Il blocco della spesa degli enti locali che non rispettino le prescrizioni dei giudici contabili

5 Agosto 2020
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L’oggetto del contenzioso di un Comune contro la deliberazione della Corte dei conti, ha riguardato il blocco della spesa per mancato adeguamento alle prescrizioni della Corte dei conti, non ritenendo sufficiente la Corte dei conti della Campania la sola attivazione da parte dell’ente locale della procedura di riequilibrio finanziario. La questione è giunta alle Sezioni Riunite in sede giurisdizionale della Corte dei conti, in speciale composizione che con la sentenza n.18/2020 che hanno accolto in modo parziale il ricorso dell’ente locale dichiarando che il blocco della spesa permane non “sino all’adozione delle necessarie manovre correttive ai sensi e per gli effetti dell’art 193 Tuel”, bensì “sino all’adozione della delibera di cui all’art 243-bis comma 5 Tuel”.

La vicenda

A seguito della verifica dei rendiconti di un ente locale la Sezione regionale di controllo per la Campania accertava un notevole squilibrio di cassa ed una rilevante sottostima del fondo crediti dubbia esigibilità (FCDE) e chiedeva l’adozione, entro 60 giorni, delle conseguenti misure correttive, a seguito della corretta rideterminazione del disavanzo di amministrazione. Il Consiglio Comunale, dopo aver preso atto del parere espresso dal collegio dei revisori, adottava due delibere: con la prima prendeva atto delle contestazioni e con la seconda deliberava il ricorso al piano di riequilibrio finanziario pluriennale (PRFP) di cui all’art.243-bis Tuel, trasmettendo la relativa delibera alla dalla Sezione di controllo, come prescritto dall’art 243-bis, c. 2, Tuel.

La Sezione di controllo partenopea non ritenendo il ricorso alla procedura di riequilibrio “un provvedimento idoneo a rimuovere le irregolarità e ripristinare gli equilibri di bilancio”, e pertanto non una reale misura correttiva, ne accertava la mancata adozione e disponeva ai sensi dell’art.148-bis del Tuel la preclusione dell’attuazione dei programmi di spesa discrezionale (cioè della spesa non legata ad indefettibili obblighi istituzionali e giuridici dell’Ente), sino all’adozione delle necessarie manovre correttive, ai sensi e per gli effetti dell’art. 193 Tuel.

Avverso la decisione della Sezione regionale il Comune ha presentato ricorso davanti alle Sezione Riunite sostenendo che il PRFP è lo strumento previsto dal legislatore quando l’ente non è in grado di fronteggiare il disavanzo maturato e la situazione di squilibrio, sicché il comune è pienamente legittimato ad adottare tale rimedio, tanto più che non sono decorsi i termini di legge. Inoltre, a dire sempre del Comune ricorrente, la delibera impugnata non poteva essere adottata, perché il potere di imporre misure correttive è sospeso dal ricorso alla procedura di riequilibrio. Infine, è stato rilevato come la mancata adozione di misure correttive ex art 148-bis e 193 Tuel potrebbe comportare quale (illegittima) conseguenza l’avvio di un meccanismo volto allo scioglimento del Consiglio comunale, malgrado l’ente abbia posto in essere le iniziative più idonee a rimuovere lo stato di squilibrio.

Le indicazioni delle Sezioni Riunite

I giudici della nomofilachia giurisdizionali precisano come il problema del rapporto tra gli articoli 148-bis e 243-bis del Tuel non si è mai posto dinnanzi alle Sezioni riunite in speciale composizione.

La tesi del Comune secondo cui la delibera impugnata non poteva essere adottata, perché il potere di imporre misure correttive è sospeso dal ricorso alla procedura di riequilibrio, ai sensi dell’art. 243-bis, comma 6 Tuel, non è fondata. Infatti, la normativa prevede che “Il ricorso alla procedura [di riequilibrio] sospende temporaneamente la possibilità per la Corte dei conti di assegnare, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, il termine per l’adozione delle misure correttive di cui al comma 6, lettera a), del presente articolo”, mentre nel caso di specie l’adozione delle misure correttive da parte della Corte dei conti è avvenuta prima della deliberazione del Consiglio comunale. In altri termini, quando l’ente ha deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio pluriennale, la Sezione di controllo non può disporre l’adozione delle misure correttive, mentre nel caso di specie la richiesta delle misure correttive è pienamente legittima e correttamente la Sezione ha proceduto a valutare se esse sono state adottate.

I giudici contabili della nomofilachia hanno rilevato come la mera manifestazione della volontà di formulare un Piano di riequilibrio pluriennale non può ritenersi da sola uno strumento correttivo sufficiente a porre rimedio, sia pure graduale al disequilibrio, perché priva delle misure correttive concrete che, invece, devono essere indicate nel piano, come si desume dall’art 243-bis Tuel, a mente del quale il piano deve contenere tra le altre cose “le eventuali misure correttive adottate dall’ente locale in considerazione dei comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria” (comma 5) e “l’individuazione, con relative quantificazione e previsione dell’anno di effettivo realizzo, di tutte le misure necessarie per ripristinare l’equilibrio strutturale del bilancio”(comma 6). In questo senso, pertanto, è corretto affermare, come esplicitato nella delibera impugnata, che la decisione di ricorrere al piano di riequilibrio non è una reale “misura correttiva”, in quanto essa non è ex se sufficiente ad evitare un ulteriore deterioramento degli equilibri di bilancio. In altri termini, la delibera di ricorso al PRFP ci si trova in una fase nella quale non sono definite le azioni volte a risolvere lo squilibrio né sono individuati concreti interventi correttivi, ma si avvia un procedimento con tempistiche di predisposizione, adozione, valutazione ed approvazione cadenzate dalla legge (e nella prassi ben più lunghe) con un conseguente ed un inevitabile slittamento in avanti dell’applicazione concreta delle necessarie misure correttive. È solo con la deliberazione del Consiglio comunale di adozione del Piano ex art 243-bis, comma 5, Tuel che le misure correttive vengono concretamente individuate.

In definitiva, al momento della trasmissione della delibera di decisione di ricorrere al piano di riequilibrio la Sezione regionale di controllo non aveva alcun intervento concreto, di modifica dei saldi o una qualsiasi misura correttiva, da valutare, sicché correttamente ha disposto il blocco della spesa. Pertanto, il blocco della spesa è stato correttamente disposto, ma esso va limitato al momento dell’adozione del piano di riequilibrio da parte del consiglio comunale e non sino all’adozione delle misure correttive prevista dall’art 193, atteso che le suddette misure possono essere comprese nel predetto piano, circostanza che compete alla Sezione regionale di controllo verificare al momento di ricezione del piano di riequilibrio, ed in quella fase potrà revocare o confermare la misura interdittiva. Ciò non toglie che il Comune possa decidere di definire il piano di riequilibrio prima del termine previsto per legge, o di disporre con separata atto le immediate misure correttive, che saranno poi inserite nel Piano, facendo così venir meno, in caso di positiva valutazione delle misure adottate sul bilancio in corso, il blocco della spesa.

In conclusione il ricorso è da accogliere parzialmente con la conseguenza che il blocco della spesa permane non “sino all’adozione delle necessarie manovre correttive ai sensi e per gli effetti dell’art 193 Tuel”, bensì “sino all’adozione della delibera di cui all’art 243-bis comma 5 Tuel”.

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