Il giudice competente alla decisione dei canoni concessori o di affitto per antenne di telecomunicazione

In ragione della illegittimità nell’applicazione di un contratto di locazione anziché dell’affitto stipulato con il Comune, un operatore di telecomunicazione cedeva il contratto ad una società per la demolizione del manufatto.

7 Ottobre 2020
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In ragione della illegittimità nell’applicazione di un contratto di locazione anziché dell’affitto stipulato con il Comune, un operatore di telecomunicazione cedeva il contratto ad una società per la demolizione del manufatto. Il Comune ha agito con decreto ingiuntivo per i mancati pagamenti dei canoni dovuti dalla società subentrata nel rapporto con l’ente locale, la quale ha opposto il decreto ingiuntivo precisando di non essere tenuta al pagamento dei canoni, per non essere mai succeduta in questo originario accordo, prospettando di avere in realtà ricevuto l’incarico di demolire la stazione radio con autonomo contratto d’appalto. La società telefonica chiamata in manleva ha opposto la competenza del giudice amministrativo, in quanto al di là del nomen iuris utilizzato in contratto, il Comune aveva in realtà dato in concessione l’area sulla quale era stata montata la stazione radio. Questa concessione, a dire della società telefonica, da considerarsi invalida perché «in contrasto» con l’art. 93, comma 1, d.lgs. n. 259/2003, norma imperativa, avente carattere retroattivo, che vietava in modo assoluto l’imposizione di canoni, l’oggetto di controversia riguardava la legittimità di tale concessione la cui competenza doveva essere intestata alla giurisdizione del giudice amministrativo, in forza di quanto stabilito dall’art. 133, comma 1, lett. b) d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104.

La decisione è giunta davanti alle Sezioni Unite della Cassazione (ordinanza n.21129/2020) ha rimesso la competenza al giudice ordinario.

Le motivazioni della Cassazione

Secondo la nomofilachia civile, la questione oggetto della controversia non è consistita nel mettere in discussione la legittimità del contratto intervenuto tra il Comune e la società telefonica, comunque lo stesso debba andare qualificato (affitto o canone di concessione), quanto il versamento dei canoni dovuti dalla società subentrante all’ente locale, senza alcuna contestazione riguardante il patto intervenuto tra il Comune e la società telefonica. In altri termini, quello che forma oggetto di lite è quindi esclusivamente l’obbligazione di pagamento dei canoni, non la validità del patto o provvedimento sottostante, con la conseguenza che le questioni che attengono all’obbligo di pagamento dei canoni «concessori» appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario. D’altra parte la stessa società telefonica non mette in discussione la validità del contratto di locazione, comunque lo stesso debba essere qualificato. Pertanto, le eccezioni formulate dalla società telefonica non sono nel senso di contestare la legittimità della concessione dell’area, quanto piuttosto dirette a contestare l’obbligo del pagamento di canoni, a seguito dell’espresso e assoluto divieto contenuto nella riscrittura dell’art. 93, comma 1, d.lgs. 10 agosto 2003 n. 259, ad opera dell’art. 68 d.lgs. 28 maggio 2012 n. 70, secondo cui «Le Pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni non possono imporre per l’impianto di reti o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge».

Le Sezioni Unite, pertanto, nel caso di specie hanno dichiarato la competenza del giudice ordinario a decidere della debenza o meno dei canoni reclamati dall’ente locale.

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