Il maggior disavanzo, anche in caso di mancato recupero di quello previsto dal piano di riequilibrio, genera un obbligatorio recupero secondo le regole previste dall’art.188 del Tuel. Queste sono state le indicazioni della Corte dei conti della Lombardia (delibera n.15/2022) che ha invitato un ente locale, di cui ne ha approvato il riequilibrio finanziario, ad attivare le procedure per il recupero del maggior disavanzo emergente a seguito della verifica del conti consuntivo 2020.
Il fatto
Un ente locale ha attivato la procedura del piano di riequilibrio finanziario pluriennale ai sensi dell’art.243-bis del Tuel, approvato il piano nei termini e avendo ricevuto parere positivo dalla Commissione di stabilità degli enti locali, la quale ne ha accertato la rispondenza del piano alle disposizioni normative di riferimento e alle indicazioni contenute nelle Linee Guida elaborate Sezione delle Autonomie con le deliberazioni n. 16/2012 e n. 5/2018. Alla Corte dei conti, spetta la valutazione di congruenza che deve essere effettuata alla stregua del principio contabile generale degli enti locali (All. 1, d.lgs. n. 118/2011) così definito: «la congruità consiste nella verifica dell’adeguatezza dei mezzi disponibili rispetto ai fini stabiliti. Il principio si collega a quello della coerenza, rafforzandone i contenuti di carattere finanziario, economico e patrimoniale, anche nel rispetto degli equilibri di bilancio. La congruità delle entrate e delle spese deve essere valutata in relazione agli obiettivi programmati, agli andamenti storici ed al riflesso nel periodo degli impegni pluriennali che sono coerentemente rappresentati nel sistema di bilancio nelle fasi di previsione e programmazione, di gestione e rendicontazione».
Il rapporto tra massa passiva e impegni di spesa di cui al titolo I° è pari alla percentuale del 68,53% che, secondo le previsioni legislative conducono ad una durata massima del piano a 15 anni, cui è stato suddiviso l’importo totale della massa passiva in quote annuali per tutta la durata del quindicennio.
Rispetto ai dati forniti, tuttavia, la Corte ha rilevato un calcolo errato sull’accantonamento al FCDE anche negli anni precedenti, invitando l’ente ad attenersi ai principi contabili, non potendo sottostimare gli accantonamenti a meno di una dettagliata relazione da indicare nella nota integrativa su eventuali residui su cui si è deciso, precisandone le ragioni, di non svalutare. Dall’ultimo conto consuntivo è emerso un peggioramento del disavanzo che l’ente ha erroneamente ripartito per la durata restante del piano di riequilibrio, ossia accantonando una maggiore quota rispetto al piano approvato.
Le osservazioni della Corte
L’iniziativa della ripartizione del maggior disavanzo registrato nel conto consuntivo 2020 è contraria al dettato normativo, trattandosi di disavanzo ordinario extra piano che dovrà essere ripianato nei più rigorosi termini previsti dall’art. 188 Tuel, secondo cui: “L’eventuale disavanzo di amministrazione accertato ai sensi dell’articolo 186, è immediatamente applicato all’esercizio in corso di gestione contestualmente alla delibera di approvazione del rendiconto. La mancata adozione della delibera che applica il disavanzo al bilancio in corso di gestione è equiparata a tutti gli effetti alla mancata approvazione del rendiconto di gestione. Il disavanzo di amministrazione può anche essere ripianato negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della consiliatura, contestualmente all’adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di rientro dal disavanzo nel quale siano individuati i provvedimenti necessari a ripristinare il pareggio. Il piano di rientro è sottoposto al parere del collegio dei revisori (…). La deliberazione contiene l’analisi delle cause che hanno determinato il disavanzo, l’individuazione di misure strutturali dirette ad evitare ogni ulteriore potenziale disavanzo, ed è allegata al bilancio di previsione e al rendiconto, costituendone parte integrante. Con periodicità almeno semestrale il sindaco o il presidente trasmette al Consiglio una relazione riguardante lo stato di attuazione del piano di rientro, con il parere del collegio dei revisori. L’eventuale ulteriore disavanzo formatosi nel corso del periodo considerato nel piano di rientro deve essere coperto non oltre la scadenza del piano di rientro in corso”.
Sul punto la Sezione delle Autonomie (deliberazione n. 30/2016) ha avuto modo di precisare che “laddove l’applicazione del disavanzo all’esercizio in corso risulti non sostenibile da un punto di vista finanziario, lo stesso deve essere distribuito negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione avuto riguardo solo alla sua estensione minima obbligatoria triennale e salvaguardando le compatibilità economico-finanziarie del processo di programmazione. La circostanza che gli esercizi successivi superino la consiliatura in corso e coincidano con il periodo di mandato elettivo di una nuova amministrazione non costituisce impedimento giuridico-contabile all’adozione del ripiano pluriennale che deve essere obbligatoriamente adottato”.
In disparte l’obbligo dell’ente di attivare il recupero del maggior disavanzo ai sensi della citata normativa, il piano è stato approvato.
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