Il risultato di amministrazione quale elemento di sintesi della gestione finanziaria del Comune

18 Novembre 2022
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Posto che “il risultato di amministrazione è parte integrante, anzi coefficiente necessario, della qualificazione del concetto di equilibrio dei bilanci” (Corte Costituzionale, sent. n. 247/2017, punto 8.5 del considerato in diritto), la disciplina della contabilità pubblica, laddove richieda anche complessi elaborati e allegati, deve trovare nel risultato di amministrazione un veicolo trasparente e univoco di rappresentazione degli equilibri nel tempo: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. per l’Emilia-Romagna, nella delib. n. 142/2022/PRSE, depositata lo scorso 4 novembre.

Nell’ordinamento contabile degli Enti Locali, il risultato di amministrazione è definito, in termini puramente finanziari, dall’art. 186 del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000) quale somma del fondo di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui passivi al termine dell’esercizio, nonché del fondo pluriennale vincolato di uscita.
La disciplina dell’istituto in parola trova una sua più compiuta definizione nell’attuale formulazione dell’art. 187, che al comma 1 dispone: “Il risultato di amministrazione è distinto in fondi liberi, fondi vincolati, fondi destinati agli investimenti e fondi accantonati. I fondi destinati agli investimenti sono costituiti dalle entrate in c/capitale senza vincoli di specifica destinazione non spese, e sono utilizzabili con provvedimento di variazione di bilancio solo a seguitodell’approvazione del rendiconto. L’indicazione della destinazione nel risultato di amministrazione per le entrate in conto capitale che hanno dato luogo ad accantonamento al fondo crediti di dubbia e difficile esazione è sospeso, per l’importo dell’accantonamento, sino all’effettiva riscossione delle stesse. I trasferimenti in conto capitale non sono destinati al finanziamento degli investimenti e non possono essere finanziati dal debito e dalle entrate in conto capitale destinate al finanziamento degli investimenti. I fondi accantonati comprendono gli accantonamenti per passività potenziali e il fondo crediti di dubbia esigibilità. Nel caso in cui il risultato di amministrazione non sia sufficiente a comprendere le quote vincolate, destinate e accantonate, l’ente è in disavanzo di amministrazione. Tale disavanzo è iscritto come posta a sé stante nel primo esercizio del bilancio di previsione secondo le modalità previste dall’art. 188”.

Appare quindi chiaro che il risultato contabile di amministrazione costituisce il dato fondamentale di sintesi dell’intera gestione finanziaria dell’Ente, dal momento che ne rappresenta, come detto, il coefficiente necessario (Corte Cost., sent. n. 18/2019). Oltre che nelle previsioni dei citati artt. 186 e 187 del TUEL, esso trova quindi disciplina nella previsione dell’art. 162 del TUEL: in particolare, deve essere garantito il pareggio finanziario complessivo per la competenza, comprensivo dell’utilizzo dell’avanzo di amministrazione e del recupero del disavanzo di amministrazione e garantendo un fondo di cassa finale non negativo.

Inoltre, le previsioni di competenza relative alle spese correnti sommate alle previsioni di competenza relative ai trasferimenti in c/capitale, al saldo negativo delle partite finanziarie e alle quote di capitale delle rate di ammortamento dei mutui e degli altri prestiti, con l’esclusione dei rimborsi anticipati, non possono essere complessivamente superiori alle previsioni di competenza dei primi tre titoli dell’entrata, ai contribuiti destinati al rimborso dei prestiti e all’utilizzo dell’avanzo di competenza di parte corrente e non possono avere altra forma di finanziamento, salvo le eccezioni tassativamente indicate nel principio applicato alla contabilità finanziaria necessarie a garantire elementi di flessibilità degli equilibri di bilancio al fine del rispetto del principio dell’integrità (art. 162, comma
6, del TUEL).
Il Decreto Legislativo n. 118/2011 definisce gli schemi ed i prospetti ai quali gli enti locali sono tenuti ad attenersi nella raffigurazione dei dati contabili: in particolare, l’allegato 10 consente di dare rappresentazione agli equilibri della gestione annuale a rendiconto.
Un equilibrio stabile consente all’ente di mantenersi, in prospettiva, in una situazione di avanzo di amministrazione e di sostenibilità dell’indebitamento.
Il legislatore, oltre a delineare nei termini sopra illustrati il principio dell’equilibrio di bilancio, ha previsto anche vincoli ben precisi alla crescita dell’indebitamento: uno di carattere qualitativo, relativo alla destinazione delle risorse acquisite; l’altro di carattere quantitativo, relativo alla sostenibilità degli oneri annuali che discendono dall’indebitamento.
Rispetto al primo profilo (vincolo di carattere qualitativo della spesa), l’art. 119, comma 6, della Costituzione, stabilisce che gli enti territoriali possono indebitarsi per le sole spese di investimento.

La riforma che ha costituzionalizzato il principio del pareggio di bilancio ha, dunque, inteso rafforzare il divieto già affermato dall’art. 119, comma 6, della Costituzione nella sua versione originaria e sancito a livello di legislazione ordinaria dall’art. 3, comma 16, della Legge 24 dicembre 2003, n. 350.
Sotto il secondo profilo (vincolo quantitativo della spesa), l’art. 203 del TUEL detta regole per la contrazione di nuovo indebitamento volte ad assicurare che i connessi oneri non assumano dimensioni tali da vulnerare la stabilità finanziaria dell’ente, dovendo tali oneri essere pari ad una percentuale predefinita delle entrate correnti dell’ente.
Le dimensioni fondamentali della gestione, consistenti nel rispetto degli equilibri di bilancio (compendiati nel risultato contabile di amministrazione) e nella sostenibilità dell’indebitamento, sono pertanto tra loro strettamente connesse; sicché, il governo della loro evoluzione è funzionale al mantenimento di una situazione di sana gestione finanziaria da parte dell’ente e su di esse si concentra il controllo di legittimità-regolarità della Corte dei conti, in chiave necessariamente dinamica (Corte Costituzionale, sent. n. 250/2013).

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