La questione di particolare rilevanza, posta all’attenzione dei giudici amministrativi, ha riguardato un debito da sentenza definitiva, per indennità di espropriazione, non pagato né dalla Commissione Straordinaria di Liquidazione, né dal Comune rientrato in bonis al termine della procedura di dissesto. Per il TAR per la Sicilia (sentenza n.2044/2020) il debito deve essere pagato dall’Ente, avendo il medesimo prestato acquiescenza al diniego dell’OSL dell’inserimento del debito fuori bilancio nella massa passiva, ossia in mancanza di specifica azione di rivalsa mai intentata dall’ente locale.
I fatti
A seguito della sentenza della Corte di appello, passata in giudicato per mancata opposizione nei termini, il Comune è stato condannato al pagamento del procedimento espropriativo avviato nell’ambito di un programma costruttivo di edilizia economica e popolare. Non avendo ricevuto alcun pagamento, nonostante la notifica al Comune della sentenza definitiva, i ricorrenti si sono rivolti ai giudici amministrativi al fine di ordinare all’ente locale il pagamento dovuto mai eseguito. A dire dell’ente intimato, si tratterebbe di un debito sorto durante il periodo del dissesto, ma che la Commissione Straordinaria di Liquidazione non ha mai voluto inserire nella massa passiva. Secondo l’OSL il citato debito sarebbe stato escluso dalla massa passiva in considerazione delle disposizioni legislative in quanto «debiti per espropriazione di aree ricomprese ne piani di edilizia economico-popolare o di insediamenti produttivi, per le parti cedute o date in concessione superficiarie a enti privati per la realizzazione di immobili in tutti i casi nei quali l’ente sia in grado di adottare provvedimenti di recupero a carico degli acquirenti o concessionari». Nel caso di specie, precisa l’OSL, l’ente locale non ha dimostrato nessuna attestazione circa un’infruttuosità delle azioni di recupero, con conseguente impossibilità di attrarre le somme alla massa passiva.
La decisione del TAR
I giudici amministrativi di primo grado hanno rilevato come, in ottemperanza alle indicazioni della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, spetti all’OSL di decidere sull’ammissibilità delle domande formulate dagli aventi diritto e di esercitare eventualmente i poteri istruttori. In tale ambito, la Commissione ha ripetutamente affermato la carenza dei presupposti per l’ammissione alla massa passiva del debito di cui trattasi, aspetto, questo, rispetto al quale il Comune ha prestato una sostanziale «acquiescenza».
La prima questione che si pone, nel caso di specie, riguarda se la mancata ammissione del debito alla massa passiva imponga, in un momento in cui la procedura dissestuale è già chiusa con estinzione dell’OSL, che il debito gravi sul bilancio ordinario ovvero sulla massa passiva. Per il Collegio amministrativo un fatto è certo e incontrovertibile, nessun avvio di azione di rivalsa risulta che il Comune abbia effettivamente intrapreso così come non risulta che nessuna iniziativa abbia assunto nei confronti della decisione dell’OSL. Ne discende che l’assenza di una sintesi nei rapporti tra organo straordinario di liquidazione e uffici comunali non poteva e non può spiegare effetti negativi nei confronti dei creditori delle somme i quali hanno il sacrosanto diritto all’esecuzione della decisione giurisdizionale di condanna. In altri termini, al fine di evitare la violazione della par condicio nei confronti di tutti i creditori, la mancata ammissione alla massa passiva imponeva agli uffici ed all’organo consiliare del Comune di seguire l’ordinaria procedura di esecuzione della sentenza, a cominciare dal riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio, corrispondendo tale adempimento oltre che alle molteplici esigenze di controllo democratico, alla necessità di verificare il permanere degli equilibri di bilancio e di garantire il reperimento delle fonti di copertura. Sempre secondo il Collegio amministrativo, il Comune avrebbe potuto ben attivare ogni iniziativa utile, tra cui il giudizio ad istanza di parte ai sensi dell’art. 172, comma 1, lett. d) Codice giustizia contabile, per contrastare la decisione dell’OSL.
Conclusioni
In base alle sopra indicate ragioni, la separazione della gestione «dissestata» (affidata all’OSL, organo sostitutivo dell’amministrazione in carica) da quella ordinaria (di competenza degli organi interni all’Ente) e l’intervenuta chiusura della procedura dissestuale non possono, a maggior ragione oggi, dopo l’estinzione della gestione straordinaria, che condurre alla declaratoria dell’obbligo del Comune di imputare le somme al proprio bilancio «ordinario» e di dare sollecita esecuzione al titolo azionato, ferme restando le azioni di rivalsa che, a pena di danno erariale, vanno poste in essere attraverso gli strumenti approntati dall’ordinamento. In mancanza del pagamento entro trenta giorni, il Collegio amministrativo nomina il Commissario ad acta darà seguito agli adempimenti conseguenti nell’ulteriore termine di giorni trenta.
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