Come è noto, l’art. 21, comma 1, del TUSP (decreto legislativo n. 175/2016), nel caso di partecipate che presentano un risultato di esercizio negativo, impone alle amministrazioni locali partecipanti di effettuare un accantonamento specifico (proporzionato alla quota di partecipazione detenuta) nell’anno successivo a quello di rilevazione della perdita di esercizio o del saldo finanziario negativo da parte dei succitati organismi partecipati: tale accantonamento viene reso disponibile nel caso in cui l’ente partecipante ripiani la perdita di esercizio o dismetta la partecipazione o il soggetto partecipato sia posto in liquidazione.
Come evidenziato dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per il Lazio, nella recente delib. n. 22/2021/PRSP, depositata lo scorso 24 marzo, la norma crea una relazione diretta tra le perdite registrate dagli organismi partecipati e la consequenziale contrazione degli spazi di spesa effettivamente disponibili per gli enti proprietari a preventivo, con l’evidente obiettivo di una maggiore responsabilizzazione degli Enti locali nel perseguimento della sana gestione degli organismi partecipati. Tale accantonamento risponde alla ratio di neutralizzare prospetticamente le ricadute negative, per il bilancio pubblico, scaturenti da gestioni societarie in squilibrio, riducendo le capacità di spesa dell’ente socio: come osservato nella giurisprudenza della Corte “il meccanismo dell’accantonamento risponde all’esigenza di consentire una costante verifica delle possibili ricadute delle gestioni esternalizzate sui bilanci degli enti locali e si pone quindi nell’ottica dalla salvaguardia degli equilibri finanziari presenti e futuri degli enti stessi”(sez. reg. di controllo per la Liguria, delib. n. 24/2017/PAR).
Atteso il rilievo delle partecipazioni societarie sugli equilibri di bilancio del socio pubblico, l’art. 148 bis, comma 2, TUEL, nel quadro del rafforzamento dei controlli della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli Enti locali realizzato dal d.l. n. 174/2012, impone di accertare, nell’ambito delle verifiche sulla sana gestione finanziaria degli enti locali, che i rendiconti tengano conto anche delle partecipazioni in società controllate e alle quali è affidata la gestione di servizi pubblici per la collettività locale e di servizi strumentali all’ente. Nella stessa prospettiva, l’art. 147-quater del TUEL ha imposto agli enti locali di definire un sistema di controlli sulle società partecipate sotto la diretta responsabilità delle proprie strutture, prescrivendo, altresì, un monitoraggio periodico sull’andamento delle stesse (comma 3) e che i risultati complessivi della gestione dell’ente locale e delle aziende non quotate partecipate siano rilevati mediante bilancio consolidato.
Dunque, la detenzione di quote di partecipazione (nei limiti delle finalità oggi ammesse dall’art. 4 del TUSP) espone il bilancio pubblico agli incerti andamenti delle vicende societarie e della gestione delle imprese, con la conseguenza che risultati di esercizio negativi possono ripercuotersi negativamente sugli equilibri del bilancio pubblico, rendendo necessario, come visto, che detti rischi siano sterilizzati da apposito fondo prudenziale.
Il rapporto tra partecipazione societaria e fondo rischi perdite non esaurisce, tuttavia, la rilevanza del fenomeno partecipativo per gli equilibri economico-finanziari del socio pubblico per il quale devono essere osservate regole generali di “attendibilità” e “veridicità” delle scritture contabili, tenendo conto, in un contesto di sistema di “finanza pubblica allargata”, di tutti i fenomeni gestori rilevanti: in questo senso l’art. 147-quater del TUEL impone che i risultati complessivi della gestione dell’ente locale e delle aziende non quotate partecipate siano rilevati mediante bilancio consolidato (comma 4).
Ciò posto, come evidenziato dalla Corte, la mancata o tardiva approvazione, a distanza di anni dalla chiusura dei relativi esercizi, dei bilanci di numerosi organismi partecipati dall’Ente rappresenta un elemento di criticità: ed infatti, posto che l’approvazione del bilancio di esercizio rappresenta un adempimento fondamentale nella vita societaria al fine di cristallizzare l’esito della gestione, consentendo, in caso di andamenti negativi e squilibri, l’operatività delle norme del codice civile (cfr. artt. 2446 e 2447 per le s.p.a. e artt. 2482 bis e ter per le s.r.l.) che prevedono specifiche misure di adeguamento del capitale sociale e risanamento, è di tutta evidenza come la non tempestiva definizione degli esiti stessi della gestione, con l’approvazione del bilancio nei suoi diversi elementi economico-patrimoniali, sia idonea a ritardare l’emersione delle situazioni di squilibrio, inficiando la correttezza dell’accantonamento in discorso.
Ciò determina, altresì, una disapplicazione di fatto delle norme citate che presuppongono l’avvenuto assolvimento degli obblighi di legge di rilevazione annuale del risultato di esercizio di società e organismi partecipati e l’emersione, a norme di legge, di un eventuale saldo finanziario negativo, debitamente accertato e quantificato.
Sotto altro profilo, la mancata o non congrua effettuazione di un accantonamento a rischi produce solo un apparente equilibrio economico nell’esercizio, posto che, in caso di verificazione dell’evento oggetto di passività potenziale, si rende necessario reperire, in un successivo esercizio, le risorse per farvi fronte: in questo senso, la tardiva e contestuale emersione di perdite di esercizio da parte di numerosi organismi partecipati e delle correlate azioni correttive possono dare luogo a squilibri prospettici nella gestione della stessa Amministrazione che si trovi a dover fronteggiare, simultaneamente, dette situazioni di crisi.
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