Nell’ambito delle forme associative rientrano i comitati che rappresentano organizzazioni, di mero fatto, per la cui esistenza è necessaria la sola volontà degli organizzatori, diretta a crearle per un fine determinato. La libertà di forma per la costituzione di un comitato sussiste anche se partecipano enti pubblici, per i quali è sufficiente la manifestazione di volontà dei propri organi. Pertanto, i debiti contratti dal comitato sono a lui intestati senza possibilità di un trasferimento delle obbligazioni all’ente locale. Con queste motivazioni la Cassazione (ordinanza n.15303/2022) ha annullato la sentenza della Corte di appello che l’ha considerato organo strumentale del Comune, trasferendo le obbligazioni da esso assunte, in modo erroneo, all’ente locale al posto dei rappresentati del comitato.
La vicenda
Un Università ha richiesto un decreto ingiuntivo nei confronti di un ente locale che non aveva corrisposto il contributo promesso dal comitato per uno spettacolo. Il Tribunale di primo grado e la Corte di appello hanno condannato l’ente locale al pagamento del dovuto, rigettando l’opposizione al decreto ingiuntivo. A dire dei giudici di appello, il Comitato costituiva un organo strumentale del Comune, essendo tra l’altro istituito con delibera comunale, presieduto dal Sindaco e composto dagli Assessori e dai Capogruppi del Consiglio Comunale. In merito alla delibera autorizzativa di spesa, la Corte di appello aveva rilevato che non vi era stata contestazione in ordine all’esecuzione della rappresentazione teatrale da parte dell’Università e che, il Comune aveva chiesto in ragione del ritardo nel pagamento, di attenderne il riconoscimento del debito fuori bilancio, riconoscendone, pertanto, la legittimità.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso in Cassazione l’ente locale giudicando errata l’interpretazione dei giudici di appello, che il Comitato costituisse un organismo comunale di carattere strumentale mentre gli organismi rappresentativi ed esponenziali degli enti costituirebbero un numerus clausus. Pertanto, nel caso di specie, il Comitato sarebbe un ente di diritto privato privo di personalità giuridica, i cui componenti rispondono personalmente e solidalmente delle obbligazioni assunte.
La riforma della sentenza
Premette la Cassazione che i comuni, anche su base di quartiere o di frazione, valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale (art.8 del Tuel). Nell’ambito di tali forme associative rientrano i comitati, che possono costituirsi per uno dei fini indicati dall’art.39 c.c.: si tratta dei “comitati di soccorso o beneficienza, dei comitati promotori di opere pubbliche, monumenti, esposizioni, mostre , festeggiamenti e simili”. Quindi, il comitato è un’organizzazione di mero fatto per la cui esistenza è necessaria la sola volontà degli organizzatori diretta a crearle per un fine determinato, mentre non occorre che vi sia un fondo patrimoniale. La costituzione di un comitato, la cui attività rimanga confinata nell’ambito del diritto privato, senza assumere personalità di diritto pubblico, non ha bisogno di forme particolari, anche se sia costituito tra enti pubblici. Pertanto, la libertà di forma permette la sua costituzione con la semplice volontà dei propri organi, salvo che l’ente eroghi al comitato mezzi finanziari. In altri termini, pur se privo di personalità giuridica, il comitato è un centro autonomo di imputazione di situazioni giuridiche soggettive ed ha, pertanto, la titolarità piena dei rapporti patrimoniali che pone in essere, rispondendo personalmente ed illimitatamente tutti i componenti, senza alcuna distinzione tra chi ha agito e chi non ha agito in concreto in nome e per conto del comitato (art.41 cod. civ.).
Di conseguenza, ha errato la Corte di appello che ha ritenuto che il Comitato costituisse un organismo comunale di carattere strumentale, che agiva quale organo dell’amministrazione. In questo caso, gli impegni finanziari assunti dal Comitato vincolano il Comune solo in presenza di deliberazione ritualmente adottata ed autorizzata che, nel caso di specie è mancata.
In conclusione, in assenza di regolare deliberazione dell’impegno di spesa, i componenti del Comitato, e non l’ente locale, rispondono dell’obbligo del pagamento nei confronti dell’Università per le manifestazioni organizzate.
Inoltre, la natura privatistica dello stesso Comitato come centro autonomo di imputazioni giuridiche soggettive distinto dal Comune, non è sufficiente l’erogazione di un contributo, da parte del Comune, per creare un vincolo contrattuale dell’ente con l’Università, in assenza di un impegno contabile con la conseguenza che la responsabilità sarebbe a carico del funzionario che ha consentito la fornitura del servizio. Si tratterebbe di un’ipotesi di nullità rilevabile d’ufficio e formulata dal Comune già nel corso del giudizio di primo grado, nel corso del quale era stata altresì eccepita la nullità della ricognizione del debito da parte del Sindaco. Infatti, secondo i giudici di Piazza Cavour, l’accollo da parte del Comune di un debito gravante su un terzo avrebbe richiesto, ai sensi dell’ art.1273 c.c., la sottoscrizione di un apposito contratto redatto in forma scritta ad substantiam, ex art.1350 c.c. e R.D. n. 2440 del 1923, art. 16. Non costituisce, diversamente da quanto sostenuto dalla Corte di appello, pertanto, il vincolo impresso dal Sindaco di un possibile pagamento, non essendo mai sorto alcun vincolo contrattuale in mancanza di un rapporto fondamentale e del relativo impegno di spesa. In questo caso, la delibera comunale è quindi un mero atto interno, avente come destinatario il diverso organo dell’ente legittimato a esprimerne la volontà all’esterno e carattere meramente autorizzatorio ma non è idonea a far sorgere un valido rapporto contrattuale. Infatti, in mancanza della forma scritta il debito fuori bilancio non può essere riconosciuto, non potendo il Consiglio comunale sanare i contratti nulli o comunque invalidi.
I principi di diritto
Avendo annullato e rinviato alla Corte di appello, in diversa composizione, a nuova valutazione, la Cassazione ha enunciato i seguenti principi di diritto ai quali i giudici di appello dovranno fare riferimento:
- “Un comitato, ancorché costituito da un ente pubblico non economico, ove manchi del riconoscimento della personalità giuridica di diritto pubblico, configura una struttura privatistica la quale opera nell’ambito del diritto privato con piena autonomia di gestione, ne’ si rende preclusiva di una tale qualifica la circostanza che l’ente in questione si rilevi privo di autonomia nell’attività di raccolta dei fondi da impiegare per il raggiungimento dello scopo, posto che ciò che caratterizza un tal tipo di ente è il fatto del suo costituirsi per uno dei fini indicati dall’art. 39 cod. civ. e la esistenza di un fondo con cui perseguire detto fine, e non certo l’attività di raccolta dei fondi stessi. Conseguentemente, anche in tal caso, esso ha – pur privo di personalità giuridica – la titolarità piena e diretta dei rapporti patrimoniali relativi sia a beni mobili che immobili, e quindi risponde delle obbligazioni assunte dai suoi rappresentanti”;
- “La delibera comunale con la quale, in sede di riconoscimento di debito fuori bilancio, il Comune destina una somma al pagamento del corrispettivo dell’opera eseguita, in assenza di un valido contratto a monte fonte di obbligazione, non può configurarsi come ricognizione postuma di debito, non innovando, pertanto, il detto riconoscimento la disciplina che regolamenta la conclusione di contratti da parte della p.a., né introducendo una sanatoria per i contratti eventualmente nulli o comunque invalidi, come quelli conclusi senza la forma scritta richiesta “ad substantiam””.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento