattava di un periodo non noto. Di conseguenza non sussistono elementi sufficienti a dimostrare l’impossibilità per il Comune di presentare ricorso entro il termine di legge.
D’altra parte, precisa il Collegio contabile, seppure un apparecchio hardware fosse stato infettato, l’Amministrazione comunale avrebbe comunque potuto visionare la posta certificata da altra postazione. Anche le caratteristiche del virus richiamato dalla ditta (crypto locker) il quale inserisce in genere nel sistema un alert del malfunzionamento, finalizzato ad ottenere un corrispettivo per l’operazione di pulizia del pc, inducono a ritenere che l’Amministrazione avrebbe potuto attivarsi tempestivamente per la risoluzione del problema. Infine, il Comune avrebbe potuto attivarsi per acquisire diversamente la deliberazione, anche in considerazione del fatto che si trattava di una procedura alla quale l’Amministrazione aveva partecipato attivamente. In questo caso si è di fronte ad una grave negligenza dell’Amministrazione nell’uso della posta elettronica certificata, anche in considerazione dell’indiscussa valenza della stessa per la vita di un ente e nella gestione di tutta la procedura relativa al PRFP.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
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