La recente sentenza del Consiglio di Stato, n. 769 del 3/2/22, che dichiara legittimo il diniego opposto dall’Ente locale alla richiesta avanzata da un consigliere comunale di accedere da remoto, mediante apposite credenziali e password, al sistema informatico e contabile del Comune, trattandosi di modalità che esorbita dai limiti funzionali di esercizio del diritto di accesso, riapre una annosa questione sui limiti di esercizio del diritto di accesso previsto dall’art. 43, comma 2, del Tuel, D. Lgs. 18/8/2000, n. 267.
L’art. 43, comma 2 del Tuel, D. Lgs. 18/8/2000, n. 267, dispone:
“2. I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge.”.
In via generale, si rileva in materia una consolidata e uniforme giurisprudenza che configura la natura della posizione ricoperta dal consigliere quale prerogativa di controllo democratico sull’amministrazione di appartenenza. Fermo restando i documenti sottoposti a un regime speciale di segretezza (art. 24, comma 1, lett. a) della l. n. 241/1990), non vi è alcuna limitazione purché il diritto sia proteso strumentalmente all’esercizio della funzione pubblica affidata (“utili all’espletamento del proprio mandato”, cit. art. 43, c.2, Tuel, C.d.S., sez. V, 20 ottobre 2005, n. 5879).
Pertanto, la ratio della norma sta ad evidenziare che tale diritto è direttamente funzionale non tanto all’interesse del singolo consigliere comunale, ma alla cura dell’interesse pubblico connessa al mandato conferito, controllando il comportamento degli organi decisionali del Comune.
Consiglio di Stato, Sez. V – Sentenza 17 settembre 2010, n. 6963: il diritto di accesso riconosciuto ai consiglieri comunali è strettamente funzionale all’esercizio del proprio mandato, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi istituzionali decisionali dell’ente locale (C.d.S., sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4855) ai fini della tutela degli interessi pubblici (piuttosto che di quelli privati e personali) e si configura come peculiare espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività (C.d.S., sez. V, 8 settembre 1994, n. 976).
Di conseguenza sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che diversamente opinando sarebbe introdotta una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio del mandato del consigliere comunale (C.d.S., sez. V, 22 febbraio 2007, n. 929; 9 dicembre 2004, n. 7900).
Gli unici limiti si rinvengono nel presupposto che l’esercizio di tale diritto deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali e che non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche, che si traducono in un sindacato generale sull’attività amministrativa (C.d.S., sez. V, 20 ottobre 2005, n. 5879).
Quindi, sono da escludere i casi rientranti nel c.d. “abuso del diritto all’informazione”, delineabile nelle richieste non contenute entro i limiti della proporzionalità e della ragionevolezza, che spesso determinano un ingiustificato aggravio amministrativo dell’Ente (Consiglio di Stato, Sez. V – Sentenza 17 settembre 2010, n. 6963: il diritto del consigliere comunale non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative).
Diritto di accesso sulle determinazioni
É illegittimo il diniego opposto alla richiesta di alcuni consiglieri comunali di accedere alle determinazioni assunte dal responsabile dell’ufficio tecnico comunale e dal Responsabile dell’Ufficio Ragioneria in un determinato arco temporale, considerato che le relative richieste, sicuramente generiche se effettuate da un comune cittadino (in questo caso dovendo essere considerate come un sintomo di una pretesa di controllo generalizzato sul funzionamento degli uffici), essendo state invece presentate da consiglieri comunali devono essere considerate sufficientemente specifiche, essendo dirette ad ottenere copia dello stralcio del relativo registro generale delle determinazioni, indispensabile per poter individuare il documento utile all’esercizio del mandato ovvero per poter verificare in concreto l’operato dell’amministrazione in un determinato settore (quello, per esempio, della gestione dei beni demaniali attraverso il rilascio delle relative concessioni). Consiglio di Stato, Sez. V – Sentenza 17 settembre 2010, n. 6963.
Diritto di accesso verso società partecipate
Il Consigliere comunale al fine di poter adempiere al proprio ufficio, deve essere messo a conoscenza di ogni attività che riguarda la pubblica amministrazione, titolare primaria del soddisfacimento degli interessi pubblici della collettività di riferimento. Ne consegue che tutto ciò che concerne l’attività della pubblica amministrazione in cui è incardinato il Consigliere comunale non può non essere messa a sua disposizione, potendo solo in casi eccezionali essere rinviato l’accesso ma mai negato in via definitiva.
Una società mista, con partecipazione maggioritaria dell’ente locale, costituita ai sensi dell’art. 113 del testo unico degli enti locali n. 267 del 2000, è, sì, una società di diritto privato, ma è anche una società che svolge (esclusivamente o prevalentemente) uno o più servizi pubblici locali: è, in altre parole, una modalità alternativa ad altre (economia, azienda speciale, appalto, istituzione) per la gestione di servizi pubblici locali, e le modalità con cui vengono svolti tali servizi pubblici locali non può non ricadere nell’ambito dei poteri di cognizione del consigliere comunale. Certamente, si pongono delicati problemi in cui interferiscono le norme di diritto civile, nel senso che la richiesta va più correttamente diretta all’Amministrazione comunale, che poi dovrà provvedere alle conseguenti operazioni per far pervenire al consigliere interessato la documentazione richiesta, ma ciò è solo una modalità operativa che non può certamente portare al diniego di accesso. Consiglio di Stato, Sez. V – Sentenza 23 settembre 2010, n. 7083.
Vedasi anche Tar Veneto, Sez.III, sent. 10/5/18, n. 505.
Accesso alla banca dati SIOPE
L’accesso ai dati del SIOPE è regolato dal DM 8/2/12, sia per quanto concerne l’accesso diretto che indiretto (artt. 2 e 6).
L’accesso diretto è consentito a tutte le PA ed in particolare lle ragionerie, cassieri e tesorieri, limitatamente ai dati degli enti per i quali provvedono alla trasmissione dei dati codificati, al fine di consentire la verifica delle informazioni inviate.
L’accesso indiretto è consentito agli enti e alle istituzioni di ricerca, nell’ambito di attività di studio ed analisi riguardanti l’attività finanziaria delle amministrazioni pubblichedeve essere richiesto alla RGS.
Vedasi anche l’art. 8, c.3, del DL 24/4/14, conv. nella L. 23/6/14, n. 89.
Diritto di accesso e diritto di riservatezza in tema di buoni spesa.
E’ illegittimo accedere, per i consiglieri comunali, ai nomi dei beneficiari dei buoni spesa, poiché il diritto di accesso va bilanciato col diritto alla riservatezza. Consiglio di Stato, sent. 2089 del 11/3/21.
Corso on-line in diretta
Il rendiconto degli Enti Locali
La chiusura del ciclo di programmazione
e la misurazione dei risultati
a cura di Francesco Cuzzola
martedì 22 marzo 2022 ore 10.00 – 12.00
Il ciclo della programmazione si chiude con il rendiconto e, a seguire, con il conto economico, lo stato patrimoniale sino al bilancio consolidato.
Il corso affronta le criticità relative alla predisposizione della rendicontazione, con particolare attenzione
– alla valutazione dei risultati di gestione;
– alla composizione del risultato di amministrazione;
– al Fondo crediti di dubbia esigibilità;
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Sarà inoltre evidenziato il raccordo tra contabilità finanziaria ed economico-patrimoniale, per giungere al consolidamento dei conti. Attraverso le apposite funzionalità della piattaforma sarà possibile porre domande e quesiti al docente.
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