Il Fondo crediti di dubbia esigibilità anche se congruo non è sufficiente ad assicurare gli equilibri di bilancio

26 Agosto 2019
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L’accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità non è da solo sufficiente ad assicurare all’ente un equilibrio finanziario prospettico. Queste sono le conclusioni cui è pervenuta la Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il veneto, nella deliberazione 9 agosto 2019 n.234.

La verifica dei conti del comune

I giudici contabili veneti, a seguito del controllo dei risultati nel consuntivo dell’anno 2016 di un comune, hanno verificato che, una volta bonificati alcuni errori di calcolo, la capacità dell’ente, rispetto al 2016, di contrastare l’evasione fiscale e tributaria è pari al 50,96% (ossia € 573.598,95 incassati a fronte di accertamenti complessivi pari ad € 1.125.659,52) con un accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità pari a € 500.000,00. L’accantonamento effettuato dall’ente esprime un approccio gestionale di prudenza, tuttavia, alla luce della percentuale di riscossione medio – bassa e delle dimensioni dell’ente, unitamente alle altre quote vincolate ed accantonate del risultato di amministrazione l’ente ha proceduto a bloccare risorse finanziarie che sarebbero destinabili ai bisogni della collettività. Ai sensi dell’art. 167 T.U.E.L., infatti, una quota del risultato di amministrazione è accantonata per il fondo crediti di dubbia esigibilità, il cui ammontare è determinato, secondo le modalità indicate nel principio applicato della contabilità finanziaria di cui all’allegato n. 4/2 al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e successive modificazioni e integrazioni, in considerazione dell’ammontare dei crediti di dubbia e difficile esazione, e non può essere destinata ad altro utilizzo. Il rapporto tra accertamenti e riscossioni (pari a circa 1,96), evidenza da una parte la vitalità almeno formale dell’ente nella fase dell’accertamento delle obbligazioni attive, anche rispetto a tributi diversi (TARSU/TIA/TARES/COSAP/TOSAP etc) ma dall’altra una inadeguata realizzazione delle proprie ragioni creditorie.

Secondo il giudici contabili veneti l’irregolarità non può dirsi superata dall’appostazione al FCDE, in quanto quest’ultimo è diretto a fronteggiare il rischio della perdita o della erosione del valore nominale del credito, ma non rappresenta uno strumento risolutivo ai fini della tenuta prospettica degli equilibri di bilancio.

In questo caso, spettano all’ente locale le iniziative opportune alla cura dei propri crediti, anche nell’ipotesi in cui la riscossione sia stata affidata a soggetto esterno, in quanto anche in tale circostanza, l’ente locale non è spogliato dall’obbligo di coltivare le proprie ragioni creditorie attraverso compiuti e specifici controlli sull’operato dell’agente delle riscossioni. Sul punto la giurisprudenza contabile ha avuto modo di chiarire che “si tratta di verifiche che riguardano gli aspetti procedurali, previsti nel comma 2 dell’art. 19 del citato decreto legislativo n. 112/1999 (mancata tempestiva notificazione della cartella, mancata comunicazione annuale dello stato delle procedure, mancata tempestiva comunicazione della inesigibilità, ecc.), ma anche di controlli di carattere sostanziale, di cui alla norma del comma 4 dello stesso art. 19, che dà la possibilità all’ente impositore di segnalare l’esistenza di nuovi beni da sottoporre ad esecuzione o di indicare la possibilità di nuove azioni a tutela del creditore. Il percorso come sopra delineato impone, altresì, che “il responsabile del servizio economico – finanziario in sede di redazione del rendiconto, al pari degli altri agenti contabili (tesoriere, economo, ecc.)” provveda “all’operazione di parificazione dei conti mediante la riconciliazione delle risultanze in termini di somme prese in carico, di riscossioni, di eventuali somme dichiarate inesigibili e delle somme rimaste da riscuotere, con le risultanze della contabilità ufficiale dell’ente” (tra le tante: Sezione regionale di controllo per la Toscana, delibera 15/2011; Sezione Campania n. 282/2016).

In altri termini, ai sensi del comma quarto dell’art. 153 TUEL é il Responsabile finanziario o suo equivalente che è “tenuto a verificare che l’accertamento e la conseguente riscossione delle entrate avvenga alle scadenze stabilite ed in misura tale da assicurare un gettito di fine esercizio non inferiore alla previsione, evitando accuratamente la costituzione di residui attivi che, per la loro consistenza, incidono sulla liquidità dell’ente” (tra le tante: Delibera Sez. Controllo Puglia n. 146/2017), mentre l’organo di revisione compirà secondo il proprio officium le verifiche sulle misure adottate per migliorare l’efficienza nella riscossione.

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