Dalla sentenza n. 49/2025, resa dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione Umbria, emerge con chiarezza che la dichiarazione di fallimento di una società partecipata, nella specie in house providing, non determina né l’emersione nel danno, né la sua conoscibilità, al più potendo rappresentare una presunzione in tal senso in quanto occorre tenere conto dell’oggettiva percepibilità del danno che potrebbe verificarsi in un momento antecedente alla dichiarazione di fallimento, come ad esempio l’approvazione del bilancio da cui deriva la definitiva perdita del capitale sociale
La prescrizione dell’azione erariale
Tema dibattuto è la prescrizione del danno erariale contestato dalla Procura contabile in presenza di un organismo pubblico per il quale vi è stata la dichiarazione di fallimento ovvero liquidazione giudiziale.
La giurisprudenza contabile è ferma nell’affermare che “In tema di azione di responsabilità contro amministratori e sindaci, ai sensi degli artt. 2393 e 2394 cod. civ., la decorrenza del termine di prescrizione quinquennale (dal momento in cui il patrimonio sociale risulti insufficiente al soddisfacimento dei crediti sociali) può essere anteriore o posteriore alla dichiarazione di fallimento o all’assoggettamento dell’impresa alla liquidazione coatta amministrativa e può non coincidere con la dichiarazione dello stato di insolvenza, ma presuppone che detta insufficienza – intesa come eccedenza delle passività sulle attività del patrimonio netto dell’impresa o insufficienza dell’attivo sociale a soddisfare i debiti della società – sia oggettivamente conoscibile dai creditori. Ai fini dell’individuazione del momento di esteriorizzazione dell’insufficienza patrimoniale antecedente al fallimento o alla messa in liquidazione coatta amministrativa, è senz’altro idoneo il bilancio di esercizio, tenuto conto della sua opponibilità “erga omnes” e della sua leggibilità anche per operatori non particolarmente qualificati.”
L’azione di responsabilità sociale, esperita nei confronti dei sindaci e degli amministratori racchiude in sé, le azioni ex artt. 2393 e 2394 c.c. ed è diretta alla reintegrazione del patrimonio della fallita.
Essa è attuata nel momento in cui il patrimonio sociale non risulti sufficiente a soddisfare i creditori della società fallita e si manifesti, dunque, il decremento patrimoniale, sotto forma di danno emergente e lucro cessante, costituente il pregiudizio che la società non avrebbe subito in mancanza del comportamento illegittimo degli amministratori e dei sindaci.
L’orientamento della Suprema Corte, invece, precisa che l’azione sociale di responsabilità, pur quando sia esercitata dal curatore del fallimento, si prescrive nel termine di cinque anni, con decorrenza dal momento dell’oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti: la prescrizione decorre, cioè, dal momento in cui l’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti risulti da qualsiasi fatto che possa essere conosciuto.
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